Tumore da uso prolungato di cellulare: riconosciuto il nesso causale anche da appello Torino

Appello Torino del 2 novembre 2022, sent. n° 519/2022, RG 496/2020, Grillo Pasquarelli cons. rel., confermando il primo grado nella causa promossa dal dipendente danneggiato contro l’INAIL, riconosce il nesso di causalità.

Uso per circa quattro ore al giorno , senza auricolare e sempre all’orecchio sinistro (per pregressa lesine al destro).

Telefono a tecnologia Etacs sistema GSM 2G.

riporto solo questi passggi:

<<- l’effetto oncogenetico appare correlato con la durata di
utilizzo;
– non esistono prove certe su altri possibili fattori etiologici del
neurinoma dell’VII;

Si conclude pertanto che, per quanto attiene la genesi del
neurinoma dell’VIII nervo cranico di sinistra nel caso del
Signor Nania, non vi sia certezza ma elevata probabilità
(probabilità qualificata) che l’utilizzo del telefono cellulare
possa essere considerato come fattore concausale in quanto:
– la lesione è insorta omolateralmente all’orecchio utilizzato per
le telefonate (orecchio sinistro – il soggetto è destrimane, per cui
l’orecchio dominante è il destro, ma la grave sordità insorta a
destra nel 1987 lo ha costretto a utilizzare l’orecchio di
sinistra);
– ha fatto un utilizzo del telefono cellulare per 2 ore e mezza al
giorno dal 1993 al 2008 con un telefono analogico; su questo
elemento si pongono alcuni dubbi in quanto i sistemi analogici
sono stati ritirati dal commercio a fine 2005; quindi è evidente
che almeno negli ultimi 3 anni il Signor Nania ha certamente
utilizzato sistemi digitali;
– l’esposizione a radiofrequenze di elevata intensità è durata 7
anni, se si ammette il passaggio a sistemi a bassa produzione di
radiofrequenze nel 2000, anno di introduzione in commercio dei
sistemi GSM 3G, o 12 anni, se ci si riferisce all’anno di
dismissione del sistema ETACS;
– il periodo di circa 15 anni tra la prima esposizione alle
radiofrequenze per utilizzo di telefonia mobile e la diagnosi di
neurinoma dell’acustico appare compatibile con la storia
naturale della malattia;
– sulla base dei dati di letteratura si esclude che l’esposizione
alle radiofrequenze prodotte dal telefono in situazione di standby
non possa essere considerata come rischiosa e non debba
essere computata nel calcolo del rischio”.

“Tuttavia non è vero che in materia di malattia multifattoriale, il
nesso causale con l’attività lavorativa non possa essere lo stesso
identificato, dovendo soltanto il giudice procedere agli
accertamenti del caso concreto rispettando i criteri
sopraindicati, ricavati in base alla giurisprudenza consolidata
di questa Corte (…). I quali confermano che, anche dinanzi
all’eventuale intreccio dei fattori causali, il giudice (…) possa
pervenire lo stesso all’identificazione del nesso causale. La
nostra giurisprudenza (…), infatti, ha rifiutato un approccio
rigidamente deterministico al tema causale ed ha ribadito che
non è indispensabile che si raggiunga sempre la certezza
assoluta, una connessione immancabile, tra i due termini del
nesso causale; essendo sufficiente allo scopo una relazione di
tipo probabilistico; purché la prova della correlazione causale
tra fatto ed evento attinga, nel singolo caso concreto, non già ad
una qualificata probabilità di tipo quantitativo o statistico, bensì
ad un livello di ‘alta probabilità logica’ (tipica
dell’accertamento dei fatti all’interno del processo), essendo
impossibile nella maggior parte dei casi ottenere la certezza
dell’eziologia.
Allo scopo, perché l’evento risulti attribuibile ad un agente
partendo da una indagine epidemiologica o da una legge
statistica (anche con una frequenza medio-bassa) è necessario
dimostrare nel singolo caso, in modo razionalmente
controllabile, che senza il comportamento dell’agente, con un
alto grado di probabilità logica, l’evento non si sarebbe
verificato (attraverso l’impiego del c.d. giudizio controfattuale).
Occorre, in sostanza, che le informazioni rilevanti sul piano
della causalità generale (la c.d. legge scientifica o di copertura)
vengano confrontate con le specifiche emergenze relative al caso
concreto, perché si possa restringere lo spettro delle possibili
cause alternative” (Cass. 6954/2020)”

