Confermato l’obbligo di inserire la formula per il c.d. mark to market nei contratti derivati

App. Milano 1629/2023 del 19 maggio 2023, RG 19.05.2023, rel. Ferrari, cofnerma Cass. sez. un. 8779/2020 (su cui v. mio post), la quale chiede l’elemento conteutistico di cuinel titolo in oggetto per la determinabilità dell’oggetto:

<<va indicata la formula matematica per la determinazione del mark to market. In tale
contratto, a prescindere da quale sia la causa in concreto (se, cioè, sia una causa di
copertura dal rischio di rialzo dei tassi di interesse ovvero una causa speculativa),
devono necessariamente essere resi espliciti i cd. “scenari probabilistici”, necessari
perché le parti possano conoscere non solo il valore del mark to market, ma anche la
“misura dell’alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti e oggettivamente condivisi”.
L’assenza di tali parametri, da ritenersi essenziali, determina la nullità dell’intero
contratto di interest rate swap, vuoi perché l’oggetto del contratto risulterebbe
indeterminato e indeterminabile, vuoi perché la causa, da ritenersi atipica, risulterebbe
immeritevole di tutela o, ancora, vuoi perché non risulterebbe raggiunto l’accordo tra
le parti su un aspetto essenziale del contratto. Nella fattispecie in esame, è pacifico
che nel contratto concluso tra le parti (operazione in derivati denominata Interest Rate
swap liability) non sia esplicitato alcun dato che possa ricondursi alla nozione di
“scenario probabilistico”; pertanto il contratto in questione deve ritenersi nullo, con
conseguente obbligo di restituzione delle somme versate. Né rivestono rilevanza ai
fini del decidere le prove orali offerte dall’appellante: i capitoli di prova orale sono
superflui, in quanto tendenti a confermare il contenuto dei documenti versati in atti>>.

Il marchio denominativo EMMENTALER è descrittivo, ed anche come marchio collettivo., dice il Trib. UE

Trib. UE 24.05.2023, T-2/21, Emmentaler Switzerland c. EUIPO

Dal comunicato-stampa odierno della Corte:

<<Da un lato, per quanto riguarda il carattere descrittivo del marchio richiesto, il Tribunale ritiene, alla luce degli indizi presi in considerazione dalla commissione di ricorso, che il pubblico di riferimento tedesco comprenda immediatamente il segno EMMENTALER come designante un tipo di formaggio. Dato che, affinché un segno sia rifiutato alla registrazione, è sufficiente che esso abbia carattere descrittivo in una parte dell’Unione, la quale può essere eventualmente costituita da un solo Stato membro, il Tribunale ha dichiarato che la commissione di ricorso ha giustamente concluso che il marchio richiesto è descrittivo, senza che sia necessario esaminare gli elementi che non riguardano la percezione del pubblico di riferimento tedesco.
Dall’altro lato, per quanto riguarda la tutela del marchio richiesto in quanto marchio collettivo, il Tribunale ricorda che l’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 prevede che, in deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento, possono costituire marchi collettivi segni o indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi in questione. Tuttavia, tale disposizione deve essere sottoposta ad un’interpretazione restrittiva. In tal senso, la sua portata non può comprendere i segni che sono considerati come un’indicazione della specie, della qualità, della quantità, della destinazione, del valore, dell’epoca di produzione o di un’altra caratteristica dei prodotti di cui trattasi, ma unicamente i segni che saranno considerati come un’indicazione della provenienza geografica di detti prodotti. Poiché il marchio richiesto è descrittivo di un tipo di formaggio per il pubblico di riferimento tedesco e non è percepito come un’indicazione della provenienza geografica di detto formaggio, il Tribunale conclude che esso non gode di una tutela in quanto marchio collettivo>>.

Non è esattissimo parlare di interpretazione “restrittiva”: meglio sarebbe stato “letterale”, alla luce della disposizione cit.

