La distruzione di merci è invocabile anche quando provenienti dal titolare del marchio , qualora non ne avesser autorizzato l’immissione in commercio

condivisibile posizione espressa da corte di giustizia 13.10.2022, C-355/21, Perfumesco c. Procter & Gamble International Operations SA, .

Si tratta di interpretare l’art. 10 dir. 48 del 2004:

<< Sezione 5  Misure adottate a seguito di decisione sul merito
Articolo 10 Misure correttive
1. Salvo il risarcimento dei danni dovuto al titolare del diritto a causa della violazione, e senza indennizzo di alcun tipo, gli Stati membri assicurano che la competente autorità giudiziaria possa ordinare, su richiesta dell’attore, le misure adeguate da adottarsi per le merci riguardo alle quali esse ha accertato che violino un diritto di proprietà intellettuale e, nei casi opportuni, per i materiali e gli strumenti principalmente utilizzati per la realizzazione o la fabbricazione di tali merci. Siffatte misure comprendono:
a) il ritiro dai circuiti commerciali,
b) l’esclusione definitiva dai circuiti commerciali, oppure
c) la distruzione.
>>

Nel caso spefico erano state messe in vendita da Perfumesco dei campioncini di profumo  Hugo Boss, creati però solo come c.d. tester cioè flaconcini di prova (Procter and Gamble unico licenziatario, legittimato ad agire).

Si trattava allora di interpretare il concetto di <violazione di diritto di proprietà intellettuale>

Un prodotto immesso solo come tester non è  immesso anche come vendita e quindi non opera l’esaurimento.  Quindi pare esatto ravvisare violazione (sopratutto se si accetta la tesi -ancora persuasiva- di Sarti  per cui il succo della privativa sta nel potere di determinare il numero di esemplari presenti nel mercato).

La sentenza di L’Aquila sul risarcimento danni a seguito del terremoto del 2009

I giornali hanno dato ampio risalto alla sentenza Tribunale di L’Aquila n. 676/2022 del 11 ottobre 2022, RG 878/2015, laddove addossa un concorso di colpa ai deceduti  per essere rimasti nelle loro abitazioni dopo le prime scosse.

Gli attori sono i familiari di soggetti deceduti , che abitavano in  un determinato palazzo a L’Aquila. Avevano agito col rito sommario (art. 702 bis cpc).

La sentenza è interessanti anche per altri aspetti, ad es. :

1) sulla legittimiazione e poi sulla esistenza di doveri e resposnabilità in capo a vari enti pubblici e privati di controllo: ampia analisi che sarà utile studiare in caso di liti analoghe;

2) lo specifico fatto colposo cioè la negligenza accertata: << Dalla Relazione degli ingg. Benedettini e Salvatori risulta come il progetto strutturale e la relazione
di calcolo presentate al Genio Civile al fine di verificare la conformità alla normativa antisismica
fossero entrambi assai carenti, con una marcata sottostima delle azioni simiche previste dalla
normativa all’epoca vigente e dei carichi reali presenti sull’edificio, tali da renderlo particolarmente
vulnerabile proprio dal punto di vista sismico in particolare nella direzione traversale, proprio quella
nella quale si manifestò il collasso (vd. pagg.48/65; 68/71). Ciò attesta come il crollo sia imputabile
all’inosservanza delle normativa antisismica da applicarsi ed alla negligenza del Genio Civile, che
invece certificava la conformità di progetti e connessa costruzione alla predetta normativa.
Parimenti sussiste la responsabilità del Ministero dell’Interno e delle Eredi Del Beato, in ragione
della inosservanza delle prescrizioni dettate dal RDL n. 2229 del 16 novembre 1939 e della buona
tecnica nonché degli omessi controlli sul in punto
>>

3) il sisma non è forza maggiore : gli edifici vicini hanno resistito.

4) niente regresso a favore dei Ministeri: <<Ciò chiarito, va respinta la domanda di regresso ex art.2055 c.c. formulata dai Ministeri verso gli
altri convenuti nonché il convenuto chiamato Condominio nonché in genere verso i proprietari ai
sensi dell’art.2053 c.c.; premesso che il regresso presuppone il previo pagamento dell’intero,
elemento costitutivo di tale diritto (artt.1299, 2055 II comma c.c., che allo stato non sussiste,
apparendo inutile una pronuncia condizionata a tale eventualità, posto che il fatto del pagamento
dovrebbe comunque essere accertato e provato in un giudizio che, quand’anche nelle forme
monitorie, sarebbe comunque di cognizione) sicché non può in questa sede pronunciarsi condanna
di rimborso verso alcuno, si osserva come l’azione di regresso, presupponendo l’accertamento della
colpa, è incompatibile con una responsabilità quale quella di cui all’art.2053 c.c. che ha carattere
oggettivo e che configura anche una fattispecie di responsabilità per fatto altrui laddove accolla al
proprietario anche il vizio di costruzione, quali quelli ricorrenti e fonte del crollo (…) ed essendo
rimaste indimostrate eventuali posteriori condotte colpose dei proprietari influenti sul collasso. Va
quindi respinta la domanda verso il condominio (e/o gli altri proprietari quali al Di Nicola nonché
verso il Comune, vd. infra) e resta pertanto assorbita la domanda di garanzia del Condominio verso
Reale Mutua>>

Affermazione di  dubbia esattezza.

5) il cit. concorso di colpa: << E’ infatti fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime ai sensi dell’art.1227 I comma c.c.,
costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire – così privandosi
della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante
il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile,
concorso che, tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella
capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi
nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi in misura del 30% (art.1127 I co. c.c.),
con conseguente proporzionale riduzione del credito risarcitorio degli odierni attori.
Ne deriva che la quota di responsabilità ascrivibile a ciascun Ministero è del 15% ciascuno e per il
residuo 40% in capo agli Eredi del costruttore Del Beato>>

Affermazione pure di assai diubbia esattezza: che fa uno se di notte la terra trema un pò? Dorme in auto ogni volta che ciò succede? In Italia ciò capita spesso. Ed inoltre nel caso specifico la terra tremava da settimane o mesi…

Riproduzione del David da impresa commerciale: sulla privativa pubblica ex artt. 107-108 cod. beni culturali

Dandosi notizia nei giorni scorsi che il Ministero ha agito contro lo stilista Gaultier per illecita riproduzione sui suoi vestiti di un dipinto botticelliano (v. post  11.10.2022 in Ipkat.com), si è ricordato che non si tratta della prima azione in corte basata sugli art. 107-108 cod. beni culturali.

Un precedente sta ad es. in una articollata ordinanza cautelare di aprile 2022 sulla riproduzione a fini commerciali dell’immagine del David di Michelangelo (tratta da un suo calco, non dall’originale).

Si tratta di Trib. Firenze 11.04.2022, RG 1910-2022, rel. Governatori , Ministero Beni Culturali c.  Studi di arte Cave Michelangelo srl (è la decisione sul reclamo; v.la pure qui nel sito della soccombente).

I punti più interssanti sono:

  1. il fatto che sia tratta da calco, anzichè dall’originale;
  2. il periculum in mora, che potrebbe essere difficile ravvisare quando ad agire sia l’ente pubblico esponeniale dell’einteresse sottosrtante;
  3. se esiste undivieto di riprozen o solo di pafgare caniniu
  4. se la tutela sia solo obblitaorria (mancati canonei) o anche reale (inbizione delle condotte invioalzione
  5. ha scadenza la privativa?

Circa 1, il Tribunale ll ritiene irrilevante.

Ciorca 2, il Tribunale lo ravvisa.

Circa 3, il Tribunale pujre lo ravvisa. Dato il tenore degli artt. citt., ci pare difficile opinare diversamente.

Circa 4, la cosa è meno semplice. Tenuto conto della scarsissima disciplina di legge, la  privativa va infatti ricostruita allo stesso modo di quelle privatistiche (autore, marchi etc.)? Potrebbe infatti dirsi -è l’ostacolo concettuale maggiore- che la pubblica fruzione dell’oerpa non viene intaccata dal fatto che qualcuno ne usi sue riproduzioni a fini comemciali.

Il giudice risponde così: <<Lafruizione pubblica va dunque interpretata come un “processo di conoscenza, qualificata e compiuta,di un oggetto, di una realtà che diventa parte e patrimonio della cultura singola e collettiva”, mentrenon costituisce pubblica fruizione qualsiasi mera occasione di pubblicità per il bene culturale.Anche la riproduzione del bene culturale, quale suo uso, può pertanto avvenire solo ove sussistano icaratteri della pubblica fruizione nei termini fin qui chiariti. Ciò è del resto confermato anche dallacollocazione degli artt. 107 e 108 C.B.C. nella Parte II del testo normativo, al Titolo II, rubricatoproprio “Fruizione e valorizzazione”. Pertanto, non è sufficiente per la legittima riproduzione delbene culturale il pagamento (ancorché ex post) di un corrispettivo, poiché elemento imprescindibiledell’utilizzo lecito dell’immagine è il consenso reso dall’Amministrazione, all’esito dellavalutazione discrezionale circa la compatibilità dell’uso richiesto (e la sua eventualeconformazione) con la destinazione culturale ed il carattere storico-artistico del bene. La naturastessa del bene culturale intrinsecamente dunque esige la protezione della sua immagine, mediantela valutazione di compatibilità riservata all’Amministrazione, intesa come diritto alla suariproduzione nonchè come tutela della considerazione del bene da parte dei consociati oltre chedella sua identità, intesa come memoria della comunità nazionale e del territorio, quale nozioneidentitaria collettiva: tale contenuto configura un diritto all’immagine del bene culturale in sensopieno. L’oggetto della tutela del patrimonio culturale è infatti ivi individuato anche nella suafunzione identitaria collettiva (“memoria della comunità nazionale”): il patrimonio culturaleesprime e conserva il patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico dellacollettività, la cui protezione viene ad individualizzarsi e concretizzarsi in relazione ai singoli beniculturali>>

Circa 5, dice così: <Il Tribunale ritiene opportuno evidenziare che non sono ravvisabili i presupposti per una rimessione all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea circa la durata temporale illimitata dei Beni Culturali oltre i termini posti dalla normativa sul diritto d’autore, considerata la ben diversa dimensione della tutela del bene culturale – per i valori coinvolti come sopra esposto –  rispetto alla tutela del mero diritto d’autore>>. Ma un termine di durata c’è o no? Se si , quale? Probabilmente è un diritto di natura pubblicistica che può anche esistere privo di termine finale: non si basa sulla logica promozionale della creatività umana (e/o -talora- della ricmpensa del lavoro svolto) su cui riposa la proprietà intellettuale .

Un commento all’ordinanza fiorentina in A. Pirri Valentini, La riproduzione dei beni culturali: tra controllo pubblico e diritto all’immagine, Giornale di diritto amministrativo, 2/2023, 251 ss.

 

Le etichette poste da Facebobok sopra i post degli utenti, a seguito di fact checking, non sono diffamatorie ma esercizio del diritto di parola

Facebook pone due etichette a due post (video) di un giornalista leggermente negazionsta circa il surriscaldamento globale:

  1. Missing Context” e sotto “Independent fact-checkers say the information could mislead people.” e sotto ancora a button with the words “See Why” (premendo il quale si aprono ulteriori finestre spiegatorie)
  2. “Partly False Information” s ttto “Checked by independent fact-checkers.”, sotto ancora appare il button with the words “See Why.” (premendo il quale si aprono ulteriori finestre spiegatorie)

Il giornalista cita Fb per diffamazione.

La corte del distretto nord della California con sentenza 11 ottobre 2022 Case 5:21-cv-07385-VKD , Stossel v. Meta, però rigetta perchè, stante la disciplina anti SLAPP (mirante ad evitare inibizioni o intimidazioni della libera espressione del pensiero su temi di pubblico interesse) , l’attività di Fb è coperta dal Primo Emendamento.

E’ veo che questo si applica a espressioni di giudizi e non di fatti, p. 12 righe 10-11: però l’attività di etichettatura da fact checking consiste proprio in giudizi.

Direi che la sentenza è esatta: ci mancherebbe che la piattaforma non potesse suggerire avvertenze di possibile falsità dei post dei suoi utenti.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Diritto di marchio bloccato dal diritto di espressione (Primo Emendamento)

Saber è licenzitario esclusvii di diritto di IP su un trattore, che usa nei videgiochi da lui prodotti. Si accorge che un concorrente (Oovee) usa il medesimo trattore nei suoi videogiochi (e sulla medesima piattaforma)  : agisce  allora in corte.

Questione assi interessante a livello teorico.

La West. D.C. of Washingotn at Seattle 6 ottobre 2022 Case 2:21-cv-01201-JHC Saber INteractive c. Oovee + 3 , tuttavia, rigetta perchè i videogiochi del convenuto costituiscono expressive speech protetto dal Primo Emendamento.

<<Generally, courts apply the “likelihood-of-confusion test” when evaluating an
infringement claim under the Lanham Act.
Gordon v. Drape Creative, Inc., 909 F.3d 257, 264
(9th Cir. 2018) (citation omitted). But when “artistic expression is at issue,” the likelihood-ofconfusion test “fails to account for the full weight of the public’s interest in free expression.”
VIP Prod. LLC v. Jack Daniel’s Properties, Inc., 953 F.3d 1170, 1174 (9th Cir. 2020) (quoting
id.). “Section 43(a) protects the public’s interest in being free from consumer confusion about
affiliations and endorsements, but this protection is limited by the First Amendment, particularly
if the product involved is an expressive work.”
>>

Se l’uso del marchio altrui costituisca artistic expression, è giudicato in base alle regole poste da Rogers v. Grimaldi del 1989: precedente importante, invocato ad es. di recente anche dal giudice newyorkese nel decidere il caso sugli NFTs Hermes v. Rotschild,  su cui mio post ).

La Corte ritiene che il videogioco sia un expressive work: < Saber’s complaint states that “Spintires is an off-roading simulation that allows users to
navigate a wilderness environment in particular vehicles,” that “
Spintires allows a user to pick a
vehicle and then drive it around in the simulated world,” and that it tries to “duplicate the realworld experience of driving a particular vehicle.”
Id. at 9–10. Users interact with the virtual
world by selecting a vehicle (which is like a character) and by navigating the virtual environment
(which is like a plot). These features render the work expressive, like the video games in Brown
and VIRAG. See also Novalogic, Inc. v. Activision Blizzard, 41 F. Supp. 3d 885, 898 (C.D. Cal.
2013) (holding that the video game
Call of Duty
is an expressive work because the game features
“distinctive characters,” requires that the players “interact with the virtual environment as they
complete a series of combat missions,” and allows players to “control the fate of characters and
the world they inhabit”)>>.

Passaggi successivi: l’attore non dimosra che la artisticità prodotta dal trattore altrui è inconsistente, p. 11, nè che l’inserimento del medesimo nel videogioco è  “esplicitly misleading”, p. 11 ss.

Quindi la domanda è rigettata.

E’ poi rigettata anche quella basata su trade dress (imitazione servile, suppergiù)

Da noi in un caso analogo potrebbe forse essere pertinente l’art. 21  cod. propr. ind. (spt. c.2 oppure c.1 n. 3) , che vieta al titolare del marchio di usarlo in modo da ledere altrui diritti esclusivi di terzi, o la tutela costituzionale della libertà artistica.

Si trata della scivolosa questiopne degli usi c.d referenziali del marchio altrui.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Conflitto di interessi negli amministratori di spa: si applica l’art. 1394 cc, anzichè l’art. 2391 cc , quando il conflitto sorge solo in fase esecutiva e disattendendo la delibera del CdA

Interessante precisazione di Cass. sez. 1 n° 24.156 del 3 agosto 2022 , rel. Falabella, circa una vendita imobiliare “di cortesia” alla controllante per prezzo troppo basso:

<< In realtà, ha ricordato la parte ricorrente che, in base a quanto
esposto in citazione, il contratto era annullabile per conflitto di
interessi non solo perché la delibera era stata assunta da un consiglio
di amministrazione «privo di effettiva pluralità», ma anche in quanto
detta delibera era stata «comunque disapplicata nella parte che
autorizzava la vendita ‘ad un prezzo non inferiore al costo di
costruzione sostenuto dalla Girardi ceramiche’ […] di fatto conosciuto
essere sensibilmente superiore a quello in essa indicato».
Discende da ciò che il fallimento ricorrente aveva fatto valere,
con riguardo al tema del prezzo di compravendita, un conflitto di
interessi venuto ad emersione proprio con riguardo al momento
rappresentativo: infatti, la compravendita si perfezionò a un
corrispettivo diverso da quello predeterminato dal consiglio di
amministrazione, sicché non avrebbe potuto domandarsi
l’annullamento della delibera dell’organo gestorio (che costituiva,
invece, la fonte del criterio cui avrebbe dovuto attenersi chi
contrattava in nome e per conto della società poi fallita).

Deve infatti ritenersi che, in base alla richiamata distinzione tra momento
deliberativo e momento rappresentativo, l’annullabilità di cui all’art.
1394 c.c. abbia a configurarsi, in caso di assunzione della delibera,
non solo con riferimento a quelle parti del negozio che siano lasciate
alla discrezionalità dell’amministratore, ma anche, e a maggior
ragione, ove lo stesso amministratore dia vita al conflitto di interessi
disattendendo le indicazioni contenute nella delibera che erano atte ad
escluderlo
>>

 

Procura gestionale dagli amministratori ad un terzo? Si, purchè non troppo ampia

Cass. sez. 2 del 3 agosto 2022 n. 24.068, rel. Grasso Gius., sull’ampiezza di procura conferibile dagli amministratori ad un terzo (ex amministratore, dimessosi per rispetto delle quote rosa):

<< Palese l’intenzione della legge d’impedire cristallizzazioni di
potere, tali da esautorare o perlomeno limitare la fisiologia della
società, attraverso il divieto di nominare gli amministratori per un
periodo superiore a un triennio e il potere di revoca da parte
dell’assemblea (art. 2383 cod. civ.). Fa da pendant a tale assetto il
potere di rappresentanza generale dell’amministratore, con
l’inopponibilità ai terzi (salvo prova di dolosa preordinazione) di
eventuali limitazioni, pur se pubblicate (art. 2384 cod. civ.).
Come si vede trattasi di un ordinamento predefinito, che non
permette deroghe. L’amministratore non può spogliarsi dei suoi
poteri, ai quali corrispondono i doveri derivanti dal ruolo, delegando
a terzi d’amministrare la società, così aggirando le norme che si
sono andate esaminando, o, comunque, rendendo vieppiù difficile
verifiche, controlli e direttive.
Nel caso all’esame, addirittura non è neppure dato sapere la
durata del mandato, non ne constano limiti, o approntamento di
procedure dirette a porre bilanciamenti o a imporre
approfondimenti, giungendosi, financo, ad assegnare il potere di
costituire società all’estero o parteciparvi, senza la previsioni di
tipologia societaria, di ramo d’attività, di nazionalità, di entità della
partecipazione in relazione alla percentuale del capitale sociale.
Trattasi, in definitiva di una procura abdicativa, attraverso la
quale viene aggirato anche il dovere d’astensione in presenza di
conflitto d’interesse.
>>

Principio di diritto: All’amministratore di una società per azioni non è consentito delegare a un terzo poteri che, per vastità dell’oggetto, entità
economica, assenza di precise prescrizioni preventive, di procedure
di verifiche in costanza di mandato, facciano assumere al delegato
la gestione dell’impresa e/o il potere di compiere le operazioni
necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, di esclusiva
spettanza degli amministratori

Si trattava di censure di Consob ai sindaci per non aver rilevato la predetta anomalia.

Violazione di marchio e copyright circa il celeberrimo marchio di Patagonia da parte di un venditore su Walmart

Si consideri il seguente logo di Patagonia:

(immagine presa dal web: https://www.bergfreunde.it/patagonia-p-6-logo-responsibili-tee-t-shirt/)

e questo:

(immagine presa dal web: https://bluequillangler.com/patagonia-logo/?s=)

Ebbene, Patagonia lamenta che i suoi diritti di marchio e copyright siano violati dal segno grafico presente nelle magliette prodotte da Robin Ruth e distribuite da WalMart: si v. l’immagine a p. 2 della citazione in giudizio di cui appresso e già qui riprodotta:

Il segno è simile quanto all’elemento non denominativo, ma assai diverso rispetto a quello denominativo.

La prof. Alexandra Roberts offre il link all’atto di citaizone in giudizo presso la corte di Los Angeles.

La difesa non ragiona su questa differenza: si limita a dare per scontata l’associazione tra le due imprese:

<< In blatant disregard of Patagonia’s rights in the PATAGONIA
trademarks—and without authorization from Patagonia—Defendants have
promoted, offered for sale, and sold shirts bearing designs and logos that are nearly identical to the P-6 Trout logo and P-6 logo, only replacing Patagonia’s
PATAGONIA word mark with the word “Montana,” which inevitably will imply to
consumers that Patagonia has endorsed or authorized these products
>>.

Il caso non è semplice e bisogna distinguere tra i due marchi di Patagonia.

Ferma la uguaglianza merceologica, i segni differiscono in toto quanto alla componente denominativa , la quale ha un ruolo quantomeno coessenziale a quella a figurativa nel marchio attoreo. I nomi poi son scritti diversamente:  carattere assai peculiare nell’attore, banale nel covnenuto.

Ma può essere che alla fine il consumatore associ il marchio del secondo all’impresa del primo. E visto che basta il rischio di ciò (art. 20.1.b, cod. propr. ind.) , da noi la domanda potrebbe essere accolta .

Conclusione direi quasi certa per il secondo marchio (a forma di pesce), più difficile per il primo (solo montagna, concettualmente altro dal pesce).

Vedremo.

Uso di marchio altrui in NFTs (non-fungible tokens): respinta l’eccezione artistica e quella da diritto di parola

Il distretto sud di New York decide (per ora) la lite Hermes Int’l v. Rothschild con sentenza 18 maggio 2022, caso n 22-CV-384 (JSR) , rigettando l’istanza di dismissal del convenuto.

L’attore è la nota casa di moda Hermes (H.) . Convenuto è l’artista digitale Mason Rotschild (R., proveniente dal mondo della moda) che ha creato e diffuso in commercio NFTs riproducenti le esclusive borse Hermes “Birkin”, chiamandole “MetaBirkins” (anche se con qualche modifica: sfuocatura + copertura di pelliccia).

H. aziona il diritto di marchio. R. si difende in primis eccependo l’artisticità e invocando il Primo Emendamento sulla base del precedente Rogers v. Grimaldi del 1989 (effettivamente abbastanza simile , relativo al film Ginger e Fred di Fellini).

La corte concede che si applichi il test ideato dal precedente cit. ma non lo ritiene soddisfatto perchè: 1) l’uso del marchio è artisticamente non necessitato (è un pretesto), 2) è anche misleading circa l’origine del prodotto.

L’uso nel commercio di segni distintivi iconici altrui (sopratutto dell’alta moda) sta diventando un tema importante e di non facile soluzione.

IN linea di principio, essendo forte il rischio di approfittamento della notorietà altrui, l’eccezione di esercizio di un diritto fondamentale (libertà di critica o di espressione) sarà da accogliere solo in pochi e evidenti casi.

DA un lato si potrebbe dire che anche chi sta nel commercio -seppur da artista; o anche non da artista, caso ancora più complicato- ha diritto di esprimersi sui temi socioculturali; dall’altro però potrebbe replicarsi che lo dovrebbe fare non nella sede commerciale ma come privato (perchè mai non in sede artistica, si potrebbe controreplicare, trattandosi di artista) e/o che vi sia un minimo di elaborazione culturale nella proposta artistica che poi cade sub iudice.

Il nostro art. 21.1 cpi  pone si il criterio genrale della correttezza professionale ma poi non menziona il diritto di artista e/o di parola.  Forse con molto sforzo lo si potrebbe ravvisare nella lettera c).

Riporto solo il passagggio in sentenza su concetto e pratica di NFTs, che non tutti ancora conoscono:

<<FTs, or “non-fungible tokens,” are units of data stored on a blockchain that are created to transfer ownership of either physical things or digital media. Id. ¶ 4. When NFTs are created, or “minted,” they are listed on an NFT marketplace where NFTs can be sold, traded, etc., in accordance with “smart contracts” that govern the transfers. Id. ¶¶ 61, 63. Because NFTs can be easily sold and resold with a transaction history securely stored on the blockchain, NFTs can function as investments that can store value and increase value over time. Id. ¶ 69.

When an NFT is linked to digital media, the NFT and corresponding smart contract are stored on the blockchain and are linked to digital media files (e.g., JPEG images, .mp4 video files, or .mp3 music files) to create a uniquely identifiable digital media file. Id. ¶ 60. The NFTs and smart contracts are stored on the blockchain (so that they can be traced), but the digital media files to which the NFTs point are stored separately, usually on either a single central server or a decentralized network. Id. ¶ 62.

