Cass. sez 1 del 14.04.2023 n. 10.031, rel. Conti:
<<Giova premettere che questa Corte ha avuto modo di ribadire che gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perchè stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all’art. 160 c.c. Ne consegue che di tali accordi non può tenersi conto non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto necessario a soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente tali esigenze, in quanto una preventiva pattuizione potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio (Cass., n. 11012/2012; Cass., n. 2224/2017; Cass., n. 20745/2022 e Cass., n. 28483/2022).
Si tratta di un indirizzo risalente (Cass. nn. 2955/98, 1315/96, 9416/95, v. anche Cass. n. 1801/2000) secondo il quale “il principio dell’indisponibilità dei diritti è motivato dalla riflessione che gli accordi preventivi possono condizionare il comportamento delle parti non solo per i profili economici preconcordati ma – quando sono accettati in funzione di prezzo o contropartita per il consenso al divorzio – anche per quanto attiene alla volontà stessa di divorziare, venendo così ad incidere su uno status personale ed a limitare la libertà di difesa nel successivo giudizio di divorzio. Fino alla pronuncia del divorzio i soggetti sono legati dal vincolo coniugale e non possono pertanto derogare ai diritti ed ai doveri derivanti dal matrimonio”).
Un orientamento parzialmente diverso si è manifestato per effetto di altre pronunce di questa Corte che hanno sancito l’efficacia di accordi patrimoniali futuri tra i coniugi, quali espressione della loro
autonomia contrattuale diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 c.c. (Cass., 21 dicembre 2012, n. 23713; Cass., 8 novembre 2006, n. 23801).
In questa direzione, Cass. n. 24261/2015 ha ritenuto, superando l’indirizzo tradizionale orientato a considerare gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perchè in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (tra le altre, cfr. Cass. n. 6857/1992), che “l’accordo delle parti in sede di separazione o di divorzio (e magari quale oggetto di precisazioni comuni in un procedimento originariamente contenzioso) ha natura sicuramente negoziale, e talora dà vita ad un vero e proprio contratto (Cass. n. 18066/2014; Cass. n. 19304/2013; Cass. n. 23713/2012).
Di recente questa Corte ha poi ritenuto che in tema di soluzione della crisi coniugale, ove in sede di separazione i coniugi, nel definire i rapporti patrimoniali già tra di loro pendenti e le conseguenti eventuali ragioni di debito-credito portate da ciascuno, abbiano pattuito anche la corresponsione di un assegno dell’uno e a favore dell’altro da versarsi “vita natural durante” il giudice del divorzio, chiamato a decidere sull’an dell’assegno divorzile, dovrà preliminarmente provvedere alla qualificazione della natura dell’accordo inter partes, precisando se la rendita costituita (e la sua causa aleatoria sottostante) “in occasione” della crisi familiare sia estranea alla disciplina inderogabile dei rapporti tra coniugi in materia familiare, perchè giustificata per altra causa, e se abbia fondamento il diritto all’assegno divorzile (che comporta necessariamente una relativa certezza causale soltanto in ragione della crisi familiare)” – cfr. Cass., n. 11012/2021>>
(testo preso da da www.osservatoriofamiglia.it).