Annullamento per dolo di testamento olografo (con qualche considerazione sulla non contestazione processuale)

Cass.  sez. II  31 agosto 2023, n. 25.521 , Rel Papa

<<Ciò precisato, deve allora considerarsi, in diritto, che, come ripetutamente affermato da questa Corte, il rispetto assoluto della volontà del testatore impone che, al fine di poter affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore, se del caso mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni; occorre, invece, la prova dell’avvenuto impiego di veri e propri mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore, avuto riguardo alla sua età, allo stato di salute, alle sue condizioni di spirito, così da suscitare in lui false rappresentazioni ed orientare la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata (Sez. 2, n. 4653 del 28/02/2018 con numerosi richiami).
L’esigenza di assicurare una più penetrante ricerca della volontà del testatore, di là delle mere dichiarazioni, impone innanzitutto un esame globale della scheda testamentaria e non di ciascuna singola disposizione, alla stregua dei principi generali di ermeneutica di cui all’art. 1362 c.c., applicabili al testamento sia pure con gli opportuni adattamenti (Cass. Sez. 2, n. 468 del 14/01/2010).
Soltanto qualora dal testo dell’atto non emerga con certezza l’effettiva intenzione del de cuius e la portata della disposizione, l’interprete può, in via sussidiaria, ricorrere alla valutazione di elementi estrinseci al testamento, seppure sempre riferibili al testatore, quali ad esempio la sua cultura, la mentalità, il suo ambiente di vita, le sue condizioni fisiche (Cass. Sez. 2, n. 10075 del 24/04/2018).
Infine, deve rimarcarsi che la prova della captazione, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l’attività di condizionamento e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore (da ultimo Cass. Sez. 6 – 2, n. 30424 del 17/10/2022)>>.

Aplicazione al processo de quo:

<Dalla concisa esposizione dei punti della motivazione qui riportata, risulta già evidente che la Corte d’appello, con la sua motivazione sulla sussistenza del dolo, non ha correttamente applicato alla fattispecie i principi consolidati suesposti: ha, infatti, continuamente sovrapposto elementi sia intriseci alla scheda testamentaria, estrapolati dal contesto (alcune tra le espressioni utilizzate dal testatore in riferimento a pressioni esterne), sia estrinseci (la sua età avanzata, il risiedere i due fratelli convenuti nell’azione di annullamento per dolo vicino al testatore); ha poi ritenuto sufficiente il riferimento del testatore alle “pressioni ricevute da parenti e conoscenti”.
Come rilevato in ricorso da A.A. e B.B., in particolare la Corte non ha affatto compiuto una valutazione globale della scheda, estrapolando le affermazioni contenenti i riferimenti alle “pressioni ricevute”, sebbene nella parte iniziale della scheda il testatore riportasse, testualmente, di essere indotto a riesaminare le precedenti disposizioni da “alcuni aspetti dei rapporti di C.C. nei confronti miei e dei fratelli (…); in occasione del mio ricovero in ospedale, si dimostrò completamente assente e indifferente anche se non ancora ostile” e che egli “da allora” da parte di parenti e conoscenti cominciò a ricevere le pressioni che la Corte d’appello ha ritenuto poi rilevanti perchè modificasse i diritti successori, ma aveva “rifiutato” di cancellare disposizioni, tenuto conto dei meriti pregressi”; quindi, il testatore riferiva ancora: “ma recentemente, essa tentò di inguaiarmi per pretese omissioni di versamenti contributivi, in ciò avendo a collaborare un individuo di cui non faccio neppure il nome per non sporcarmi”. La sequenza di queste dichiarazioni non è stata esaminata dalla Corte che ha isolato dal contesto il riferimento alle pressioni ricevute non applicando correttamente i principi ermeneutici di cui si è detto.
Quanto poi alle riferite “pressioni” (che, invero, nell’interpretazione, devono essere identificate in modo chiaramente distinto da un’attività di coercizione che, nella specie, non è stata mai dedotta e potrebbe essere rilevante per la violenza, non per il dolo), è necessario che, come già rimarcato, sia riscontrabile l’avvenuto impiego di veri e propri mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore.
In tal senso, il ragionamento presuntivo – che può sorreggere questo riscontro da parte dell’interprete – deve comunque essere correttamente costruito, ciò che nella specie non può dirsi accaduto.
E’ necessario, infatti, che il giudice analizzi innanzitutto i fatti noti che, seppure secondari, potrebbero essere utili alla deduzione dei fatti ignoti da provare; quindi egli è tenuto a selezionarli per “precisione”, nel senso di considerali soltanto se certi e determinati nella realtà storica; infine, può valutarli nella loro “gravità” e, in caso siano molteplici, “concordanza”, nel senso che deve verificarli come idonei a fondare la deduzione probabilistica della realtà del fatto ignoto (cfr. sulla costruzione del ragionamento presuntivo, Cass. Sez. 2, n. 9054 del 21/03/2022).
Nessuna di queste fasi del ragionamento si evince nella motivazione della sentenza impugnata, in cui non risulta neppure chiaro quali elementi siano ritenuti fatti certi, quali abbiano la caratteristica di fatti secondari, come si sia sviluppata la deduzione del dolo>>.