A meno di ricordare che <emmental>, derivando dalla omonima valle svizzera (v. wikipedia), potrebbe essere percepito come indicazione geografica. Ma allora bisognerebbe spiegare che la valenza geografica si è persa nel pubblico , il quale percepisce solo quella delle caratteristiche merceologiche/organolettiche

La prova dell’apertura di credito da aprte della banca

Cass. n. 13063 del 12.05.2023, rel. Crolla, sez. 1:

<<2.2 Ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 1 e 3 dell’art
117 nr 385/93 (applicabile ratione temporis al caso di specie) «i
contratti sono redatti per iscritto ed un esemplare è consegnato ai
clienti nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è
nullo»
2.3 Il secondo comma della disposizione testé citata stabilisce
anche che il C.I.C.R., mediante apposite norme di rango
secondario, possa prevedere che particolari contratti, per motivate
ragioni tecniche, siano stipulati in forma diversa da quella scritta.
2.4 Al riguardo questa Corte ha avuto modo di precisare che, in
forza della Delib. C.I.C.R. 4 marzo 2003, il contratto di apertura di
credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di
conto corrente stipulato per iscritto, non deve, a sua volta, essere
stipulato per iscritto a pena di nullità ( cfr. Cass 2017, n. 7763),
principio, questo, da intendere nel senso che l’intento di agevolare
particolari modalità della contrattazione non comporta una radicale
soppressione della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione
della stessa che, in particolare, salvaguardi l’indicazione nel
“contratto madre” delle condizioni economiche cui andrà
assoggettato il “contratto figlio” (Cass. 27836/2017).
2.5 Nella specie il tema della sostanziale regolamentazione
dell’affidamento nel contratto di conto corrente non risulta essere
stato oggetto di trattazione, sicché è senz’altro da ritenere che il
contratto di apertura del fido fosse assoggettato al requisito
formale “pieno” richiesto dall’art. 117 del Testo Unico Bancario.
2.6 Ne consegue che la Banca avrebbe dovuto provare il dedotto
affidamento esclusivamente mediante la produzione della relativa
scrittura, non essendo sufficiente, come già chiarito da questa
Corte, che l’affidamento risulti dal libro fidi (Cass. 5 dicembre
1992, n. 12947; Cass. 20 giugno 2011, n. 13445), e tanto meno
che il suo contenuto possa essere eventualmente ricostruito
attraverso la semplice menzione nel report della Centrale Rischi>>.

Doppia successione nei diritti di registrante ai fini del calcolo del periodo di grazia da divulgazione di disegno o modello (art. 7.2 reg. 6-2002)

Caso non frequente di doppia successione nei diritti di richiedente protezione a disegno (anzi modello) circa il calcolo dei 12 mesi di periodo di grazia ex art. 7.2 reg. UE 6 del 2002: Trib. UE del 26 aprile 2023 , T-757/21, Activa – Grillküche GmbH c. EUIPO-Targa GmbH  .

Successione accettata dal Trib. UE

Assegno divorzile di mantenimento in caso di moglie dedicatasi all’accudimento dei figli: due Cassazioni recenti

Cass. sez. 1 del 15.05.2023 n. 12.224, rel. Caiazzo:

<<La Corte d’appello, investita della domanda di corresponsione di assegno divorzile, deve accertare l’impossibilità dell’ex-coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi; l’assegno divorzile, infatti, deve essere adeguato anche a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale (Cass., n. 38362/21).

E’ stato altresì affermato che, in tema di determinazione dell’assegno di divorzio, il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex-coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è derogato, oltre che nell’ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge, “ex post” divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il richiedente l’assegno ha l’onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio (Cass., SU, n. 18287/18; n. 23583/22)>>.

Ora , nel caso concreto il giudice di secondo grado ha ritenuto <<che la controricorrente abbia diritto all’assegno divorzile nella misura stabilita; infatti, è stato accertato, con motivazione insindacabile in questa sede, che la controricorrente si era dedicata per tutta la durata del matrimonio all’accudimento e all’educazione di tre figli, quale scelta condivisa con l’ex-coniuge, costituendo ciò una ragione impeditiva dello svolgimento di attività lavorative.

Ne consegue che l’assegno è stato correttamente liquidato in favore della controricorrente, nella sua declinazione compensativa e perequativa, sulla base della disparità reddituale-patrimoniale tra gli ex-coniugi, e del contributo che la L. aveva apportato alla formazione del patrimonio dell’ex-marito>>.

Si badi: non basta la prova della rinuncia alla carriera professionale, serve anche quella del lucro cessante conseguente.

* * * * * * * *
Cass. Sez. I, ord. 16 maggio 2023 n. 13316 , Tricomi:

In generale:

<<Invero, come già affermato da questa Corte “Il riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull’esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi – che costituisce solo una precondizione fattuale per l’applicazione dei parametri di cui alla l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, – essendo invece necessaria un’indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l’assegno, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente.” (Cass. n. 29920/2022).

