Cass. sez. 3, 2 settembre 2022 n. 25.886, rel. Pellecchia:
<<Occorre precisare, al riguardo, che il criterio utilizzato, nella specie, è quello della probabilità prevalente (applicabile tutte le volte che il giudice si trovi di fronte due o più possibili ipotesi, e scelga, tra esse, quella che, alla luce dei fatti indiziari acquisiti al processo, e sulla base di un ragionamento inferenziale, abbia ricevuto il maggior grado di conferma), che non va confuso con quello del più probabile che non (predicabile nel diverso caso in cui si confrontino tra esse una probabilità positiva ed una negativa, quanto alla causa dell’evento di danno).
Risulta altrettanto corretta la decisione di appello sul piano del riparto degli oneri probatori, che si conforma all’insegnamento (li questa Corte, a mente del quale, nei giudizi risarcitori da responsabilità medica, si delinea un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, a valle. Il primo, quello relativo all’evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevenibile ed improbabile abbia reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto: così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 26 luglio 2017, n. 18392, Rv. 645164-01; Cass. sez. 3, 11 novembre 2019, nn. 28991 e 28992). [la teoria del duplice ciclo causale è propria della terza sezione e spt. del giudice Scoditti: ma non convince molto, essendo uno solo il ciclo: semplicemente si modifica alla luce dei fatti allegato dal convenuto]
Tanto premesso, il criterio della probabilità prevalente (o della prevalenza relativa), risulta correttamente adottato nel caso di specie, volta che, rispetto ad ogni enunciato fattuale emerso dagli atti, è stata considerata l’eventualità che esso potesse essere vero o falso, e che, accertatane la consistenza indiziaria, la soluzione adottata dalla Corte territoriale risponde ai caratteri di alternativa razionale logicamente più probabile di altre ipotesi, essendo stata conseguentemente esclusa quella, oggi riproposta da parte ricorrente, fondata su elementi di fatto destinati ad attribuirle una grado di conferma “debole”, tale, cioè, da farla ritenere scarsamente credibile rispetto alle altre.
Il giudice di merito ha correttamente scelto – sulla base delle indicazioni provenienti dalla scienza medica – l’ipotesi fattuale più probabile, ritenendo “vero” l’enunciato che aveva ricevuto il grado di maggiore conferma relativa sulla base dei fatti allegati, ed altrettanto correttamente ha applicato i principi indicati da questa Corte in tema di riparto dell’onere probatorio, attribuendo al paziente danneggiato l’onere di provare la sussistenza del nesso causale tra la condotta dei sanitari e l’evento di danno, e ritenendo che tale onere non fosse stato efficacemente assolto dal paziente- creditore.
Sulla base delle risultanze della c.t.u. espletata in primo grado, la Corte ha ritenuto, difatti, che l’asserito inadempimento del personale sanitario operante presso le strutture convenute non potesse considerarsi la causa più probabile della recidiva di ictus che aveva colpito la (lardo, tale, più probabile causa dovendo piuttosto essere individuata nell’esistenza di numerosi “fattori di rischio” alternativi.>>
Sulla perdita di chance, cosa diversa dall’inadempimento: <<La chance, ovvero la concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato bene o risultato (che non è mera aspettativa di fatto, ma “bene” giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita configura un danno concreto ed attuale: Cass. civ. sez. III n. 5641/2018) è oggetto di una domanda ontologicamente diversa dalla domanda di risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato, sostanziandosi, per converso, nella mancata possibilità di realizzarlo, caratterizzata da incertezza (non causale ma) eventistica (ancora Cass. 5641/2018).
Deve pertanto essere confermata la pronuncia impugnata nella parte in cui ha reputato inammissibile la domanda tesa al risarcimento del danno da perdita di chance, in quanto domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello>