App. Milano 13.12.2021, n° 3580/2021, RG 857/2020, affronta il tema (in attesa delle Sezioni Unite, avendo Cass. ord. 30.04.2021 n. 11.486 rimesso al Primo Presidente allo scopo).
1) la nullità poer violazione di norma imperativa (divieto di intese restritive della concorenza, nella forma di contratti c.d. a valle , esecutivi dell’intesa vietata) è rilevabile di ufficio (con le conseguenze processuali).
2) la nullità non è integrale ma segue la disciplina dell’art. 1419 cc in tema di nulità parziale (è il punto più importante): << Una preziosa indicazione in tal senso, come è stato osservato a margine della rimessione dellaquestione alle Sezioni Unite, ci viene dallo stesso provvedimento della Banca d’Italia, in funzione diAutorità garante, che ha valutato lo schema ABI e che ha considerato illecite soltanto le tre clausole dicui sopra, confermando la piena validità, per il resto, del modello. Secondo il provvedimento dell’Autorità garante, le tre clausole considerate anticoncorrenziali non risultavano funzionali e necessarie (quindi essenziali) per consentire l’accesso al credito bancario,mirando esclusivamente a scaricare in modo ingiustificato sul fidejussore le conseguenza negativederivanti dall’inosservanza di obblighi di diligenza della banca, ovvero dalla invalidità o dallainefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa.Peraltro, che la essenzialità delle clausole in commento non sia fondatamente predicabile, emergeall’evidenza dal fatto che:- da un lato, avuto riguardo alla posizione dei garanti, la riproduzione nelle fidejussioni delleclausole 2,6 e 8 dello schema ABI ha avuto l’effetto di rendere la disciplina contrattuale per essipiù gravosa, sicchè la loro eliminazione ne alleggerirebbe la posizione, con indubbi vantaggi aloro favore; né può fondatamente ritenersi – salvo la rigorosa allegazione e prova del contrario -che i fidejussori non avrebbero prestato la garanzia senza le clausole predette e cioè acondizioni economiche per loro decisamente più favorevoli.- dall’altro lato, avuto riguardo alla posizione dell’istituto bancario, l’alternativa sarebbe stataquella dell’assenza completa di fidejussione: il che depone, semmai, nel senso che la banca nonavrebbe, prima ancora, concesso il fido o il finanziamento, in assenza di garanzie a tutela delproprio credito, ma non certo che avrebbe rinunciato alla garanzia se le condizioni fossero statepiù vantaggiose per i garanti>>, p. 17.
3) sulla decadenza ex art. 1957 cc: << Secondo un orientamento giurisprudenziale già condiviso da questa Corte, ad evitare la decadenza exart. 1957 c.c., sarebbe sufficiente la previsione di una clausola “a prima richiesta”, atteso che,diversamente opinando, vi sarebbe una insanabile contraddizione tra le due clausole contrattuali, nonpotendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azionegiudiziale.La S.C. ha avuto, però, modo di prendere posizione sul punto, osservando che la presenza di unaclausola c.d. a prima richiesta, in concorrenza con la previsione di cui all’art. 1957 c.c. (la cuireviviscenza è la naturale conseguenza della nullità del patto di deroga), determinerebbe non giàl’elusione del termine semestrale per agire nei confronti del debitore, ma solo il venir menodell’obbligo di esperire un’azione giudiziale in quel termine, essendo sufficiente, per evitare ladecadenza, anche una mera iniziativa stragiudiziale: “L’eventuale rinvio pattizio alla previsione dellaclausola di decadenza di cui all’art. 1957 comma 1 c.c. deve intendersi riferito esclusivamente altermine semestrale indicato dalla predetta disposizione; peraltro, deve ritenersi sufficiente ad evitarela decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendonecessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale” (Cass. n.22346/2017).L’argomento è stato, poi, ulteriormente sviluppato in una recente sentenza (Cass. n. 5598/2020) che hastatuito come, ferma restando la “compatibilità” delle due previsioni sopra citate (id. est. clausola “aprima richiesta” e art. 1957 c.c.) “spetta al giudice di merito accertare la volontà in concretomanifestata dalle parti con la sua stipulazione”.>>, p. 18
(testo della sentenza fornito dall’avv. prof. Paolo Mondini su Linkedin)