Il contributory infringement è altro dal concorso (paritario) nell’illecito brevettuale

Trib. Torino sent. 07.04.2021, n. 1.662/2021 – RG   8189 / 2019, rel. Martinat, Neotecman s.l. c. Farm New Brass s.r.l. e Automazioni Industriali s.r.l., si sofferma sull’art. 66.2 bis c.p.i. e sulla distinzione del contributory infringement (poi: c.i.) dal concorso nell’illecito brevettuale comune.

Dice così: <<Alla luce di quanto precede, pertanto, deve essere rigettata la domanda di contraffazione formulata da parte attrice per contributory infringment, domanda sulla quale, peraltro, il Collegio ritiene di dover far un’osservazione di carattere generale, dovendosi in merito osservare come il richiamo all’istituto di cui all’art. 66, comma 2 bis, del c.p.i., da parte dell’attrice sia quanto meno improprio.
Tale disposizione, infatti, punisce chi fornisce ad un terzo non autorizzato i mezzi per realizzare l’invenzione brevettata nella consapevolezza di tale uso illecito dei suddetti mezzi: tale norma, quindi, pare colpire l’attività di chi, nell’esercizio della sua ordinaria attività imprenditoriale, fornisca una componente del prodotto finale al realizzatore – appunto – del suddetto prodotto finale, ipotesi tuttavia insussistente nella fattispecie in esame, ove, in effetti, vi sono due soggetti che si pongono sin dall’inizio sullo stesso piano della catena produttiva finalizzata a realizzare il prodotto finale (ovvero il produttore del forno ed il produttore della pressa), posto che insieme hanno progettato il macchinario finale oggetto di contestazione, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze professionali, ed insieme lo hanno commercializzato presentandosi come partecipi di un progetto commerciale comune.

Pertanto, più che di contributo di uno dei due convenuti alla realizzazione della contraffazione da parte dell’altro (evento che rappresenta la condotta sanzionata dalla norma in commento), deve parlarsi di ordinario concorso – su basi paritarie – delle due convenute nella realizzazione del prodotto in asserita contraffazione, come del resto implicitamente confermato dal fatto che parte attrice mai ha individuato fra i convenuti il soggetto che abbia fornito la componente ed il soggetto che abbia utilizzato tale componente nel prodotto finale, essendo, in effetti, le due posizioni non individuabili nella fattispecie in esame.

Il motivo di tale mancata individuazione è quindi semplice da definire, ovvero l’assenza di un contributory infringment in senso stretto, trattandosi semmai di concorso paritario ed originario delle due società convenute (che hanno elaborato a tal fine un progetto industriale comune) nella realizzazione del macchinario in asserita contraffazione.

In ogni caso, indipendentemente dalla qualificazione giuridica della domanda di contraffazione formulata da parte attrice, non essendo il macchinario complessivamente realizzato dalle convenute in contraffazione del brevetto attoreo, ogni domanda di contraffazione, sia essa una contraffazione letterale, per equivalenti o per contributory infringment non può ritenersi sussistente, ragion per cui la domanda attorea di contraffazione deve essere rigettata in quanto infondata.
Consegue a quanto precede che ogni domanda accessoria (in quanto avente per presupposto l’accertamento della contraffazione) deve essere automaticamente rigettata (risarcimento del danno, distruzione dei prodotti in contraffazione, inibitoria, penali …)>>.

Due notazioni:

1) non è chiaro perchè il Trib. abbia scelto di dare chiarimenti sul c.i. , quando la lite era già decidibile nel senso del rigetto della domanda per assenza di contraffazione.  E’ allora solo un obiter dictum, non ratio decidendi.

2) sarebbe interessante approfondire la differenza tra c.i. e violazione brevettuale diretta. A prima vista (la più vistosa) parrebbe che solo nel c.i. fosse richiesto l’elemento soggettivo (<qualora il terzo abbia consocenza>). Bisognerebbe poi proseguire il ragionamento sulla differenza relativa all’elemento oggettivo.

Il segno distintivo anteriore di portata locale, che può continuare ad essere usato dopo una altrui registrazione, non necessariamente deve dare il diritto di vietare l’uso altrui come marchio

La corte di giusizia si pronuncia sull’art. 6.2 dir. 2008/95 (da noi art. 12.1.a-b, cod. propr. ind.)  per cui <<Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l’uso nel commercio di un diritto anteriore di portata locale, se tale diritto è riconosciuto dalle leggi dello Stato membro interessato e nel limite del territorio in cui esso è riconosciuto.>>.

