la Corte di Giustizia con sentenza 09.03.2021, C-392/19, VG Bild-Kunst contro Stiftung Preußischer Kulturbesitz, si pronuncia sulla legittimità della riproduzione tramite framing di opera messa on line dal titolare, ma che intenda sottoporla (o a farla sottoporre da parte del licenziatario) a misure di protezione. In particolare sul se ciò costituisca comunicazione al pubblico (c.a.p.).
Tuttavia la questione viene esaminata solo incidentalmente, essendo strumentale alla soluzione di una questione ulteiore: se sia lecito il rifiuto di concedere licenza al potenziale licenziatario che si rifiuti di adottare le misure anti-framing pretese dal titolare (una collecting society).
Avevo già ricordato le analitiche conclusioni dell’AG Szpunar con mio post 20.09.2020.
La CG lo segue (come spesso ormai succede, però, con motivazione assai meno ricca), ma solo fino ad un certo punto: e cioè solo nella impostazione generale. Diverge invece sulla conclusione relativa alla fattispecie sub iudice, il framing.
La fattispecie concreta, dunque, dovrebbe essere la seguente. La SPK, fondazione che gestisce la Deutsche Digitale Bibliothek, dedicata alla cultura e al sapere tramite la messa in rete delle istituzioni culturali e scientifiche tedesche (con link alle opere ivi presenti e anticipazione online delle relative miniature), aveva chiesto alla collegting VG Bild Kunst (poi: VG) licenza di riprodurre opere di terzi, gestite da VG. Questa però pretende l’impegno di SPK di adottare misure tecnologiche contro il framing.
Il punto allora è se sia lecito pretendere tale impegno.
La risposta, dipenderebbe, secondo il BGH tedesco, dalla ravvisabilità o meno di comuncazione al pubblico nel dare libero accesso come framing ad un’opera, quando il titolare (la collecting) ha applicato o ha chiesto di applicare misure di protezione contro il framing stesso (§§ 16-17)
Questione pregiudiziale sollevata: «Se l’incorporazione, mediante framing, di un’opera disponibile su un sito Internet liberamente accessibile con il consenso del titolare del diritto sul sito Internet di un terzo costituisca una comunicazione al pubblico dell’opera, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, qualora ciò avvenga aggirando le misure di protezione contro il framing che il titolare del diritto ha adottato o ha fatto adottare», § 18.
La CG, ricordati i soliti principi in tema di c.a.p. (§ 30 ss), passa alla fattispecie concreta.
Dice che la riproduzione tramite framing, quando il titolare lo ha vietato con misure di protezione o vietandolo ai licenziatari, costituisce c.a.p., § 42-43: si tratta infatti di un nuovo atto di counicazione (pubblico nuovo).
Nega che ciò contrasti con la giurisprudenza sulla liceità del linking , § 44 (casi Svensson e Bestwater): casi che concernono un’opera già pubblicata ma lecitamente..
La CG precisa cosa siano le misure restrittiva adottabili, tali che, se violate , si realizzi una c.a.p.
Tali sono solamente le misure <efficaci> ex art. 6/1 e 3, dir. 29 del 2001, poichè una tutela più ampia sarebbe troppo penalizzante per i terzi: <<al fine di garantire la certezza del diritto e il corretto funzionamento di Internet, il titolare del diritto d’autore non dovrebbe essere autorizzato a limitare il suo consenso se non per mezzo di misure tecnologiche efficaci, ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/29 (v., a quest’ultimo proposito, sentenza del 23 gennaio 2014, Nintendo e a., C‑355/12, EU:C:2014:25, punti 24, 25 e 27). Infatti, in mancanza di simili misure, potrebbe rivelarsi difficile, in particolare per i privati, accertare se il titolare dei diritti abbia voluto opporsi al framing delle sue opere. Una verifica del genere risulterebbe ancor più difficile quando tali opere sono state oggetto di sublicenze (v., per analogia, sentenza dell’8 settembre 2016, GS Media, C‑160/15, EU:C:2016:644, punto 46).>>, § 46 (il <non> è un errore di traduzione: si confronti ad es. il testo inglese).
Del resto il pubblico, preso in considerazione dal titolare, è solo quello del sito web, ove si è realizzata la prima messa on line: non quello dell’intero orbe terracqueo digitale, § 47.
Tale posizione, visto che ribadisce la sentenza Renckhoff del 2018 (citata), al momento possiamo quelificarla come <insegnamento consolidato>.
La differenza dalle conclusioni dell’AG sta proprio sul framing.
L’AG aveva posto una distinzione fondamentale tra link cliccabili (§ 81 ss) e link automatici (§§ 92 ss): i primi non ampliano il pubblico originariamente considerato e dunque non vanno autorizzati, i secondi invece si (le ragioni di tale distinzione, § 114 ss, però, non riescono del tutto persuasive).
La CG invece non distingue: ogni riproduzione sul proprio sito del materiale, tratto da sito altrui (meglio: con dettaglio tecnico tale da farlo apparire sul proprio sito) amplia il pubblico considerato dal titolare con la prima messa on line: Pertanto sottosta ad autorizzazione-