Quanto alla prova di tali circostanze, essa può essere desunta anche mediante il ricorso alle presunzioni semplici, potendosi rammentare in proposito che “Affinché sia riconoscibile valore giuridico alle presunzioni semplici è necessario che gli elementi presi in considerazione siano gravi, precisi e concordanti, ovvero devono essere tali da lasciar apparire l’esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione tra i fatti accertati e quelli ignoti secondo le regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità. senza che sia consentito al giudice, in mancanza di un fatto noto, fare riferimento ad un fatto presunto e far derivare da questo un’altra presunzione.” (Cass. n. 14115/2006; cfr. Cass. n. 20671/2005)>>.

Applicando poi al caso sub iudice:

<<la Corte territoriale ha proceduto – conformemente ai principi ricordati – all’esame della situazione reddituale e patrimoniale dei coniugi ed ad evidenziare il rilevante squilibrio esistente tra le condizioni economiche degli stessi alla stregua degli indici di riferimento previsti dalla L. n. 898 del 1970 cit., art. 5, comma 6, ritenendo di dover valutare il contributo fornito dal coniuge economicamente più debole ( G.) in costanza di matrimonio, al fine di accertare la ricorrenza o meno dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno in funzione compensativa.

Su tale premessa, facendo applicazione del criterio probatorio presuntivo, ha ravvisato i presupposti per il riconoscimento dell’assegno in funzione compensativa, avendo considerato che G.- in costanza di matrimonio – si era precocemente pensionata con decisione condivisa dal coniuge, rinunciando così ad retribuzione altrimenti destinata ad incrementarsi progressivamente e che la lunga durata del matrimonio, la nascita di due figli ed l’impegnativo lavoro svolto dall’appellato (titolare di studio notarile) costituivano indizi da cui presumere l’esistenza di un rilevante contributo domestico nello svolgimento dei compiti genitoriale e di gestione della casa da parte dell’ex moglie, oramai impossibilitata per ragioni anagrafiche a rientrare nel mondo del lavoro>>

Obbligo dei nonni e dei genitori per il mantenimento dei figli

Cass. Sez. I, ord. 16 maggio 2023 n. 13345 , Rel. Russo, sul concorso del dovere dei genitori con quello dei nonno (art. 316 bis cc):

<<L’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli.
Nel caso in esame, sussistevano i presupposti per ritenere l’obbligo degli ascendenti, in ragione della complessiva considerazione delle condizioni economiche dei genitori e dei loro comportamenti. In particolare, il comportamento del padre, non solo elusivo, ma anche doloso, posto che era stato condannato in sede penale, e che restando di fatto irreperibile, era venuto meno non solo a doveri di mantenimento ma anche a quelli di cura, educazione ed istruzione che di conseguenza gravavano per intero sulla madre, capace di una produzione reddituale inadeguata al mantenimento dei minori>>.

(massima di Valeria Cianciolo, osservatoriofamiglia.it)

La rinuncia all’eredità non incide sul proprio credito al’assegno di mantenimento

<<Il nostro ordinamento conosce il principio della libertà nella accettazione della eredità ex art. 470 c.c., involgendo questa sia scelte di convenienza economica – dato che l’erede è tenuto al pagamento dei debiti – nonché scelte di carattere personalissimo, legate alle relazioni con il de cuius.
Pertanto, la rinuncia all’eredità da parte di uno dei coniugi non comporta automaticamente la perdita del rinunciante ad ottenere l’assegno di divorzio>> (Cass. sez. I, ord. 16 maggio 2023 n. 13.351, rel. Russo Rita).

(massima di Cianciolo Valeria in osservatoriofamiglia.it)

Sulla (assente) distintività di marchio costituito dai numeri da 1 a 23 disposti su tre file

Il board of appeal dell’EUIPO , decisione del 2 maggio 2023, case R 1967/2022-1, appl: Margiela, conferma la mancanza di distintività di marchio numerico cioè costiotuito dai numeri da 1 a 23 in progresisone e disposti su tre file, per candele, illuminazione ed altri.