Il dubbio riguacdava il concetto di <diritto anteriore>:  in particolare , se questo dovesse essere tale da permettere al titolare di vietare l’uso di un marchio (confondibile e sul medesimo ambito territoriale, evidentemente).

La fattispecie concreta , però, pur interessante, non è però facile da comprendere, data l’anonimizzazione  purtroppo sempre più spesso praticata dalla CG.

Per la CG con sentenza 02.06.2022, C-112/21, il diritto locale anteriore è opponibile anche senza che esso dia al titolare il diritto di bloccare il marchio altrui.

Infatti, non solo la disposizione è muta, ma si può anzi dire che se ciò avesse inteso, lo avrebbe detto espressamenet,: così infatti  ha disposto nel precedente art. 4.4.b-c (sulla registrabilità anzichè sulla limitabilità come nell’art. 6 de quo)

Contraffazione di opera musicale: analitica sentenza inglese

La lite Ed Sheeran c. Sami Chockri (Sami Switch) è stata decisa in data 6 aprile 2022 dalla UK BUSINESS AND PROPERTY COURTS OF ENGLAND AND WALES INTELLECTUAL PROPERTY LIST, guiduce Zacaroli,[2022] EWHC 827 (Ch) Case No: IL-2018-000095 .

Il secondo lamenta il plagio della propria canzone “Oh why” da parte del primo con la canzone “Shape of you”.

Impressione nella sentenza il grado di analiticità dell’esame fattual-musicale condotto dal gidice.

Il quale alla fine rigetta la domanda ed anzi concede l’accertamento negativo formale di non copiature, § 207 ss.

Premesse di ordine processual-probatorio:

    1. In music cases, it is the sounds that are more important than the notes: see Copinger and Skone James on Copyright (18th ed) at [3-125]. This depends to a large degree on the aural perception of the judge: Francis Day & Hunter v Bron [1963] 1 Ch 587, per Upjohn LJ at p.618.
    2. While the legal burden rests with the person alleging infringement, in the case of conscious copying the evidential burden shifts to the alleged infringer if there is proof of sufficient similarity and proof of access. There was some debate as to whether what was required was proof of access, or proof of the possibility of access.
    3. The weight of authority supports the former: see, for example, Designers Guild (above), per Lord Millett at p.2425E; Baigent v Random House [2007] EWCA Civ 247 at [4], although I do not think anything turns on it in this case. Tens of thousands of new songs are uploaded to internet sites daily. It clearly cannot be enough to shift the burden of proof that a song was uploaded to the internet thereby giving the alleged infringer means of accessing it. In every case, it must be a question of fact and degree whether the extent of the alleged infringer’s access to the original work, combined with the extent of the similarities, raises a sufficient possibility of copying to shift the evidential burden. Where, for example, the original work was highly individual or intricate, and the alleged infringing work was very close to it, then only limited evidence of access may be sufficient in order to shift the burden. The same would not be true, on the other hand, where the original work was simple and involved relatively common elements.
    4. Irrespective of where the burden lies, infringement requires there to have been actual copying, which necessarily entails that the alleged infringer not only had access to the original work, but actually saw or heard it.
    5. The leading case on subconscious copying is Francis Day & Hunter v Bron (above), in which the Court of Appeal established that, although it was possible to demonstrate that a person had infringed copyright without intending to do so, it was nevertheless necessary to establish “proof of familiarity” with the allegedly copied work, as a prerequisite to establishing infringement: and that there was a causal link between the alleged infringing work and the original work: see Wilmer LJ at p.614 (with whom Upjohn LJ agreed). Diplock LJ also spoke of the clear need for a causal connection between the two works (at p.624).
    6. Whether there has been subconscious copying is a question of fact to be determined on the basis of all the evidence (and does not rest on the shifting of an evidential burden: see Mitchell v BBC (above) at [39]). There will rarely, if ever, be direct evidence of subconscious copying, so it is necessary – as with any issue where direct evidence is lacking – to reach a conclusion based on inferences from other evidence. The following direction which the trial judge, Wilberforce J, had given himself was approved by the Court of Appeal in Francis Day (at pp.614-615):

“The final question to be resolved is whether the plaintiffs’ work has been copied or reproduced, and it seems to me that the answer can only be reached by a judgment of fact upon a number of composite elements: The degree of familiarity (if proved at all, or properly inferred) with the plaintiffs’ work, the character of the work, particularly its qualities of impressing the mind and memory, the objective similarity of the defendants’ work, the inherent probability that such similarity as is found could be due to coincidence, the existence of other influences upon the defendant composer, and not least the quality of the defendant composer’s own evidence on the presence or otherwise in his mind of the plaintiffs’ work.”