Sulla non contestazione ex 115 copc:
<<Ebbene, per principio consolidato, il principio di non contestazione (comunque operante nella fattispecie perchè implicitamente codificato, prima che fosse riformato l’art. 115 c.p.c., nell’art. 167 c.p.c.) produce l’effetto della relevatio ab onere probandi soltanto in relazione ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato che siano stati compiutamente allegati dall’attore [NB: purchè entro la sfera di azione e conoscibilità della controparte: non ha senso l’effetto probatorio circa fatti su cui nulla può o sa]; può poi operare, altresì, anche in relazione a fatti secondari se idonei a fondare un ragionamento presuntivo quando, come accade proprio nel caso del dolo nel testamento, la prova non possa che essere fornita per presunzioni.
In questa seconda ipotesi, tuttavia, la non contestazione non può investire immediatamente la fattispecie giuridica dedotta in domanda (l’asserito vizio di volontà del testatore), oggetto di prova presuntiva: il riscontro di tale fattispecie deve comunque avvenire, infatti, con un’attività spiccatamente valutativa, finalizzata a ricavare il fatto principale – insuscettibile di prova diretta – dai fatti secondari invece accertati, eventualmente anche per non contestazione (cfr., in materia risarcitoria, Cass. Sez. L, n. 21460 del 19/08/2019).
La non contestazione è, infatti, un comportamento processualmente significativo se riferito a un fatto da accertare nel processo e non alla determinazione della sua dimensione giuridica (cfr. Sez. U, n. 761 del 23/01/2002 in materia di contestazione dei conteggi per la quantificazione di un credito di lavoro); per contrappunto, il mero difetto di contestazione specifica, ove rilevante, non impone in ogni caso al giudice un vincolo assoluto (per così dire, di piena conformazione), perchè egli può sempre rilevare l’inesistenza del fatto allegato da una parte anche se non contestato dall’altra ove tale inesistenza emerga dagli atti di causa e dal materiale probatorio raccolto (Sez. U, n. 11377 del 2015, in motivazione).
La Corte d’appello, pertanto, non ha correttamente applicato il principio di non contestazione alla fattispecie>.

(segnalazione e testo da Ondif)

Impugnazione della chiusura dell’account Youtube per misleading informazioni sanitarie (sul Covid19): non ci sono speranze per questo tipo di azioni

Eric Goldman nel suo blog segnala Northern District della California S. Francisco Div. del 4 settrmbre 2023 Case 3:22-cv-05567-LB, Mercola v. Google etc., decide l’istanza di riapetura dell’account , poi corretta in mero accesso per il recupero dei dati, proposta da medico no-vax.

