Cass. 27.01.2023 n. 2605 , sez. 1, rel. Tricomi, sull’oggetto.
Non ci sono passaggi particolrmente interessanti: ripete dicta noti in materia e si sofferma su fatti storici come ragionati dalla corte di appello.
Si trattava di domanda risarcitoria da diffamazioen aggravata a mezzo stampa (art. 13 L. 47/1948) promossa dall’ex pm.-
La SC ha respinto il ricorso e confermato la decisione di appello, che aveva condannato Berlusconi ad un risarcimento di euro 50.000,00
<< 2.6.- Come affermato da questa Corte, con consolidato principio qui confermato, in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione, la valutazione dell’esistenza o meno dell’esimente dell’esercizio dei
diritti di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti in fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità se sorretti da argomentata motivazione; pertanto, il controllo affidato alla Corte di cassazione è limitato alla verifica dell’avvenuto esame, da parte del giudice del merito, della sussistenza, con riferimento al diritto di cronaca e di critica, dei requisiti della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie, nonché al sindacato della congruità e logicità della motivazione, secondo la previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile “ratione temporis”, restando estraneo al giudizio di legittimità l’accertamento relativo alla capacità diffamatoria delle espressioni in contestazione (Cass. n. 18631/2022; Cass. n. 5811/2019; Cass. n. 6133/2018, tra molte)” >>.
Errore: solo la parte in rosso è fatto, il resto è diritto!
Sull’esimente del diritto di critica:
<< E’ stato più volte affermato, nell’ambito del diritto di critica, che i presupposti per il legittimo esercizio della scriminante di cui all’art. 51 c.p., con riferimento all’art. 21 Cost., sono: a) l’interesse al racconto, ravvisabile anche quando non si tratti di interesse della generalità dei cittadini ma di quello della categoria di soggetti ai quali, in particolare, si indirizza la comunicazione; b) la continenza, ovvero la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti da intendersi nel senso che l’informazione non deve assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro; c) la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti; d) l’esistenza concreta di un pubblico interesse alla divulgazione (in tema, Cass. n. 2357/2018, in linea con una costante giurisprudenza; v. sul punto Cass. n. 15443/2013,).
Tale insegnamento è stato ulteriormente ribadito dall’ordinanza n. 38215/2021, nella quale si è detto che il diritto di critica, quale estrinsecazione della libera manifestazione del pensiero, ha rango costituzionale al pari del diritto all’onore e alla reputazione, sul quale tuttavia prevale, scriminando l’illiceità dell’offesa, a condizione che siano rispettati i limiti della continenza verbale, della verità dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica.
In relazione, specificamente, al diritto di critica politica – nel quale si inserisce la vicenda odierna – è stato ribadito che esso consente l’uso di toni aspri e di disapprovazione anche pungenti, purché sempre nel rispetto della continenza, da intendere come correttezza formale e non superamento dei limiti di quanto strettamente necessario al pubblico interesse (Cass. n. 841/2015).
E’ stato parimenti affermato, con varie sfumature, che trascende i limiti del diritto di critica l’aggressione del contraddittore, sebbene compiuta in clima di accesa polemica, risoltasi nell’accusa di perpetrazione di veri e propri delitti o comunque di condotte infamanti, in rapporto alla dimensione personale, sociale o professionale del destinatario (Cass. n. 11769/2022; Cass. n. 7274/2013). Così come si è detto che in tema di diffamazione a mezzo stampa, l’applicabilità della scriminante rappresentata dalla continenza verbale dello scritto che si assume offensivo va esclusa allorquando vengano usati toni allusivi, insinuanti, decettivi, ricorrendo al sottinteso sapiente, agli accostamenti suggestionanti, al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, all’artificiosa drammatizzazione con cui si riferiscono notizie neutre e alle vere e proprie insinuazioni (Cass. n. 27592/2019)>>.