Conclusioni, prima  parte, § 200 ss:

  1. Mr Sutcliffe urged me to stand back from the detail and focus on the bigger picture. The case, he said, boiled down to four unassailable points: the similarities between the songs, not by a laser-like focus on individual elements (because to do so risked losing the song), but by listening to the sounds as a whole; the “one-in-a-million” chance of two unique sounds correlating with one another within the space of months; the three “fingerprints” in Mr Sheeran’s work; and the lack of credible explanation from the claimants for the creation of the OI Phrase.
  2. Of necessity, in view of the nature of the allegations in this case, I have analysed in some detail the musical elements that went into the creation of Shape, but I agree with Mr Sutcliffe that it is important to stand back from the detail. When I do so, however, I come to the opposite conclusion to him. It is in reality the defendants who have focused on the three points of particular similarity between Oh Why and Shape, while ignoring points of difference, the fact that each element is a common building block in music of this and many other genres, and the use of the same or similar elements in other parts of Shape and in other Ed Sheeran songs.
  3. Having reviewed all the circumstances, their use together in the OI Phrase by the writers of Shape is explained in my judgment by reasons other than copying. The “one-in-a-million” chance of them being used together (and the fact that the precise notes, vocalised and harmonised in the same way has not been found before) is no more than a starting point when considering whether one is copied from the other. While Mr Chokri’s initial reaction to the similarities, posted on Facebook in January 2017, is understandable, coincidences (which, by definition, would not be remarked upon in the absence of marked similarities) are not uncommon.
  4. Listening to the sounds as a whole, as urged by Mr Sutcliffe, the two phrases play very different roles in their respective songs. The OW Hook is the central part of the song, and reflects the song’s slow, brooding and questioning mood. Without diminishing its importance, the OI Phrase plays a very different role: something catchy to fill the bar before each repeated phrase “I’m in love with your body”. The use of the first four notes of the rising minor pentatonic scale for the melody is so short, simple, commonplace and obvious in the context of the rest of the song that it is not credible that Mr Sheeran sought out inspiration from other songs to come up with it. As to the combination of elements upon which the defendants rely, even if Mr Sheeran had gone looking for inspiration, then Oh Why is far from an obvious source, given the stark contrast between the dark mood created by the OW Hook in Oh Why and the upbeat, dance feel that Mr Sheeran was looking to create with Shape

Dispositivo:

205.  Accordingly, for the reasons I have set out above, I conclude as follows:

(1) While there are similarities between the OW Hook and the OI Phrase, there are also significant differences;

(2) As to the elements that are similar, my analysis of the musical elements of Shape more broadly, of the writing process and the evolution of the OI Phrase is that these provide compelling evidence that the OI Phrase originated from sources other than Oh Why;

(3) The totality of the evidence relating to access by Mr Sheeran to Oh Why (whether by it being shared with him by others or by him finding it himself) provides no more than a speculative foundation for Mr Sheeran having heard Oh Why;

(4) Taking into account the above matters, I conclude that Mr Sheeran had not heard Oh Why and in any event that he did not deliberately copy the OI Phrase from the OW Hook;

(5) While I do not need to resort to determining where the burden of proof lies, for completeness:

(a) the evidence of similarities and access is insufficient to shift the evidential burden so far as deliberate copying is concerned to the claimants;

(b) the defendants have failed to satisfy the burden of establishing that Mr Sheeran copied the OI Phrase from the OW Hook; and

(c) even if the evidential burden had shifted to the claimants, they have established that Mr Sheeran did not deliberately copy the OI Phrase from the OW Hook.

(6) Finally, again taking into account all the matters I have considered above, I am satisfied that Mr Sheeran did not subconsciously copy Oh Why in creating Shape.

Marchio “covidiot” contrario all’ordine pubblico? Vedremo

Il marchio

per computer gaming e simili è registrabile oppure è contrario al’ordine pubblico ex art. 7.1.f reg. 2017/1001?

Il primo grado EUIPO ha optato per la seconda.

Potrebbe dire lo stesso l’appello amministrativo Board of Appeal, Interim decision 16.12.2021, Case R 260/2021-1 , Zirnsack c. EUIPO.

Così osserva: << In the Board’s view, the trade mark applied for could be refused as contrary to accepted principles of morality pursuant to Article 7(1)(f) EUTMR, because the trade mark contains the word ‘Covidiot’, which refers to a person or group of people in a derogatory manner in connection with ‘COVID’. There is also the possibility that it is contrary to accepted principles of morality if the name of the virus can be trivialised as the name for a game. Finally, in the Boardʼs opinion, an 16/12/2021, R 260/20211, COVIDIOT (fig.) examination can be made as to whether the trade mark is contrary to accepted principles of morality because the applicant wishes, through freeriding, to make an undue profit from the pandemic. >>, § 20.

Solleva anche dubbio di compatibilità con l’art. 7.1.b (distinvitità e con l’art. 7.1.c  per descrititvità.

Infine  esamina l’eccezione del registrante per cui il rigetto violerebbe il diritto di parola o espressione.

Data la complessità delle questioni, non decide e rimette al Grand Board: vedremo come deciderà l’ineressante caso.

L’assegnazione dell’immbile familiare al coniuge in sede divisoria non deve tener conto dell’esistente suo diritto di godimento per essere l’affidatario della prole

Interessante ma non semplice questione risolta dalle Sezioni Unite (Cass s.u. 09.06.2022 n. 18.641, rel. Carrato).

Questito : “se – in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati già destinato a residenza familiare e, per tale ragione, assegnato, in sede di separazione, al coniuge affidatario della prole – occorra tenere conto della diminuzione del valore commerciale del cespite conseguente alla presenza sul medesimo del diritto di godimento del coniuge a cui è stata affidata la prole, pure nel caso in cui la divisione si realizzi mediante attribuzione a quest’ultimo della proprietà dell’intero immobile con conguaglio in favore del comproprietario e, quindi, determinandolo non in rapporto al valore venale dello stesso immobile, bensì in misura ridotta che tenga conto dell’incidenza della permanenza di tale vincolo, opponibile anche ai terzi“.

Per le s.u., non si deve tener conto del diritto di  godimento già in precedenza disposto per essere il congiuge affidatario della prole: <<Ad avviso di queste Sezioni unite deve essere condiviso l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell’intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell’immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero, con la conseguenza che, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell’altro coniuge, bisognerà porre riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell’immobile attribuito in proprietà esclusiva all’altro coniuge, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che nell’immobile stesso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti rimasti affidati allo stesso coniuge divenutone proprietario esclusivo, in quanto il relativo aspetto continua a rientrare nell’ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolamentare nella sede propria, con la eventuale modificazione in proposito dell’assegno di mantenimento.>>, § 9.

Tale assegnazione divisionale, poi , realizza l’estinzione automatica del diritto di godimento preesistente (con notazione delle SU sulla sua trascrivibilità con atto ricognitivo).

In definitiva, <<l’immobile attribuito in proprietà esclusiva al coniuge già assegnatario quale casa coniugale non può considerarsi decurtato di alcuna utilità, posto che la qualità di titolare del diritto dominicale e quella di titolare del diritto di godimento vengono a coincidere. Non si configura, in altri termini, alcun diritto altrui che limiti le facoltà di godimento del coniuge attributario dell’intero – e già assegnatario in quanto affidatario della prole – e sia, perciò, idoneo a comportare la diminuzione del valore di mercato del bene>>.

La soluzione ci pare corretta.

Think different: Apple perde la lite con Swatch sul marchio denominativo , venendo confermata la decadenza per non uso

Il Tribunale UE , confermando la decisione amministrativa EUIPO, con sentenza 08.06.2022, da T-26/21 a T-28/21 ribadisce la decadenza per non uso del marchio denominativo THINK DIFFERENT di Apple (in realtà erano tre i marchi contestati, tutti uguali).

Il caso è regolato ratione temporis dal reg. 207/2009, § 34.