In caso di esclusione del socio accomandatario dalla SAS, cessa ipso iure la sua qualità di amminstratore : sulla distinzione tra rapporto sociale e rapporto amministrativo

Cass. sez. I del 5 settembre 2022 n. 26.059, rel. D’Orazio:

<<6.1. Invero, per questa Corte in tema di amministrazione nella società in accomandita semplice, per effetto della regola per cui l’amministratore non può che essere un socio accomandatario, l’eventuale esclusione di questi dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale a lui facente capo, ne comporta “ipso iure” anche la cessazione dalla carica di amministratore (Cass., sez. 1, 26 settembre 2016, n. 18844). Si è chiarito che la revoca dell’amministratore e l’esclusione del socio, nelle società di persone, costituiscono situazioni affatto distinte, legate a presupposti non necessariamente coincidenti, sicché non è possibile sovrapporre la disciplina legale dell’una figura a quella dell’altra, né implica che l’eventuale revoca della carica di amministratore incida di per sé sul perdurare del rapporto sociale (Cass., sez. 1, 8 aprile 2009, n. 8570; Cass., sez. 1, 29 novembre 2001, n. 15197); tuttavia, si è osservato che nella società in accomandita semplice l’amministratore non può che essere un socio accomandatario, sicché la sua esclusione dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale, automaticamente comporta anche la cessazione della carica di amministratore.

In dottrina ed in giurisprudenza si è anche affermato che il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarità o illiceità commesse dall’amministratore determinino, non solo la revoca del mandato, ma anche l’esclusione del socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela della finalità e degli interessi dell’ente (Cass., sez. 1, 9 marzo 1995, n. 2736); ciò in quanto, indipendentemente dagli obblighi che incombono sull’amministratore-socio, vi è un obbligo fondamentale che deriva dalla sua qualità di socio, costituito dal dovere di non compiere atti che, per essere in contrasto con i fini della società, configurino insidia per la compagine sociale>>.

Tutto giusto, ma abbasta mainstream: nessuno spunto innovativo.

L’ Artificial Intelligence Act prosegue la sua strada. Presentata bozza per COREPER in vista del Consiglio UE

Il regolamento sulla intelligenza artificiale prosegue la sua strada.

il 2 novembre 2022 è stata diffusa la bozza preparata per il COREPER in vista dell’esame del Consiglio UE.

Link all’ultima versione -con evidenziazione delle modifiche- ad es. qui  tratto da https://artificialintelligenceact.eu/documents/ , ove anche tutti gli altri testi provvuisori in utile ordine cronologico.

L’atto non va confuso con la proposta di regolamento sulla resposnabilità civile per l’intelligenza artificiale decisa il 20 ottobre 2020 dal Parlamento UE , titolata <Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2020 recante raccomandazioni alla Commissione su un regime di responsabilità civile per l’intelligenza artificiale (2020/2014(INL)>,  n° P9_TA(2020)0276   A9-0178/2020 .

Di questo ultimo atto riporto solo la disposizione sulla responsabilità per i sistemi AI non ad alto rischio (è un rovesciamento dell’onere della prova rispetto alla consueta interpretazione del nostro art  2043 cc):

<< Articolo 8  Regime di responsabilità per colpa per gli altri sistemi di IA

1. L’operatore di un sistema di IA che non si configura come un sistema di IA ad alto rischio ai sensi dell’articolo 3, lettera c), e dell’articolo 4, paragrafo 2, e che di conseguenza non sia stato inserito nell’elenco contenuto nell’allegato al presente regolamento, è soggetto a un regime di responsabilità per colpa in caso di eventuali danni o pregiudizi causati da un’attività, dispositivo o processo fisico o virtuale guidato dal sistema di IA.

2. L’operatore non è responsabile se riesce a dimostrare che il danno o il pregiudizio arrecato non è imputabile a sua colpa per uno dei seguenti motivi:

a) il sistema di IA si è attivato senza che l’operatore ne fosse a conoscenza e sono state adottate tutte le misure ragionevoli e necessarie per evitare tale attivazione al di fuori del controllo dell’operatore, o

b) è stata rispettata la dovuta diligenza con lo svolgimento delle seguenti operazioni: selezionando un sistema di IA idoneo al compito e alle competenze, mettendo debitamente in funzione il sistema di IA, monitorando le attività e mantenendo l’affidabilità operativa mediante la periodica installazione di tutti gli aggiornamenti disponibili.

L’operatore non può sottrarsi alla responsabilità sostenendo che il danno o il pregiudizio sia stato cagionato da un’attività, dispositivo o processo autonomo guidato dal suo sistema di IA. L’operatore non è responsabile se il danno o il pregiudizio è dovuto a cause di forza maggiore.

3. Laddove il danno o il pregiudizio sia stato causato da un terzo che abbia interferito con il sistema di IA attraverso la modifica del suo funzionamento o dei suoi effetti, l’operatore è comunque tenuto a corrispondere un risarcimento se tale terzo è irrintracciabile o insolvibile.

4. Il produttore di un sistema di IA è tenuto a cooperare con l’operatore o con la persona interessata, su loro richiesta, e a fornire loro informazioni, nella misura giustificata dall’importanza della pretesa, al fine di consentire l’individuazione delle responsabilità>>.

Ora è pure stata adottata la posizione comune del Consiglio: v. press release 6 dicembre 2022 .

Ponderosa (in fatto) decisione del Tribunale UE su disegno/modello comunitario

Vedo ora notizia di sentenza europea sul design di <canalette di scarico per doccia> ottenuta in registrazione ex reg. 6 del 2002 ma la cui valdità è contestata per vari motivi (artt. da 4 a 9)

Decide il Trib. UE 27.04.2022 , T-327/20, GROUP NIVELLES v. EUIPO + il controinteressato.

in sede amminstativa prima la registrazione era stato annullata ma poi in reflamo era stata ristabiita la privativa.

Il Tribunale conferma la decisione di reclamo.

Si tratta di sentenza ricca in fatto, meno in diritto.

SArà da me esaminata più avanti

Sui gravi motivi perchè il conduttore possa recedere dalla locazione commerciale

Sentenza di legittimità di dubbia esattezza sull’oggetto.

Secondo la’rt. 27 u.c. legge equo canone (392 del 78) il conduittore può smepre recedere con rpeeavviso di sei mesi se ricorrono “gravi motivi”.

Ebbene, secondo Cass. sez.III del 9 settembre 2022 n. 26.618, rel.Condello, la comuncaizone del motivo “per cessata attività” non integra trale requisito, dovendosi anche sopecificare uil motivo di tale cessazione.

6.6. Orbene la decisione impugnata incorre in un errore di sussunzione, giacché, nel caso in esame, la ragione di recesso indicata nella comunicazione era assolutamente inidonea a integrare a livello di indicazione come motivo del negozio di recesso una circostanza integrante “grave motivo”, giacché il dire che si vuole recedere per cessazione dell’attività nei locali (questo significa il “per cessazione dell’attività in essi”) sottende una motivazione che, non esternando la ragione giustificativa della cessazione, ne impedisce la riconduzione ad una ragione apprezzabile come idonea a determinare l’interruzione dell’impegno al rispetto del sinallagma.

Peraltro, la Corte d’appello adducendo che “cessazione dell’attività in essi” significasse, in contrasto con il tenore del recesso, cessazione dell’attività imprenditoriale e, collocandosi al di fuori del percorso segnato dai principi sopra indicati, non ha considerato che la ragione di recesso indicata dalla conduttrice costituisce una mera dichiarazione di volontà di cessare l’attività commerciale in quei locali, riconducibile ad una libera scelta della conduttrice e non ad un fatto estraneo alla sua volontà, come tale non idonea ad integrare i “gravi motivi” di cui all’art. 27, u.c., citato, posto che, in difetto di specificazione dei motivi sottesi alla volontà di non proseguire l’attività, essa non può che essere ricondotta ad una soggettiva valutazione imprenditoriale non conseguente a fattori obiettivi.

Neppure rileva, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di appello, che l’odierna ricorrente nella corrispondenza intercorsa con la conduttrice non abbia mosso contestazioni “in fatto” in ordine alla fondatezza del motivo indicato nella comunicazione di recesso, atteso che alla genericità del motivo addotto dalla conduttrice a giustificazione del recesso anticipato non può corrispondere l’onere, della parte locatrice, di una contestazione tempestiva e specifica dello stesso, e ciò anche in chiave di tendenziale contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti del contratto, in una prospettiva di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici e di certezza delle situazioni giuridiche.”

Direi invece che la cessazione dell’attività è un fatto imprenditrioalmente così significativo che al proprietario può bastare: conoscerne i motivi è un di più e potrebbe anche ledere la privacy del conduttore.

Titolarità dei diritti sulla creazione: all’appaltatore o al committente? dipende se è opera dell’ingegno o meno

Interessante fattispecie concreta decisa da Cass. 15.06.2022 n. 19.335, rel. Scotti, sez. 1, relativa ai diritti sui file creati da una agenzia pubblicitaria per l’azienda committente. In particolare la domanda giudiziale pare chiedesse la restituzione dei file aperti , usati per creare i file c.d. esecutivi (poi usati per creare materiali pubblicai vari).

1. La s.r.l. B.B. Farma, società farmaceutica operante nel settore dell’importazione parallela di farmaci, ha evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la s.r.l. Imagine, agenzia di grafica, per sentirla condannare alla restituzione dei files aperti, ossia dei files informatici in formato sorgente, apribili e modificabili, sulla base dei quali la convenuta aveva realizzato per conto di BB Farma, in assenza di un contratto scritto, nel periodo 2006-2012 i files grafici esecutivi, relativi a immagini di confezioni, foglietti illustrativi e materiale pubblicitario inerente ai farmaci che essa importava e commercializzava.

Nel punto di interesse, la SC dice che il diritto sarebbe spettato alla committente se l’incrico avesse avuto riguardato opere dell’ingegno.
Ma ciò non risulta dal fascicolo, dal quale emerge invece che si trattava solo di appalto ordinario. A questo però non si può applicare l’elaborazione di dirito di autore relativa al chi spettino i diritti sull’opera dell’ingegno creata tramite lavoro altrui (autonomo o dipendente).

<<Nel caso in esame, invece, non è affatto pacifico e nemmeno accertato che la prestazione demandata da B.B. Farma a Imagine fosse l’elaborazione di un’opera dell’ingegno, ossia la creazione del file sorgente: questo, nella ricostruzione della sentenza impugnata, era solo un passaggio operativo per adempiere alla prestazione contrattuale di consegna dei files esecutivi.>>

L’accertamento del tipo di contratto è questione di fatto, dice la SC (in realtà tali sono solo i fatti storici: la loro qualificazione giuridica, no).

Ora , bisogna distinguere a seconda che si intenda che la creazione di opera dell’ingegno era stata programmata ex ante oppure che non lo fosse stata ma che pur tuttavia questa sia stata nell’occasione creata dall’appaltatore.

Infine la Sc aderisce alla teoria più diffusa circa il titolo di acquisto del diritto di autore:  “Molto si è discusso, inoltre, sull’acquisto a titolo originario o derivativo dei diritti di utilizzazione economica sull’opera dell’ingegno da parte del committente; appare convincente al riguardo l’autorevole opinione che, dopo aver distinto fra carattere e modo dell’acquisto, lo ha qualificato derivativo ma effetto del contratto con l’impresa committente, secondo uno schema concettuale analogo a quello disciplinato dal codice per la vendita di cosa futura ex art. 1472 c.c..”