Decide e rigetta, naturalmente. Il modulo contrattuale preparato da Youtube le permette di far cessare senza problemi il rapporto quando c’è vioalazione delle clausole (terms of service o guidelines ) regolanti i contenuti

Nemmeno la buona fede può operare, dato che c’è violazione di un patto specifico

<<The covenant of good faith and fair dealing is implied in every contract and prevents one party from “unfairly frustrating the other party’s right to receive the benefits” of the contract. Guz v. Bechtel Nat’l Inc., 24 Cal. 4th 317, 349 (2000). To allege a claim for breach of the covenant of good faith and fair dealing, a plaintiff must allege the following elements: (1) the plaintiff and the defendant entered into a contract; (2) the plaintiff did all or substantially all of the things that the contract required her to do or she was excused from having to do; (3) all conditions required for the defendant’s performance had occurred; (4) the defendant unfairly interfered with the plaintiff’s right to receive the benefits of the contract; and (5) the defendant’s conduct harmed the plaintiff. Qingdao Tang-Buy Int’l Import & Export Co. v. Preferred Secured Agents, Inc., No. 15-cv-00624-LB, 2016 WL 6524396, at *5 (N.D. Cal. Nov. 3, 2016) (citing Judicial Council of California Civil Jury Instructions § 325 (2011); Oculus Innovative Scis., Inc. v. Nofil Corp., No. C 06-01686 SI, 2007 WL 2600746, at *4 (N.D. Cal. Sept. 10, 2007)).
Again, YouTube’s actions were permitted by the Terms of Service. The implied-covenant claim fails for this reason>>.

Revocatoria ordinaria del conferimento in società ed eventus damni costituito dalla sostituzione dell’immobile con partecipazione societaria

Interessante rinfresco di due questioni in tema di revocatoria ord. in Cass. sez. 3 del 14 luglio 2023 n. 20.232, rel. Cricenti.

Motivazione breve, chiara e persuasiva.

1) << Invero, le ragioni che a favore della revocabilità sono fatte valere da questa Corte anche prima della riforma nel diritto societario continuano naturalmente a valere anche dopo.

Giova riassumerle: l’art. 2332, attiene alla nullità del contratto e non ai vizi della singola partecipazione, che si attua mediante il conferimento; non è implicato il principio di separazione tra il patrimonio del socio e il patrimonio della società in quanto il bene oggetto di revocatoria non ritorna nel patrimonio del debitore, essendo solo dichiarata l’inefficacia nei confronti del creditore di costui; infine non interferisce con la disciplina in tema di trascrizione poiché quest’ultima tutela gli aventi causa dell’acquirente diretto e non quindi la società che riceve il conferimento, che, ai sensi dell’art. 2901 c.c., è considerata terza (Cass. 23891/2013, ma si veda altresì quanto ad una srl unipersonale Cass. n. 27290 del 2022).

Ora, queste ragioni permangono inalterate pur dopo la riforma dell’art. 2332 c.c., che non ha disciplinato il patrimonio sociale in modo da renderlo incompatibile con la revocatoria dei conferimenti, né dalla riforma di quella norma risulta che la revocatoria, la quale, si ripete, mira a far dichiarare inefficace l’atto nei confronti del creditore, è diventata incompatibile con la nuova disciplina delle cause di nullità.

Ne’ infine la nuova disciplina dell’art. 2332 c.c., ha inciso dell’art. 2901 c.c., u.c., che fa salvi i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buonafede.

Senza contare infine che se l’atto di conferimento fosse irrevocabile, non soggetto a revocatoria, sarebbe uno strumento sicuro per sottrarre beni alla garanzia del creditore>>.

2) <<l ricorrente censura la sentenza impugnata nel punto in cui ha ritenuto che la sostituzione del bene immobile con una quota societaria ha costituito pregiudizio per il creditore, nel senso che per costui altro è avere la garanzia di un bene immobile altro quella di avere la garanzia di una quota societaria: ciò in quanto il bene immobile è più facilmente liquidabile in sede esecutiva di una partecipazione ad una società.

Secondo il ricorrente questo apprezzamento è del tutto arbitrario, nel senso che se la questione è quella della più o meno agevole liquidazione in sede esecutiva, i beni immobili presentano le stesse difficoltà di liquidazione delle partecipazioni societarie, e comunque non è affatto detto che per un terzo acquirente non sia più appetibile la quota societaria rispetto al bene immobile.

Il motivo è infondato.

E’ regola che a rendere legittima l’azione revocatoria non è necessaria una compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, essendo sufficiente che l’atto di disposizione abbia reso meno agevole o più difficile la soddisfazione del credito (Cass. 1902/20215) e dunque correttamente la corte di merito ha tenuto in conto la maggiore difficoltà di liquidare una quota rispetto a quella di vendere un immobile.

Inoltre, è principio di diritto che anche una variazione qualitativa del patrimonio del debitore giustifica un’azione revocatoria (Cass. 26151/2014), e tale deve ritenersi la sostituzione di beni immobili con partecipazioni societarie, essendo noto che queste sono soggette a mutamenti di valore, se non altro, maggiori di quelli>>.

Disegno frattale creato con software portato in Cassazione: la quale però non entra nel merito ma dichiara il ricorso inammissibile perchè eccezione mai trattata in precedenza

Alina Trapova su Linkedin segnala Cass. sez. 1 del 16 gennaio 2023 n. 1.107, rel. Scotti.

La quale ad es.  dice che <<la protezione del diritto d’autore postula il requisito dell’originalità e della creatività, consistente non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative; la consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione (Sez. 1, n. 10300 del 29.5.2020; Sez. 1, n. 13524 del 13.6.2014; Sez. 1, n. 20925 del 27.10.2005)>>.

Però i due cocnetti sono in realtà uno solo: la creatività (art. 6 l. aut).

Si può semmai discutere della <<novità>>, però non menzionata però dallla legge.

Il punto intressante sarebbe stato quello dell’immagine non tutelabile perchè creata col software (in che misura e modo?). Però la SC rigetta perchè non esaminato nella fase di  merito.

Errato rigetto dell’EUIPO per contrarietà del marchio “put Putin in” all’ordine pubblico

Interessante segnalazione (di Marcel Pemsel su IPKat) del rigetto EUIPO  23 agosto 2023 , domanda 018843822, di marchio denominativo “Put Putin in” (mettete dentro Putin) per abbigliamento (pag. web del fascicolo e v. link diretto alla decisione).

Ecco il passaggio cruciale:
<<La comunità commerciale percepirebbe il cartello “Putin In” come contrario alla moralità pubblica, in quanto cerca di capitalizzare un evento ampiamente
percepito come tragico, ovvero l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Le implicazioni della guerra in Ucraina per l’UE si estendono all’inflazione, alle
importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) (con ripercussioni sull’energia e sui
trasporti), all’aumento della spesa per la difesa, ai flussi di rifugiati dall’Ucraina
verso l’Europa, alla carenza di materie prime e agli impatti negativi sui Paesi
emergenti e in via di sviluppo. Inoltre, è ampiamente riconosciuto che la guerra
ha causato la morte di migliaia di soldati e migliaia di vittime civili.
Il marchio viola i principi morali accettati in quanto sfrutta una tragedia a fini
commerciali, ossia l’intenzione di trarre profitto da un evento tragico, anche se i
consumatori possono percepire il segno come positivo, cioè rinchiudere Putin (in prigione).
Pertanto, il segno non può essere registrato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1,
lettera f), del regolamento sul marchio UE>>. (orig. svedese, Deepl traduzione)

Il messaggio non è contrario all’ordine pubblico perchè non pare capitalizzare/sfruttare l’ evento tragico dell’aggressione russa, ma piuttosto esprimere un’opinione su tema importante , anche se usando il veicolo della attività economica.

Concordo quindi con le perplessità di Pemsel.