L’appello amministrativo aveva deciso:

<< the Fourth Board of Appeal dismissed the appeals. In particular, first of all, it found that, the first contested mark having been registered on 6 September 1999, the second contested mark on 18 November 1999, the third contested mark on 8 May 2006 and the three applications for revocation having been filed on 14 October 2016, the applicant had to furnish proof of genuine use of those marks in the European Union during the five years preceding that date, that is to say, from 14 October 2011 to 13 October 2016. Next, it observed that the applicant distinguished two periods of use of the contested marks, namely, first, the use of the contested marks in a marketing campaign from 1997 to 2000 for iMac computers and, second, the use on the box packaging of iMac computers since 2009, and throughout the relevant period. With regard to the first period, it noted that the marketing campaign predated the relevant period by more than 10 years and could not therefore be taken into account. Moreover, the occasional use of the contested marks on the applicant’s website during the relevant period to commemorate famous people or special events was an isolated and ephemeral use. With regard to the second period, the Board of Appeal, after having specified that the evidence submitted by the applicant related only to computers and computer peripherals in Class 9, found that proof of genuine use of the contested marks for those goods had not been provided, since the images provided showed use of the contested marks in a single place on the box packaging, in rather small script next to the list of technical specifications. It added that, in view of the highly technical nature of the goods concerned as well as the length of the text on the packaging of the iMac computers, written in small letters, the relevant public would perceive the elements ‘think different’ as a promotional message inviting it to think differently, in other words, to ‘think outside the box’. Last, the Board of Appeal reached that conclusion without considering it necessary to assess whether the worldwide sales figures for iMac computers since 2009 were sufficient to demonstrate genuine use of the contested marks.>>, § 20.

Premesse le solite considerazioni generali, §§ 58-66, il T. rifiuta le dichiarazioni sulle vendite in quanto di parte e non provenienti da soggtto terzo, § 76 ss

Dice che è leigttimo considerare non sufficiente l’uso del segno che segua una serie di dettagli tecnici , collocati sul packaging, §§ 86-90

Inoltre nemmeno può essere considerato uso del segno , dato che era usato a fianco del  ben  più noto <macintosh>:

<<In the present case, as the photographs of the iMac computer packaging in the file illustrate, the word elements ‘think different’ do not appear on the labels affixed to the box packaging in a way which particularly draws the consumer’s attention. On the contrary, as the Board of Appeal correctly pointed out in paragraph 30 of the contested decisions, those word elements are placed under the technical specifications of the iMac computers, and just above the barcode in a relatively small character size. That expression is, moreover, accompanied by the word ‘macintosh’ of the same size and written in the same font.

94      It must therefore be concluded that the way in which the contested marks are used on iMac computer packaging does not ground the conclusion that they have been used as trade marks, that is to say, in accordance with their essential function of giving an indication of the commercial origin of the goods concerned>>, §§ 93-94

<< 95  By contrast, in the present cases, the expression ‘think different’ of the contested marks appears simply after a long list describing the technical specifications of the iMac product. In addition, it should be noted that the judgment of 30 November 2009, COLORIS (T‑353/07, not published, EU:T:2009:475) arose out of a context different from that of the present case, in that the term ‘coloris’, appearing on the labels to be affixed to metallic cans for colorants, was significantly larger than that of the other word elements. Last, unlike the present case, in the judgment of 15 December 2016, ALDIANO (T‑391/15, not published, EU:T:2016:741, paragraph 31), the earlier mark, which also constituted the applicant’s company name, was affixed to the packaging of the alcoholic beverages at issue. Moreover, the factual context of those three cases was different from that of the present case, in so far as it concerned products which were very different from the technological products in the present case, namely cosmetics, paint products and alcoholic beverages, sold in different shops and for a substantially lower amount>>.

iNOLTRE, l’Ufficio aveva trovato << that those marks, combined with the Macintosh mark, would be understood as a promotional message inviting consumers to think differently, in other words, to ‘think outside the box’. In paragraph 33 of those contested decisions, it stated that the inherent distinctiveness of the contested marks and hence its ability to perform the essential function of a mark – that of identifying the origin of the goods concerned – must be considered to be rather weak, which renders it even less plausible that English-speaking consumers will attribute to it a trade mark function>>, § 96

Istruzioni importanti per gli operatori (imprese e agenzia pubblicitarie e di comunciaizone) e per i loro consulenti giuridici circa le modalità di inserimento del segno nella progettazione dell’aspetto visivo del prodotto o del suo packaging.

Pronuncia inglese sulla tutela d’autore del “personaggio”

Eleonora Rosati nel blog IPKat dà notizia della sentenza inglese della Intell. Prop. enterprise court del 8 giugno 2022 [2022] EWHC 1379 (IPEC) , Shazam v. Only Fools ltd e altri, che esamina la tutela d’autore del personaggio letterario creato dall’a. per una serie televisiva di successo.