Norma di riferimentoi: art. 7.1.b dell’EUTMR

Primo grado amminisrativo: <<In the contested decision, the examiner found that the relevant public would perceive the sign at issue as, for example, a listing of the product/article number, a bar code, or a pre-printed label. By doing so the examiner determined the way in which the sign applied for will, if registered, probably be shown to the public (see, to this extent, 12/09/2019, C-541/18, Sign comprising a hashtag, EU:C:2019:725, § 24, 25). The Board concurs that the sign at issue will likely be perceived by the relevant public as a pre-printed tag/label to be affixed, for example, on the goods in Classes 4, 11 and 21 or on their packaging or, with particular regard to retail services, in Class 35, on an invoice, on a letter head or on a catalogue>>.

L’ufficio in appello:

<<The fact that the sequence does not highlight any specific number does not make it distinctive for the goods and services covered by the application for registration. In particular, the Board notes that a pre-printed tag/label of long sequences of numbers in three lines, could not provide information to consumers capable of designating the commercial origin of the goods or services. For example, the sequence of numbers in three lines, when put on a tag/label for the goods at issue, could indicate the reference number of three variants of an article in stock (e.g. three variants of the same product in three colours) one on top of the other, or as a way which could enable the shop to circle one number in pen for internal accounting purposes (e.g. to indicate the number of items remaining in stock, which may vary and thus can be indicated by hand). When used for the services at issue, the long sequences of numbers in three lines, could be perceived as providing administrative information for the undertaking (e.g. company number/commercial registration number) and/or its services (e.g. publication authorisation number of the retailer’s/wholesaler’s catalogue, etc.) as explained above.
27 As regards both the goods and services applied for, the Board recalls that there must be certain aspects of the signs at issue which may be easily and instantly memorised by the relevant public and which would make it possible for those signs to be perceived immediately as indications of the commercial origin (see, to that effect and by analogy, 29/09/2009, T‑139/08, Device of smile from SMILEY (fig.), EU:T:2009:364, § 31).
28 In the present case, the sequence of numbers from 0 to 23, in three lines when applied to the goods and services for which protection is sought, would not easily and instantly be recalled by the relevant public as a distinctive sign, but will likely be perceived by the relevant public as one (or three) non-distinctive sequence(s) of numbers.
29 The Board observes that the length of the sequence(s) does not allow the individual details of the mark to be committed to memory, or the sign taken as a whole, to be apprehended. The sign for which protection is sought would be perceived by the relevant public as one (or three) long sequence(s) of numbers positioned on three separate lines, but the relevant public is unlikely to remember what numbers are listed in the sign or positioned at the beginning or at the end of each line. Therefore, the sign, taken as a whole, will be perceived as one (or three) unmemorable sequence(s) of numbers, and therefore the relevant public will not tend to perceive it as a particular indication of commercial origin>>.

Decisione esatta.

Caso comunque interessante: non è distintivo perchè non memorizzabile oppure perchè il pubblico, vedendolo, pensa a comunicaizoni ammnistrative interne all’azienda circa il prodotto?

(segnalazione di Nedim Malovic in IPKat)

Amgen c. Sanofi: la corte suprema sulla sufficiente descrizione di brevetto farmaceutico

Corte Suprema 18 maggio 2023, n°  21-757, Amgen c. Sanofi, su questione brevettual-farmaceutica di un certo interesse, relativa alla descrizione (<<(a) In General.— The specification shall contain a written description of the invention, and of the manner and process of making and using it, in such full, clear, concise, and exact terms as to enable any person skilled in the art to which it pertains, or with which it is most nearly connected, to make and use the same, and shall set forth the best mode contemplated by the inventor or joint inventor of carrying out the invention>>, 35 US Code § 112; da noi art. 51 c.p.i.)

DAl Syllabus:

<<amino acid sequences of 26 antibodies that perform these two functions. Amgen then described two methods—one Amgen called “the roadmap”and a second it called “conservative substitution”—that scientists could use to make other antibodies that perform the binding-and-blocking functions described in the claims>>

E poi andando al giudizio:

<<(b) Turning to the patent claims at issue in this case, Amgen’s claims sweep much broader than the 26 exemplary antibodies it identifies bytheir amino acid sequences. Amgen has failed to enable all that it has claimed, even allowing for a reasonable degree of experimentation.Amgen’s claims bear more than a passing resemblance to the broadest claims in Morse, Incandescent Lamp, and Holland Furniture. While Amgen seeks to monopolize an entire class of things defined by their function—every antibody that both binds to particular areas of the sweet spot of PCSK9 and blocks PCSK9 from binding to LDL receptors—the record reflects that this class of antibodies does not include just the 26 that Amgen has described by their amino acid sequences, but a vast number of additional antibodies that it has not.
Amgen insists that its claims are nevertheless enabled because scientists can make and use every functional antibody if they simply follow the “roadmap” or “conservative substitution.” These two approaches, however, amount to little more than two research assignments. The “roadmap” merely describes step-by-step Amgen’s own trial-and-error method for finding functional antibodies. Not
much different, “conservative substitution” requires scientists to make substitutions to the amino acid sequences of antibodies known to work and then test the resulting antibodies to see if they do too.
Amgen’s alternative arguments lack merit. Amgen first suggests that the Federal Circuit erred by conflating the question whether an invention is enabled with the question how long may it take a person skilled in the art to make every embodiment within a broad claim. But the Federal Circuit made clear that it was not treating as dispositive the cumulative time and effort required to make the entire class of antibodies. Amgen next argues that the Patent Act supplies a single, universal enablement standard, while the Federal Circuit applied a higher standard to Amgen’s claims that encompass an entire genus of embodiments defined by their function. The Court agrees in principlethat there is one statutory enablement standard, but the Federal Circuit’s treatment in this case is entirely consistent with Congress’s directive and this Court’s precedents. Finally, while Amgen warns thata ruling against it risks destroying the incentives that lead to breakthrough inventions, since 1790 Congress has included an enablement mandate as one feature among many designed to achieve the balanceit wishes to strike between incentivizing inventors and ensuring thepublic receives the full benefit of their innovations. In this case, the Court’s duty is to enforce the statutory enablement requirement according to its terms. Pp. 15–19>>.

Si noti che la lite verteva sul requisito dell’ enablement (modalità attuative) che per legge integra la descrizione in senso stretto (da non espressamente richiesto).

V. commento di Rose Hughes su IpKat.

Corresponsabilità delle piattaforme per la stragi terroistiche ? Dice di no la Corte Suprema

Corte Suprema USA n. 21-1496 del 18 maggio 2023. nega responsabilità di Twitter et alios, alla luce della disposizione per cui c’è responsabilità quando: <<In an action under subsection (a) for an injury arising from an act of international terrorism committed, planned, or authorized by an organization that had been designated as a foreign terrorist organization under section 219 of the Immigration and Nationality Act (8 U.S.C. 1189), as of the date on which such act of international terrorism was committed, planned, or authorized, liability may be asserted as to any person who aids and abets, by knowingly providing substantial assistance, or who conspires with the person who committed such an act of international terrorism.>> (18 US code § 2333 (d) (2))

E poi:

Plaintiffs, however, allege that for several years the companies have knowingly allowed ISIS and its supporters to use their platforms and “recommendation” algorithms as tools for recruiting, fundraising, and spreading propaganda; plaintiffs further allege that these companieshave, in the process, profited from the advertisements placed on ISIS’ tweets, posts, and videos (dal Sillabo): ma il profitto nulla ha a che fare con la causalità.

Il vero problema è se le piattaforme sapevano dell’imminente attacco dedotto, non di generiche e possibili illiceità future dell’ISIS.

La SC risponde di no: <<It thus is not enough for a defendant to have given substantial assistance to a transcendent enterprise. A defendant must have aided and abetted (by knowingly providing substantial assistance) another person in the commission of the actionable wrong—here, an act of international terrorism>> (dal sillabo).

Affermazione ovvia.