La suola dorata non può costituire marchio per scarpe (ancora sui marchi di posizione)

Jerome Tassi su Linkedin segnala la decisione 31 agosto 2023 EUIPO, domanda nà 018731419, istante: Yeshua Investment consulting, che dà esito opposto ai notissimi casi Louboutin

In breve dice ora l’ufficio che il pubblico non lo percepusce come segni di provenenzia aziendale

<<In the case at hand the sign is not distinguishable from the appearance of the
goods it designates, namely “metallic gold outer soles sold as an integral
component of men’s and women’s shoes”; it would only be distinctive for the
purposes of Article 7(1)(b) EUTMR if the consumer was able to recognize the
sign applied for as originating from a particular undertaking and thus to
distinguish the shoes of the applicant from those of other undertakings
(21/04/2010, T-7/09, ‘Spannfutter’, EU:T:2010:153, § 26) and, also, if it
departs significantly from the norm or customs of the sector. The benchmark
also applies to signs which are only applicable to a component or an element
of the appearance of the product, in the case at hand “Metallic gold outer
soles” (10/10/2008, T-387/06 to T-390/06, ‘Pallet’, EU:T:2008:427, § 36;
13/04/2011, T-202/09, ‘Footwear’, EU:T:2011:168, § 40; 19/09/2012, T-50/11,
‘Stoffmuster’, EU:T:2012:436, § 43).
· The sign consists of a metallic gold sole on footwear. It is clear from these
objective characteristics that the sign applied for aims to protect a coloured
surface in a particular position of the shoe. The sign merges in the eyes of the
relevant public with the claimed goods itself, i.e. shoes, since in the words of
the applicant the metallic gold outer soles are sold as an integral component
of men’s and women’s shoes.
· As to the gold colour of the sole, the public will not instantly perceive a single
colour, or a coloured element which forms part of the external appearance of
the goods as a reference to the commercial origin of the goods (21/10/2004,
C-447/02, ‘Orange’, EU:C:2004:649, § 78). Thus, while colours are capable of
conveying certain associations of ideas, and of arousing feelings, they
possess little inherent capacity for communicating specific information,
especially since they are commonly and widely used, because of their appeal,
in order to advertise and market goods or services, without any specific
message (06/05/2003, C-104/01, ‘Libertel’, EU:C:2003:244, § 40; 24/06/2004,
C-49/02, ‘Blau/Gelb’, EU:C:2004:384, § 38; 12/11/2008, T-400/07, ‘Farben in
Quadraten’, EU:T:2008:492, § 35).
· Furthermore, the use of the gold colour to highlight the quality of a given
product is a common place associated with high quality and excellence and,
therefore, does not confer distinctive character on the product>.

L’avvocato Tassi segnala l’opposto esito dato dall’ufficio alla suola rossa di Louboutin (dopo il via libera della corte giustizia 12.06.2018, C-163/16)

L’eccezione di copia privata ex art. 5.2.a) dir. 29/2001 non si applica alla infrastruttura predisposta per il download con la tecnica del data deduplication (anche se il fornitore non effettua una comunicazione al pubblico)

C. giust. 13.07.2023, C-426/21, Ocilion c. SevenOne+1, affrotna l’ennesimo caso di rpedispisizione di infrasrtutrua perchè l’uitente poi da solo acceda a conteuti on line protetti.

Quyi la particolarità è luso della tecnica della data deduplicatin (la copia fatta dal  primo utente è consewrvata anche per eventuali altri sucecssivi)

Ma l’uso privato è difficilmente riscontarbile anche se è poi il singolo privato ad attivare il download:

<<45   A tale proposito, la tecnica di deduplica di cui trattasi nel procedimento principale conduce alla realizzazione di una copia che, lungi dall’essere a disposizione esclusiva del primo utente, è destinata ad essere accessibile, tramite il sistema offerto dal prestatore, ad un numero indeterminato di utenti finali, a loro volta clienti degli operatori di rete ai quali detto prestatore mette tale tecnica a disposizione.

46 In tali circostanze, è giocoforza constatare, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, che un servizio come quello offerto dalla Ocilion, che consente l’accesso a una riproduzione di un’opera protetta a un numero indeterminato di beneficiari a fini commerciali, non rientra nell’eccezione detta per «copia privata» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29>>.

Ciò non toglie però cjhe non ricora comunicazione al puibblico per il fornitore della infrasttura (ad alberghi o ad oepratori di rete):

<<61  nel caso di specie, come menzionato al punto 12 della presente sentenza, dalla decisione di rinvio risulta che la Ocilion fornisce agli operatori di rete, nell’ambito della sua soluzione on premise, l’hardware e i software necessari, nonché un’assistenza tecnica per garantirne la manutenzione.

62 Orbene, come rilevato dall’Avvocato generale ai paragrafi da 68 a 70 delle sue conclusioni, in assenza di qualsiasi collegamento tra il fornitore dell’hardware e dei software necessari e gli utenti finali, un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale non può essere considerato un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, realizzato dalla Ocilion.

63 Infatti, da un lato, un prestatore come la Ocilion non fornisce agli utenti finali l’accesso a un’opera protetta. È vero che esso fornisce agli operatori di rete l’hardware e i software necessari a tale riguardo, ma sono solo questi ultimi a consentire agli utenti finali l’accesso alle opere protette.

64 Dall’altro lato, poiché sono tali operatori di rete che forniscono agli utenti finali l’accesso a opere protette, conformemente alle modalità previamente definite tra loro, il prestatore che fornisce l’hardware e i software necessari agli operatori di rete per dare accesso a tali opere non svolge un «ruolo imprescindibile», ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza citata al punto 59 della presente sentenza, cosicché non si può ritenere che esso abbia realizzato un atto di comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29. Infatti, sebbene l’utilizzo di tale hardware nonché dei software, nell’ambito della soluzione on premise, appaia necessario affinché gli utenti finali possano guardare in differita le trasmissioni televisive, dalle indicazioni contenute nel fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che il prestatore che fornisce tale hardware nonché tali software intervenga per dare agli utenti finali accesso a tali opere protette.

65 In tale contesto, la circostanza che un tale prestatore sappia eventualmente che il suo servizio può essere utilizzato per accedere a contenuti di trasmissioni protetti senza il consenso dei loro autori non può di per sé essere sufficiente per ritenere che egli realizzi un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2001/29.

66 Del resto, dalla decisione di rinvio non risulta che l’assistenza tecnica offerta dalla Ocilion vada oltre la manutenzione e l’adeguamento dell’hardware e dei software necessari forniti e consenta a tale prestatore di influenzare la scelta dei programmi televisivi che l’utente finale può guardare in differita>>.

Tutela di autore per le carte geografiche? Anche si

Trib. Milano n. 72/2023 del 20.01.2023 , RG 10372/2020, rel. Salina:

<<Ciò posto e ferma, quindi, la astratta tutelabilità ai sensi della Legge sul diritto d’autore delle rappresentazioni grafiche per cui è causa, la protezione invocata dall’odierno attore e, quindi, il riconoscimento in capo allo stesso, quale autore dell’opera, dei relativi diritti patrimoniali e non patrimoniali, non può prescindere, a ben vedere, da una valutazione, specifica ed in concreto, dei requisiti prescritti ex lege a questo fine.
In particolare, l’opera dell’ingegno meritevole di tutela autoriale deve essere connotata, non solo, da originalità e novità, ma, soprattutto, deve avere carattere creativo, essendo preclusa la suddetta tutela per opere che riproducono, in modo diretto o fortemente evocativo, un’opera altrui già esistente, ricorrendo, altrimenti, l’ipotesi di plagio.
In particolare, ai fini del riconoscimento ad una carta geografica della tutela approntata dalla citata L. n. 633/41, è richiesto che la rappresentazione grafica, planimetrica e/o topografica, sia eseguita, ad esempio, con emblemi figurativi dei vari paesi, con fusione di colori e di elementi decorativi, sì da presentare propri caratteri di originalità e, di creatività artistica.
Ma la parte che intende beneficiare di tale tutela ha, anzitutto, l’onere, alla luce del generale principio dettato dall’art. 2697 c.c., di allegare, descrivere ed illustrare i particolari grafici che attribuirebbero all’opera i sopra individuati caratteri e, quindi, di fornire la prova della loro sussistenza>>.

Sul caso de quo:

<<Non si evince, infatti, quali sarebbero gli elementi grafici, estetici, cromatici, anche in reciproca combinazione tra loro, nei quali troverebbe espressione il carattere creativo conferito dall’autore, e, per ciò, il contributo personale nell’esteriorizzazione dell’idea alla base delle opere.
Del resto, la composizione dei dati e degli elementi ivi riportati, al di là della sua
lacunosa allegazione in atti, non risulta comunque originale e, in ogni caso, tale da consentire di cogliere un apporto individualizzante dell’autore che valga a rendere dette rappresentazioni inedite rispetto a quelle di cui parte convenuta, come detto, ha dimostrato documentalmente l’esistenza.
Il grave deficit assertivo e probatorio delle argomentazioni svolte dall’attore in punto di creatività delle opere per cui è causa preclude inevitabilmente la tutelabilità autoriale dal medesimo invocata, non essendo sufficiente a sopperire ad una siffatta carenza la mera dicitura, su di esse apposta, “Copyright Consultec Delta di Cazzola Daniele @giugno 2002 tutti i diritti sono riservati”.
Infatti, si tratta di una sorta di autocertificazione, in quanto tale unilateralmente
predisposta e riportata sulle rappresentazioni grafiche de quibus dal loro stesso autore, la cui valenza, ai fini e per gli effetti che qui rilevano, non può, in ogni caso, prescindere dalla verifica, positiva ed in concreto, dei requisiti di creatività ed originalità necessariamente richiesti dalla disciplina sopra commentata, potendo, semmai, detta autoreferenziale dicitura rilevare su un diverso piano contrattuale estraneo, però, al thema decidendum del presente giudizio.
Parimenti priva di rilevanza, sotto i medesimi profili fin qui esaminati, può attribuirsi al riconoscimento del copyright rivendicato dall’attore così come operato dalla Regione  Emilia Romagna con il documento prodotto dal Cazzola sub all. n. 3, giacché, anche in questo caso, la tutela autoriale presuppone il riscontro, positivo ed in concreto, dei requisiti come sopra prescritti ex lege>>.

Il collegio, poi, afferma che requisiti per la tutela sono pure l’originalità e la novità, oltre alla creatività (lo dà per scontato senza motivare, probabilmente perchè irrilevante al decidere). Solo che l’originalità è concetto sconosciuto in diritto di autore e che la novità è assai discussa, mancando agganci legislativi.

Impugnazione creditoria della rinuncia all’eredità fino a che non maturi la prescrizione decennale del diritto di accettare

Cass. sez. II 28 agosto 2023 n. 25.347, rel. Amato:

<<Si è discusso sulla questione della possibilità di applicazione del rimedio ex art. 524 c.c. a favore dei creditori soltanto in presenza di una rinunzia “formale” oppure anche nelle ipotesi di decadenza del chiamato dal diritto di accettare l’eredità a seguito dell’esperimento dell’actio interrogatoria ex art. 481 c.c. o ai sensi dell’art. 487, comma 3, c.c., ovvero nel caso di maturata prescrizione. Pur trattandosi di questioni dibattute in dottrina, si rileva che nella giurisprudenza di questa Corte – contrariamente a quanto sostenuto in sentenza (p. 7) – si è affermata la tesi estensiva con riferimento al meccanismo decadenziale previsto dall’art. 481 c.c. (Cass. Sez. 3, n. 7735 del 29.03.2007, punto 6.1.: (…)”da un lato, secondo l’art. 481 c.c., chiunque vi abbia interesse, e perciò pure chi se ne affermi creditore, può chiedere che al chiamato all’eredità sia fissato un termine nel quale dichiarare se accetta o rinuncia all’eredità; dall’altro, se rinunci o lasci trascorrere il termine senza accettare, ciò che comporta l’effetto che egli perda il diritto di accettare, l’art. 524 c.c. mette a disposizione dei creditori del chiamato lo strumento dell’azione di impugnazione della rinuncia”).