I punti più interessanti per noi sono:

. proteggibilità dello script (equivale a “copione”, suppergiù) come dramatic work secondo il loro copyright act, § 66;

– proteggibilità del personaggio, §§ 76-113 (secondo il doppio test europeo proposto dalla corte di giustizia in Cofemel), protetto anche in  disciplina basata su tipicità come quella UK qual literary work, § 121/2.

La violazione che discende è evidente, § 127.

E’ rigettata sia l’eccezione di parodia , § 194 ss (v. l’esame preliminare sull’istituto, § 160 ss) che quella di pastiche , § 195 ss

Impressiona l’analiticità e la chiarezza di analisi fattuale per accertare la contraffazione: v. lo schedule of infringement  e l’elenco dei punti copiati fornito dal giudice, § 132. Si v. anche la tabella finale delle conclusioni del giudice, p. 67/8.

Il senso pratico e il fine di immediata utilizzabilità di ogni ragionamento, proprio della cultura inglese, ha ancora molto da insegnarci.

Da noi la tutela del personaggio letteraio è comunemente ammessa. Lo stesso per il copione/script, quantomeno in liena astratta (salva la compiutezza espressiva nel caso specifico).

Sulla tutela dello script è noto il precedente cautelare torinese del 2015 (Trib. TO RG 32855/2014, 31.05.2015, Pagani v. Leo Burnett Company, reperibile in rete, ad es. qui) , il cui passaggio rilevante -in astratto: v. poi la seguente applicazione cocncreta- è :

<< –   Per questa ragione un momento di fondamentale importanza nel processo creativo dello  spot  è  la  sua  progettazione.  E’  in  questa  fase  che  avviene  la  individuazione  degli obbiettivi della pubblicità e del modo in cui conseguirli: la comunicazione che si intende dare, i destinatari,   il   modo   in   cui   raggiungerli.   In   altri   termini:   ciò   che   caratterizza   in modo “decisivo” uno spot è il modo in cui esso sceglie di caratterizzare un certo prodotto, e il  modo  in  cui  intende  comunicare  un  certo  messaggio  (p.es.  creando  sorpresa,  divertimento, simpatia,   complicità,   …).   L’idea   dello   spot,   da   intendersi   come   sua progettazione,  costituisce   quindi   la   sintesi,   destinata   a   essere   sviluppata   nella   fase   di   realizzazione del filmato. Anche quest’ultima fase è connotata (o almeno può esserlo) da attività creativa,
focalizzata  sugli  strumenti  di  realizzazione  della  reclame,  sul  sapiente  utilizzo delle   tecnologie  al  servizio  del  progetto  racchiuso  nell’ideainiziale.
–   Le   parti   hanno   a   lungo   discusso   sul   se   lo   script   di   uno   spot   pubblicitario   costituisca una concreta   espressione   creativa,   tale   da   far   riconoscere   il   suo   autore   come     autore dello stesso  spot.  L.B.C.  ha  sottolineato  la  differenza  fra  lo  script  e  il  bozzetto  pubblicitario (noto  in  gergo  come  storyboard),  ed  ha  richiamato  giurisprudenza  che  accorda  la  tutela  autoriale al   bozzetto   (sottintendendo   che   sia   necessario   “almeno   un   bozzetto”   per   ravvisare un contributo   materiale   all’opera).   Va   peraltro   chiarito   che   la   giurisprudenza   citata dal   convenuto  (Cass.  3390/2003)  ha  riconosciuto  al  bozzetto  il  valore  di  opera  protetta  ai sensi dell’art. 1 l. 633/1941; ma ciò di cui qui si discute non è se lo script realizzato dal P. sia  autonomamente  tutelabile  come  opera;  si  discute  invece  se  il  contributo  dato  dal  P.  con lo  script  gli  dia  titolo  per  qualificarsi  autore  morale  dello spot.
–  Il problema non va posto in termini astratti, ma concreti: non si tratta di affermare in  termini  generali  se  la  realizzazione  di  uno  script  sia  un  contributo  decisivo  alla  creazione di  un   filmato   pubblicitario;   ma   di   verificare   se,   nel   caso   di   specie,   lo   script  
realizzato dal ricorrente, per i suoi contenuti, per la sua relazione con lo spot finale, per il modo in cui è Stato  divulgato  e  recepito  nell’azienda  (Leo  Burnett)  e  al  di  fuori  di  essa,  valga  a individuare  il  suo  autore  come  autore  dell’opera  finale  (e  protetta),  cioè  lo spot.>>

Nuovo capitolo nella lite Brandtotal c. Meta (Facebook) sul data scraping

Avevo dato conto in post 15.06.2021 di una decisione nella saga giudiziaria BrandTotal v. Meta (Facebook).

Ora se ne aggiunge un’altra, per lo più favorevole a M., emessa sempre dal distretto nord della Californa del 06.06.2022 , Case No. 20-cv-07182-JCS, stesso giudice.

Il quesito è se il data scraping (su q. prassi di raccolta dati pubblicitari v. sub II, p. 2) violi la clausola imposta da M.(facebook)  la quale così suona:  “You may not access or collect data from our Products using automated means (without our prior permission) or attempt to access data you do not have permission to access“.

B. tenta di dire che la clausola è nulla perchè in violazione di public policy , p. 18 ss., o percghè unconscionable , p. 31 ss. (è il tema più interessante per noi).

Però gli va male non essendo riuscita a convinvere la corte (p. 31 e risp. 37).-

Sui rimedi offerti dall’art. 125 c.p.i. in caso di violazione di brevetto, a seguito di sua limitazione ex art. 79 c.p.i.

Trib. Torino 18.05.2021, sent. n. 2464/2021 –  RG 4520/2016, rel. Vitrò, offre interessanti consideraizoni sull’oggetto.

E’ curioso innanzitutto quanto il giudice entri nei dettagli tecnici dell’invenzione.

Poi, è di interesse la limitazione brevettuale operata in corso di causa e la sua efficacia ex tunc, che permette di considerare valido il brevetto, di accertarne dunque la violazione e di impartire i comandi conseguenti , p. 26 (l’istituto della limitazione è esaminato con buon dettaglio).

Quanto all’art. 125 cpi, il Trib. fa presente che il c. 2 (royalty ragionevole) è determinazione minima del danno, p. 28. La formulazione della disposizione non è perspicua ma probabilmente il T. ha ragione.

Il tasso medio di royalty è del 4% , secondo il ctu Ranalli, pp. 30-31. Stranamente non è specificato su cosa si applichi la percentuale: di solito è sul fatturato.

La parte più interessante, infine, è quella sulla retroversione degli utili ex art. 125 c.3 cpi (sub § 3.4).

Due sono i punti più significativi: 1) questione del prodotto multicomponente o complesso e 2) determinazione degli utili  (sul fatturato), oggetto di assegnazione alla vittima.

1) Qui si pone il problema della loro determinazione in caso di prodotto complesso, quando la violazione riguardi solo una componente e non il tutto. Problema poco esaminato da noi ma oggetto di ampio esame nella letteratura statunitense.

Il T. approva l’idea del ctu di scorporare il corrispettivo riferito alla componente in violazione dal resto, p. 34. Il criterio per lo scorporo è mobile , essendo dato dal rapporto tra costo industriale del complessivo e quello della componente in violazione: <<(ii) determinazione per ciascuna fattura di vendita del rapporto tra costo industriale complessivo del compressore e costo industriale complessivo del prodotto complesso, sul presupposto che il coefficiente risultante dal rapporto di tali grandezze sia in grado di esprimere l’incidenza del fatturato riferibile al singolo compressore rispetto a quello del prodotto complesso; >>, p. 34 (non viene però indicata questa percentuale in termini  numerici, con qualche problema sulla sufficienza motivatoria della sentenza).

2) Su fatturato del prodotto in violazione così determinato, bisogna togliere i costi per determinare l’utile: <<Identificato il fatturato, l’utile ricavato dal contraffattore va individuato nella differenza tra il valore del fatturato generato dal prodotto in contraffazione e il totale dei costi incrementali (ossia dei costi variabili direttamente imputabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti in contraffazione, con esclusione in linea di principio dei costi generali e commerciali). Generalmente i costi variabili sono quelli che dipendono dall’aumento del produzione (sia diretti: materie prime, lavoro, imballi, trasporto, ecc.; sia indiretti: energia e altri materiai di consumo), senza dunque considerare i costi fissi, le svalutazioni, gli ammortamenti, gli accantonamenti, le componenti finanziarie e straordinarie >>, p. 34-5 (si v. i passi riportati dalla ctu per maggior dettaglio).

Il Tribunale UE sul giudizio di confondibilità di due marchi denominativi uguali (quindi con esame della vicinanza merceologica)

Ripasso del diritto ue sul giudizio di somiglianza/affinità in tema di confondibilità di marchi in Trib. UE T-738/20 del 08.06.2022, Deutschtec GmbH, c. EUIPO.

