Trib. Milano 6 sez. civ., RG 17737/2018, sent. 8610/2021 del 22.10.2021, rel. F. Ferrari, afferma quanto in oggetto, proseguendo in un orientamento ormai “nutrito”.
Precisamente:
<< Al di là, infatti, delle minime differenze puramente sintattiche, significativo è il fatto che la fideiussione in esame ricalchi con assoluta fedeltà l’ordine delle clausole dello schema di riferimento.
La sostanziale corrispondenza dell’intero testo contrattuale con il modulo A.B.I., giustifica una solida presunzione che la garanzia predisposta dall’istituto di credito e sottoposta alla sottoscrizione da parte dell’opponente fosse stata modellata recependo in chiave monolitica lo schema di categoria, in quanto concordato nell’interesse del sistema bancario, con esclusione di possibili differenti pattuizioni ad opera delle parti.
In sostanza, quindi, la piena coincidenza della garanzia con il modello proposto dalla associazione di categoria degli istituti di credito, senza che fosse dato spazio ad alcuna forma di personalizzazione, costituisce l’indizio più solido di una volontà del predisponente di uniformare la disciplina contrattuale delle fideiussioni omnibus nei termini più vantaggiosi per il sistema creditizio, escludendo qualsiasi differente disciplina sul mercato del credito, ossia proprio l’intento distorsivo della concorrenza che la Banca d’Italia ha riscontrato e sanzionato con riferimento alle tre clausole ritenute apportatrici di ingiustificati aprioristici vantaggi per le banche, a detrimento del regolare funzionamento del marcato.
Sotto il profilo propriamente temporale, inoltre, va osservato come le clausole incriminate fossero state già inserite nello schema contrattuale proposto dall’A.B.I. nel 1987 e che le stesse erano state riproposte immutate nel 2003, per poi essere vagliate e sanzionate dalla Banca d’Italia.Ed à proprio in ragione di tale “conferma” dello schema contrattuale che si comprende e si spiega quanto osservato nel 2005 dalla Banca d’Italia, là dove ha affermato che “secondo l’Autorità, l’istruttoria ha consentito di rilevare come il contenuto dello schema sia sostanzialmente riprodotto nei contratti delle banche interpellate; l’ampia diffusione delle clausole oggetto di verifica non può essere ascritta a un fenomeno “spontaneo” del mercato, ma piuttosto agli effetti di un’intesa esistente tra le banche sul tema della contrattualistica”. Avendo, infatti, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, investita dalla Banca d’Italia di un parere sullo schema contrattuale proposto e inviatole dall’A.B.I., riscontrato come le tre clausole ritenute illecite fossero sostanzialmente riprodotte nei contratti di garanzia predisposti dalle banche (parlando a tal fine di una ampia diffusione delle clausole non ascrivibile a un fenomeno “spontaneo”) e non potendo, ovviamente, effettuare tale verifica empirica in ragione della proposta sottoposta al vaglio della Banca d’Italia, non essendo ancora stata diffusa tra gli istituti di credito; ne consegue l’implicito riconoscimento della portata lesiva della concorrenza già dello schema contrattuale proposto dall’AB.I. nel 1987, limitatamente alle tre clausole poi reinserite in termini analoghi nello schema successivo poi sanzionato dalla Banca d’Italia.
Se così è, ne discende che tutte le considerazioni condotte e le presunzioni sopra richiamate non possono che essere estese alle fideiussioni antecedenti al 2005, nella parte in cui riproducevano le clausole contestate, così come vadano perpetrate per le fideiussioni rilasciate successivamente al 2005, là dove risultino adesive all’illecita intesa anticoncorrenziale, secondo quanto desumibile dalla sostanziale corrispondenza dell’intero testo contrattuale con lo schema a suo tempo esaminato dalla Banca d’Italia>>.
Circa l’estensione della nullità: <<Detto ciò, ritiene il Tribunale preferibile aderire all’orientamento che circoscrive la nullità alle sole clausole riconosciute come espressione dell’illecito accordo lesivo della concorrenza, senza che tale vizio si estenda all’intera garanzia, non rispondendo tale contagio al principio di conservazione degli atti, nei limiti in cui gli stessi siano rispondenti alla lecita volontà delle parti.>>
Il comando finale dunque è di solo accertamento di nullità delle clausole sub iudice, oltre che di condanna alle spese processuali