Ricevuta una dichiarazione scritta di interesse all’acquisto da parte dell’inquilino, il locatore, che tace di aver già venduto l’immobile ad altri, non realizza quella malafede che per giurisprudenza diffusa dà titolo al risarcimento aquiliano: malafede di solito consistente nell’accordo proprietà-terzo acquirente, finalizzato a tenere all’oscuro l’inquilino della vendita avvenuta per far decorrere il termiune annuale ex art. 38 legge equo canone 392/1978.
Lo spiega dettagliamente Cass. 29.03.2022 n. 10.136, rel. Iannello, esaminando il secondo motivo e in particolare qui:
<< Il principio richiamato richiede dunque un quid pluris, un
comportamento cioè diverso e più articolato del semplice silenzio; un
contegno cioè che magari ricomprenda il silenzio o l’inerzia del
locatore, ma che tuttavia sia anche in grado di attribuire ad essi, in
ragione di altre circostanze, artificiosamente create, un significato
diverso e univoco da quello meramente neutro che di per sé quelli
hanno: un significato in grado di infondere oggettivamente e
univocamente nel conduttore il convincimento che quella vendita non
sia stata operata e comunque a indurlo a non attivarsi per effettuare
le opportune visure.
7.11. Nel caso di specie, la mancata risposta alla lettera del
giugno 2001 avrebbe potuto, dunque, in tale prospettiva, essere
portatrice di valore indiziario se, in ipotesi, nei mesi successivi, vi
fossero state occasioni d’incontro tra conduttore ed ex locatori idonee
a rappresentare — sia pure implicitamente, ma in modo univoco —
l’apparente persistenza di qualità e rapporti identici a quelli anteriori
alla vendita: ad es. se i venditori avessero continuato a riceversi
canoni o altri oneri legati al rapporto locativo senza nulla dire (come
ad es. nel caso considerato da Cass. n. 19968 del 2013, cit.).
Tanto non risulta affermato però neppure dal ricorrente, avendo
anzi egli evidenziato che l’occasione nella quale i locatori ebbero a
comunicargli l’intervenuta vendita a distanza di un anno dalla stessa
fu quella del pagamento del canone «annuale», ovvero, è da
intendere, del primo successivo alla vendita.
Non si fa neppure menzione di altre precedenti occasioni di
incontro o interlocuzione con i locatori.
7.13. Non è, invece, condivisibile nella descritta prospettiva
l’argomento secondo cui l’invio della predetta lettera del 1° giugno
2001 ai locatori autorizzava il conduttore ad avere certezza che la
mancata risposta equivalesse a mancata concretizzazione
dell’intenzione di vendita.
Tale deduzione si appalesa del tutto generica, non è fondata su
alcuna massima di esperienza o regola causale che possa giustificare
una siffatta implicazione dalla mera mancata risposta; lo stesso
ricorrente per corroborarla evoca gli ottimi rapporti tra le parti, i quali
però costituiscono circostanza di fatto solo affermata ma mancante di
alcun riscontro in quanto accertato in sentenza o in quanto
comunque sottoposto a dibattito processuale (per cogliere il quale,
comunque, sarebbe stata necessaria una denuncia, rispettosa dei
connessi oneri di specificità, di omesso esame ex art. 360, comma
primo, num. 5, cod. proc. civ.: denuncia nella specie mancante).
Ad essa, quantomeno, è opponibile come altrettanto
astrattamente valida l’implicazione che, in senso esattamente
contrario, ne trae invece la corte d’appello: quella cioè che, proprio il
silenzio serbato alla lettera, avrebbe potuto e dovuto consigliare il
conduttore a compulsare i RR.II. per avere, in quel modo, certo e
inconfutabile riscontro del fatto che quella intenzione di vendere, di
cui lui stesso afferma di avere avuto notizia e che lo avevano spinto a
inviare quella lettera, avesse, oppure no, avuto seguito.>>, §§ 7.10-7.13.