This means that an NFT could link to a digital media file that is just an image of a handbag or could link to a different kind of digital media file that is a virtual handbag that can be worn in a virtual world. Fashion companies are just starting to branch out into offering virtual fashion items that can be worn in virtual worlds online (most commonly, for now, in the context of videogames, but with potential to expand into other virtual worlds and platforms as those develop), and NFTs can be used to create and sell such virtual fashion items. However, while Hermes calls what Rothschild sells “digital handbags,” they do not dispute that what Rothschild sells are digital images of (faux fur, not leather) Birkin bags, and not virtually wearable Birkin bags.

Fashion brands are beginning to create and offer digital replicas of their real-life products to put in digital fashion shows or otherwise use in the metaverse. Am. Compl. ¶ 66. NFTs can link to any kind of digital media, including virtual fashion items that can be worn in virtual worlds online. Id. Brands sometimes partner with collaborators in offering co-branded virtual fashion products. Id. ¶ 67.>>

Decisione confermata da US DISTRICT COURT- SOUTHERN DISTRICT OF NEW YORK, caso 22-cv-384 (JSR), del 5 ottobre 2022 , che rigetta la domanda di interlocutory review..

Anzi si legge (ad es in reuters.com)  che l’8 febbraio 2023 sarebbe stato emesso il rigetto definitivo dell’appello.

V. ora il saggio di Rebecca Tushnet, Bad Spaniels, Counterfeit Methodists, and Lying Birds: How Trademark Law Reinvented Strict Scrutiny (March 13, 2023) : approfondita rassegna in vista della decisione della Corte Suprema nel caso Bad Spaniels v. Jack Daniel’s relativo alla parodia del primo verso il secondo.

Danno non patrimoniale da omessa diagnosi tempestiva: non valgono le tabelle giurisprudenziali

Si legge in Cass. sez 3, del 3 ottobre 2022 n. 28.632, rel. Scarano:

<<Atteso che nella liquidazione equitativa (financo nella sua forma c.d. “pura”) non può prescindersi dalla considerazione che – come detto – essa consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, si è da questa Corte posto in rilievo come pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale il giudice sia chiamato a dare in motivazione conto della operata valutazione di ciascuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento, con la conseguenza che laddove non risultino indicate le ragioni dell’operato apprezzamento né richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre nel vizio di nullità per difetto di motivazione (v. Cass., 13/9/2018, n. 22272), non potendo al riguardo valorizzarsi del tutto generiche ed apodittiche indicazioni.>.

E poi, soprattutto:

<<Dopo aver dato atto che “contrariamente a quanto avviene per il caso di danno non patrimoniale per lesione all’integrità fisica” per il “danno per omessa tempestiva diagnosi” non soccorrono “le note tabelle di elaborazione giurisprudenziale”, ha espressamente affermato di dover al riguardo valutare “tutte le circostanze del caso concreto ed, in particolare, l’età del paziente al momento della morte (anni 58), il periodo di ritardo intercorso fra il primo accertamento diagnostico (30.10.1997), la diagnosi di tumore (6.10.1998) e l’intervenuto decesso (17.12.1998), le condizioni generali di salute del paziente nei mesi intercorsi tra il primo accertamento e l’effettiva corretta diagnosi, come risultanti dalla documentazione medica esaminata dal CTU”, da cui “in particolare emerge… che il de cuius, di professione tassista, nel periodo sopra considerato avvertiva dolori al torace, dispnea da sforzo, tosse scarsa, che… mai lo hanno costretto ad un blocco totale della sua attività”, come confermato “dalla relazione clinica del 19.11.1998… a riprova del fatto che, nei mesi precedenti ben avrebbe potuto il D., ove avesse avuto piena contezza delle proprie effettive condizioni di salute, gestire in modo autonomo e con piena consapevolezza esistenziale la propria vita, in vista dell’inevitabile esito finale”.

Elementi che questa Corte ha invero ritenuto da prendersi correttamente in considerazione nella liquidazione del danno in via equitativa ex art. 1226 c.c., anche in altra ipotesi del pari non contemplata – diversamente che da quelle di Roma- dalle Tabelle di Milano (cfr., con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale, Cass., 29/9/2021, n. 26300; Cass., 21/4/2021, n. 10579).>>