La stessa giurisprudenza, in linea con l’opinione dominante in dottrina, esclude – invece – il ricorso all’impugnazione ai sensi dell’art. 524 c.c. allorquando il diritto di accettare l’eredità si sia prescritto ai sensi dell’art. 480 cod civ.: “L’azione ex art. 524 c.c. è ammissibile unicamente ove i creditori abbiano richiesto, ai sensi dell’art. 481 c.c., la fissazione di un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinuncia all’eredità quando non sia ancora maturata la prescrizione del diritto di accettare l’eredità ex art. 480 c.c. In caso contrario si finirebbe per rimettere impropriamente in termini i creditori, anche con evidente pregiudizio dei successivi accettanti che confidano nella decorrenza di un termine prescrizionale per l’azione dei creditori inferiore a quello ordinario decennale” (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 15664 del 23.07.2020; Cass. Sez. 2, n. 33479 dell’11.11.2021)>>.

(sentenza segnalata da Ondif)

Responsabilità dei sindaci e transazione dell’obbligazione solidale in una recente sentenza del tribunale lagunare

Trib sez. imprese Venezia 18 sagosto 2023 n. 1476/2023, RG 550/2016, rel Campagner, esamina una lite sulla responsabilità di amminsitratori e sindaci promossa dalla curatela.

Riporto solo i passaggi sui due temi in oggetto:

Sindaci:

<<La violazione di tali obblighi è fonte di responsabilità risarcitoria, quando il danno (per la società, per i soci o per i creditori) non si sarebbe prodotto se i sindaci avessero vigilato e agito in conformità agli obblighi della loro carica.
Il che implica che l’accertamento della responsabilità dei Sindaci passa per un giudizio controfattuale, che impone di verificare se l’adozione del comportamento prescritto e l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo avrebbero impedito la verificazione del danno, mentre essi non rispondono in modo automatico per ogni fatto dannoso che amministratori negligenti abbiano posto in essere.
Ne discende che per poter accertare la sussistenza della responsabilità dei sindaci in concorso omissivo con il fatto illecito degli amministratori, colui che propone l’azione ex art. 2407 c.c. ha l’onere di allegare specificamente quali doveri sono rimasti inadempiuti e quali poteri non sono stati esercitati dai sindaci e di provare il danno ed il nesso di causalità tra quelle omissioni ed il danno, nesso che può ritenersi sussistente “quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”
(art. 2407, comma 2 c.c.)>

Transazione dell’obbligo risarcirorio pro quota:

<<Le suddette transazioni si riferiscono senza distinzione alcuna all’azione già intentata dal Fallimento; come esplicitato nel testo, ciascuna transazione ha determinato lo scioglimento del vincolo di solidarietà passiva con ogni altro coobbligato concorrente e ha ad oggetto i soli crediti relativi alla quota astratta individuale di responsabilità di ciascun transigente.
Tenendo conto della distinzione tra transazione pro quota e transazione dell’intero debito (ipotesi alla quale è applicabile l’art. 1304 c.c.) come tratteggiata da C. Civ. S.U. n. 30174 del 2011, il contratto stipulato da ciascun transigente deve essere qualificato come transazione pro quota, tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva rispetto al debitore che vi aderisce; essa non può coinvolgere gli altri condebitori, i quali dunque nessun titolo avrebbero per profittarne, salvo ovviamente che per gli effetti derivanti dalla riduzione del loro debito in conseguenza di quanto pagato dal debitore transigente .

Si deve, infatti, ulteriormente precisare che, qualora risulti che la transazione ha avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, come nel caso di specie, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto>>