Sempre interessanti sono i casi statunitensi sul tema, da noi invece meno frequenti.
V. ora la corte del distretto nord della california Doe v. Roblox Corp.., 9 maggio 2022, Case 3:21-cv-03943-WHO (notizia e link alla sentenza dal blog del prof Eric Goldman).
Come spesso capita, il convenuto eccepisce una clausola di arbitrato o simili (qui , per vero, di diritto della società ad una <<opportunity for informal dispute resolution before filing suit>>).
L’attore (minore di anni 10 quando apri il rapporto con Roblox!!) controeccepisce che la clausola, pur inserita nei terms of servioce-TOS, non era stata accettta.
L’unica videata in cui c’era stata accettazine è la seguente:
Si noti in calce il rinvio alle TOS e alla privacy policy.
Il giudice californiano non l’ha ritenuta sufficiente per dire che vi sia stata espressione di consenso, essendo insufficiente la chiarezza dei contueti rinvciati proposti da Roblox.
Inoltre viene rigettata l’eccezione di safe harbour, ex 230 CDA. Nel caso infatti l’attrice allegava che Roblox le aveva fatto sparire degli avatar, creati da altri utenti e da lei acquistati: ciò apposta per indurla ad acquistarne altri, dato che da ogni acquisto il convenuto percepiva una percentuale.
La corte afferma infatti che l’attore con una simile domanda non trattava il convueto come publisher o speaker e per questo l’esimente non ha motivo di applciarsi