Principio di diritto enunciato da Cass. 28.914 del 5 ottobre 2022, sez. 2, rel Scarpa:
<< il patto di quota lite, stipulato dopo la riformulazione del terzo comma dell’art. 2233 c.c. operata dal d.l. n. 223 del 2006, convertito in legge n. 248 del 2006, e prima dell’entrata in vigore dell’art. 13, comma 4, della legge n. 247 del 2012, che non violi il divieto di cessione dei crediti litigiosi di cui all’art. 1261 c.c., è valido se, valutato sotto il profilo causale della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dai contraenti, nonché sotto il profilo dell’equità alla stregua della regola integrativa di cui all’art. 45 del codice deontologico forense, nel testo deliberato il 18 gennaio 2007, la stima tra compenso e risultato effettuata dalle parti all’epoca della conclusione dell’accordo non risulta sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, rispondendo lo scopo di prevenire eventuali abusi a danno del cliente e di impedire la stipula di accordi iniqui alla tutela di interessi generali>>.
Per “tariffa di mercato” leggesi -credo- “tariffa professionale”
Nel caso specifico, il credito pattuito era del 30 % sull’incassato, oltre a aspese
Nessun cenno ad anticipazione di spese vive da parte del cliente.