<<But plaintiffs’ allegations do not show that defendants gave such knowing and substantial assistance to ISIS that they culpably participated in the Reinaattack.
Plaintiffs allege that defendants aided and abetted ISIS in the following ways: First, they provided social-media platforms, which are generally available to the internet-using public; ISIS was able to upload content to those platforms and connect with third parties on them.Second, defendants’ recommendation algorithms matched ISIS-related content to users most likely to be interested in that content. And, third, defendants knew that ISIS was uploading this content but tookinsufficient steps to ensure that its content was removed. Plaintiffs do not allege that ISIS or Masharipov used defendants’ platforms to plan or coordinate the Reina attack. Nor do plaintiffs allege that defendants gave ISIS any special treatment or words of encouragement. Nor is there reason to think that defendants carefully screened any contentbefore allowing users to upload it onto their platforms.
None of plaintiffs’ allegations suggest that defendants culpably “associate[d themselves] with” the Reina attack, “participate[d] in it assomething that [they] wishe[d] to bring about,” or sought “by [their] action to make it succeed.” Nye & Nissen, 336 U. S., at 619 (internal quotation marks omitted). Defendants’ mere creation of their media platforms is no more culpable than the creation of email, cell phones, or the internet generally. And defendants’ recommendation algorithms are merely part of the infrastructure through which all the content on their platforms is filtered. Moreover, the algorithms have been presented as agnostic as to the nature of the content. At bottom, the allegations here rest less on affirmative misconduct and more on passive nonfeasance. To impose aiding-and-abetting liability for passivenonfeasance, plaintiffs must make a strong showing of assistance and scienter. Plaintiffs fail to do so.
First, the relationship between defendants and the Reina attack is highly attenuated. Plaintiffs make no allegations that defendants’ relationship with ISIS was significantly different from their arm’s length, passive, and largely indifferent relationship with most users.And their relationship with the Reina attack is even further removed,given the lack of allegations connecting the Reina attack with ISIS’ useof these platforms. Second, plaintiffs provide no reason to think that defendants were consciously trying to help or otherwise participate inthe Reina attack, and they point to no actions that would normally support an aiding-and-abetting claim.
Plaintiffs’ complaint rests heavily on defendants’ failure to act; yetplaintiffs identify no duty that would require defendants or other communication-providing services to terminate customers after discovering that the customers were using the service for illicit ends. Even if such a duty existed in this case, it would not transform defendants’ distant inaction into knowing and substantial assistance that could establish aiding and abetting the Reina attack. And the expansive scope of plaintiffs’ claims would necessarily hold defendants liable as having aided and abetted each and every ISIS terrorist act committedanywhere in the world. The allegations plaintiffs make here are not the type of pervasive, systemic, and culpable assistance to a series of terrorist activities that could be described as aiding and abetting eachterrorist act by ISIS.
In this case, the failure to allege that the platforms here do more than transmit information by billions of people—most of whom use theplatforms for interactions that once took place via mail, on the phone, or in public areas—is insufficient to state a claim that defendants knowingly gave substantial assistance and thereby aided and abetted ISIS’ acts. A contrary conclusion would effectively hold any sort of communications provider liable for any sort of wrongdoing merely for knowing that the wrongdoers were using its services and failing to stopthem. That would run roughshod over the typical limits on tort liability and unmoor aiding and abetting from culpability. Pp. 21–27>>.

E poi: <<To be sure, plaintiffs assert that defendants’ “recommendation” algorithms go beyond passive aid and constitute active, substantial assistance. We disagree. By plaintiffs’own telling, their claim is based on defendants’ “provision of the infrastructure which provides material support toISIS.” App. 53. Viewed properly, defendants’ “recommendation” algorithms are merely part of that infrastructure.  All the content on their platforms is filtered through these algorithms, which allegedly sort the content by information and inputs provided by users and found in the content itself. As presented here, the algorithms appear agnostic as to the nature of the content, matching any content (including ISIS’ content) with any user who is more likely to view that content. The fact that these algorithms matched some ISIS content with some users thus does not convert defendants’ passive assistance into active abetting. Once the platform and sorting-tool algorithms were up and running, defendants at most allegedly stood back and watched; they are not alleged to have taken any further action with respect to ISIS>>, p. 29.

Decisione scontata in base alle allegazioni riportate: pare strano che sia potuta arrivare sino alla corte suoprema una così mal costruita domanda giudiziale.

Solo che lo stesso dovrebbe dirsi per tutto il contenzioso italiano ed europeo sulla responsabilità del provider (disciplina oggi immutata in sostanza nel Digital Services Act: Reg. UE 2022/2065,  che ha abrogato gli articoli 12-15 della direttiva 2000/31/CE)

Nello stesso giorno invece la SC declina la decisione nell’analogo caso Gonzalez v. Google, n° 21-1333 per motivi procedurali: quindi non va a vagliare la costituizionalità del safe harbour ex § 230 CDA, come molti pensavano.

Big IP day presso la Corte Suprema oggi 18 maggio. Sono infatti stati decisi anche altri due casi importanti : – Andy Wharol Foundation v. Goldsmith, n° 21–869,  (in tema di opera elaborata fotografica (copyright) e – AMGEN INC. ET AL. v. SANOFI ET AL. (brevetto farmaceutico) su cui v. mio post.