L’annosa questione del valore giuridico dell’attribuzione di un diritto d’uso esclusivo a favore di uno o più condomini su una specifica porzione condominale (spesso, di cortile), è stata risolta da Cass. sez. un. 28972 del 17.12.2020, rel. Di Mauro (se ne v. il testo nel sito della Cassazione).
Il tema è interessante poichè le clausole di questo tipo sono frequenti nela pratica notarile.
La trattazione parte dal § 3 a p. 8; si tratta di pronuncia nell’interesse della legge ex art. 363 cpc (il ricorso era stato estinto per rinuncia accettata (§ 2).
L’opinione della corte inizia al § 6, p. 18 ss
La Corte nega si tratti di diritto reale atipico, creato dall’autonomia privata: a ciò osta la tipicità/numerus clausus dei diritti reali , che permane salda nel nostro ordinamento, § 6.9 a p. 27 ss.
Nemmeno è una servitù prediale, § 6.8, p. 25 ss.
C’è allora da capire -profilo centrale nella pratica- come interpretare le clausole del rogito che qualifichino come <diritto di uso esclusivo> le facoltà concesse al condomino: se cioè siano nulla oppure da intepretare conservativamente come qualcosa d’altro (§ 7, p. 33 ss).
Per la Corte potrà talora pure essere interpretata come attribuzione di titolo proprietario pieno. Del che però c’è da dubitare, essendo chiaro che le parti hanno voluto atribuire qualcosa meno , altrimenti avrebbero usato il termine <proprietà>, soprattuttto in atti pubblici rogati da tecnico del diritto come è un notaio.