Interessante è tra l’altro che il secondo depositante aveva sollevato l’eccezione di nullità del primo marchio perchè troppo vaga la descrizione dei prodotti o servizi in domanda (metal goods).

Eccezione insidiosa, a prima vista, che però il tribunale rigetta, § 29 ss, anche valoerizzando la precisazione “specialmente etc.” che seguiva la prima indicazione vaga (metal goods), § 36.. : << It has been held that, in so far as it is used in a description of goods, the expression ‘in particular’ is, in the first place, merely indicative of an example (judgments of 9 April 2003, NU-TRIDE, T‑224/01, EU:T:2003:107, paragraph 41; of 12 November 2008, Scil proteins v OHIM – Indena (affilene), T‑87/07, not published, EU:T:2008:487, paragraph 38; and of 14 December 2011, Völkl v OHIM – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, paragraph 119). Used in a list of goods, the expression ‘in particular’ serves to distinguish goods which have a specific interest for the proprietor of a mark without, however, excluding any goods from the list (judgment of 14 December 2011, VÖLKL, T‑504/09, EU:T:2011:739, paragraph 119). However, in the second place, still according to the case-law, the expression ‘in particular’ cannot be considered to be insignificant or devoid of any usefulness and may serve, above all in the case of a vague and imprecise indication, to clarify for traders and the competent authorities, the wishes of the trade mark proprietor regarding the extent of the protection which he or she intended to give to his or her mark when he or she filed the application for registration of that mark (judgment of 18 October 2018, Next design+produktion v EUIPO – Nanu-Nana Joachim Hoepp (nuuna), T‑533/17, not published, EU:T:2018:698, paragraphs 64 and 65). It follows that, if a vague term is followed by another term which expressly identifies the goods or services by way of example, it is then possible to carry out a comparison with that specific term (see, to that effect, judgment of 25 June 2020, Pavel v EUIPO – bugatti (B), T‑114/19, not published, EU:T:2020:286, paragraph 52)>>.

Il Trib. circa l’indicazione dei prodotti in domanda non cita Corte di Giustizia 29.01.2020, C-371/18, Sky c. SkyKick su cui mio post 29.01.2020.

Quanto al vero e proprio giudizio sulla vicinanza merceologica, così osserva in generale: << In order to address in a useful manner the applicant’s complaints alleging infringement by the Board of Appeal of Article 8(1)(a) of Regulation 2017/1001, it must be pointed out at the outset, in addition to what has been stated in paragraph 17 above, that, according to the case-law, where the goods covered by the earlier mark include the goods covered by the mark applied for, those goods are considered to be identical (see judgment of 24 April 2018, Kabushiki Kaisha Zoom v EUIPO – Leedsworld (ZOOM), T‑831/16, not published, EU:T:2018:218, paragraph 70 and the case-law cited). The same is true as regards services. However, it has been held that, where there is only some degree of overlap between certain services, those services cannot be considered to be identical but are similar (see, to that effect, judgment of 21 March 2013, Event v OHIM – CBT Comunicación Multimedia (eventer EVENT MANAGEMENT SYSTEMS), T‑353/11, not published, EU:T:2013:147, paragraph 44).

49      In so far as the applicant seeks to allege that the Board of Appeal infringed Article 8(1)(b) of Regulation 2017/1001, it must be stated, in addition to what has been pointed out in paragraphs 18 to 21 above, that, according to the case-law, in assessing the similarity of the goods and services at issue, all the relevant factors relating to those goods and services should be taken into account. Those factors include, in particular, their nature, their intended purpose, their method of use and whether they are in competition with each other or are complementary (see, to that effect, judgment of 29 September 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, paragraph 23). Other factors may be taken into account such as the distribution channels of the goods concerned (see, to that effect, judgment of 11 July 2007, El Corte Inglés v OHIM – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, paragraph 37 and the case-law cited). As regards, in particular, the complementarity of the goods and services, it must be borne in mind that complementary goods or services are those between which there is a close connection, in the sense that one is indispensable or important for the use of the other with the result that consumers may think that the same undertaking is responsible for manufacturing those goods or for providing those services (see judgment of 22 September 2021, Sociedade da Água de Monchique v EUIPO – Ventura Vendrell (chic ÁGUA ALCALINA 9,5 PH), T‑195/20, EU:T:2021:601, paragraph 46 and the case-law cited)>>.

Ninete di nuovo ma un ripasso, appunto.

Poi applica i criteri generali alle singole classi sub iudice.