Cass. sez. I n. 13.420 del 16 maggio 2023, rel. Russo:
in astratto:
<Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cass. s.u. n. 18287 dell’11.07.2018) il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5 comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudice deve quantificare l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge, intesa in una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza ma ancorata ad un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive (cass. 07.12.2021, n. 38928; 08.09.2021, n. 24250). È vero che il richiedente deve dare la prova della oggettiva impossibilità di procurarsi i mezzi adeguati, ma la prova si può raggiungere anche tramite presunzioni e con valutazione resa in concreto alla attualità. Il giudizio sull’adeguatezza dei redditi, infatti, deve essere improntato ai criteri dell’effettività e concretezza non potendo esso risolversi in un ragionamento ipotetico, i cui esiti
vengano ricalcati su pregressi contesti individuali ed economici non più rispondenti, all’attualità, a quello di riferimento (cass. 19.11.2021, n. 35710)>>
In concreto:
<3.2.- Di questi principi la Corte di merito non ha fatto corretta applicazione, poiché nel valutare i requisiti per riconoscere un assegno con funzione assistenziale, ha svolto un ragionamento ipotetico, dando rilievo a vicende pregresse, esposte peraltro in termini dubitativi, osservando che il richiedente “avrebbe (non è chiaro quando) cessato l’attività lavorativa non essendo dato conoscere neppure se l’attività redditizia di commercio di materiale fotografico e altro e -parrebbe- la titolarità di quote sociali siano state cedute a terzi”; considerazioni che vengono collegate al rilievo che nel periodo tra il 1995 ed il 2007 egli ha “certamente avuto qualche risorsa” poiché nessun contributo era previsto in sede di separazione nè, in via provvisoria, nel giudizio di divorzio. Vicende appunto pregresse, delle quali -proprio perché ricostruite in termini vaghi- non si apprezza l’incidenza sulla attuale condizione economica del richiedente che, come lo stesso giudice d’appello rileva, ha documentato una invalidità del 46% e ha dedotto di essere privo di redditi e di cespiti, a fonte invece di una condizione della ex moglie più favorevole (pensionata e con proprietà della casa di abitazione). Del resto, l’assenza di contributo al mantenimento nelle condizioni di separazione non è elemento di per sé sufficiente a escludere il dritto all’assegno divorzile, posto che le valutazioni dell’assetto economico effettuate in sede di separazione rappresentano, al più, un mero indice di riferimento (cass. 22.09.2021, n. 25635).
Anche in punto di diligenza del ricorrente nel reperire una attività lavorativa, compatibile con le sue attuali condizioni di salute, la Corte rende un giudizio ipotetico, non calibrato alla attualità, perché ha molto valorizzato la circostanza che l’E., iscritto nelle liste di disponibilità immediata al lavoro sin dal 2010, ne è stato dichiarato decaduto nel febbraio 2015 -vicenda dovuta secondo il ricorrente ad un fraintendimento- senza tener conto che egli si è nuovamente iscritto in data 4 dicembre 2017 e tale risultava ancora al 18 marzo 2019, e cioè quando ha avanzato la pretesa di revisione delle condizioni di divorzio. Risultava inoltre ancora iscritto al 28 ottobre 2020, ma senza riferimento alla condizione di disabilità, il che ha portato la Corte, anziché a valorizzare la continuità nella ricerca -infruttuosa- di un lavoro, a rendere un altro giudizio ipotetico e dubitativo (“non potendosi escludere che il quadro complessivo delle condizioni dell’odierno reclamante sia in seguito migliorato”), non fondato su certificazione medica o accertamento sanitario, e ciò nonostante la deduzione del ricorrente di essere stato vittima di un altro incidente stradale nel 2016, la documentazione prodotta e la richiesta di prove testi e di consulenza medica.
Così operando la Corte non ha in concreto verificato, e nonostante le premesse sulla ammissibilità della domanda di revisione, se le attuali condizioni del ricorrente fossero effettivamente quelle dedotte in base alle prove offerte, e tali da richiedere l’applicazione del principio di solidarietà post- coniugale, che non è esclusa dalla circostanza che per lungo tempo egli abbia provveduto a sé stesso autonomamente ovvero anche -come da lui dedotto- con l’aiuto del padre, il cui intervento non varrebbe comunque ad esonerare l’ex coniuge dai suoi obblighi (cass. n. 15774 del 23.07.2020; 14.06.2016, n. 12218)>>.
<In sintesi, deve qui ribadirsi che ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile è sufficiente anche verificare, in concreto e all’attualità, l’esigenza assistenziale, che ricorre ove l’ex coniuge sia privo di risorse economiche bastanti a soddisfare le normali esigenze di vita, sì da vivere autonomamente e dignitosamente, e non possa in concreto procurarsele, pur se in ipotesi abbia già goduto in passato di risorse sufficienti ad assicurarne il sostentamento nel periodo intercorrente tra la separazione e il divorzio, posto che tanto la sussistenza di mezzi adeguati che la diligenza spesa nel tentativo di procurarseli sono da valutare alla attualità, tenendo conto delle condizioni personali, di salute e del contesto individuale ed economico in cui agisce il richiedente>>.