L’art. 376 del codice della crisi e dell’insolvenza (c.c.i.) , rubricato “Crisi dell’impresa e rapporti di lavoro” modifica l’art. 2119 c.c. sul recesso per giusta causa dai rapporti di lavoro.
La modifica riguarda solo il co. 2. il cui testo attuale recita: “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda“.
Per la liquidazione coatta amministrativa rimane la regola, per cui la procedura concorsuale non costituisce giusta causa di recesso (rectius: di risoluzione) dell’impresa (termine che sostituisce il precedente “azienda”). Per la procedura ordinaria (liquidazione giudiziale), invece, si rinvia all’apposita disciplina posta dal c.c.i. (art. 189).
L’art. 189 c.c.i. pone una regola generale simile a quella desumibile dalla normativa attuale: il fallimento non cessa ipso iure il rapporto di lavoro , ma lo sospende sino alla decisione del curatore di subentrarvi oppure di recedere.
Aggiunge però un termine di quattro mesi decorso il quale, se il curatore non ha comunicato il subentro, i rapporti si intendono risolti di diritto, con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale (art. 189 co.3).