Cass. Sez. III, Ord. 22/09/2023, n. 27.151, rel. Rossello:
<<5.2 Questa Corte, con orientamento consolidatosi sin dagli ultimi anni dello scorso millennio, e del tutto conforme (sino all’entrata in vigore della L. 24/2017, che ha espressamente qualificato in termini aquiliani la responsabilità del sanitario) ha chiarito che, nell’ipotesi in cui il paziente alleghi di aver subito danni in conseguenza di una attività svolta dal medico (eventualmente, ma non necessariamente, sulla base di un vincolo di dipendenza con la struttura sanitaria) in esecuzione della prestazione che forma oggetto del rapporto obbligatorio tra quest’ultima e il paziente, tanto la responsabilità della struttura quanto quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale: la prima, in quanto conseguente all’inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria, che il debitore (la struttura) deve adempiere personalmente (rispondendone ex art. 1218 c.c.) o mediante il personale sanitario (rispondendone ex art. 1228 c.c.); la seconda, in quanto conseguente alla violazione di un obbligo di comportamento fondato sulla buona fede e funzionale a tutelare l’affidamento sorto in capo al paziente in seguito al contatto sociale avuto con il medico, che diviene quindi direttamente responsabile, ex art. 1218 c.c., della violazione di siffatto obbligo (a partire da Cass., 22/1/1999, n. 589, cfr., tra le tante, Cass., 19/4/2006, n. 9085; Cass., 14/6/2007, n. 13953; Cass. 31/3/2015, n. 6438; Cass. 22/9/2015, n. 18610).
5.3 Ciò premesso, il criterio di riparto dell’onere della prova in siffatte fattispecie non è pertanto quello che governa la responsabilità aquiliana (nell’ambito della quale il danneggiato è onerato della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito ascritto al danneggiante), ma quello che governa la responsabilità contrattuale, in base al quale il creditore che abbia provato la fonte del suo credito ed abbia allegato che esso sia rimasto totalmente o parzialmente insoddisfatto, non è altresì onerato di dimostrare l’inadempimento o l’inesatto adempimento del debitore, spettando a quest’ultimo la prova dell’esatto adempimento (Cass., Sez. Un., 30/10/2001, n. 13533; conformi, ex multis, Cass. 11/2/2021, n. 3587; Cass., 4/1/2019, n. 98; Cass., 20/1/2015, n. 826) [però il creditore deve allegare l’inadempimento in modo circostanziato e preciso, altrimenti non potendosi ravvisare “allegaizone”]
5.4 Nelle fattispecie di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni professionali – si è ulteriormente precisato- è configurabile un evento di danno, consistente nella lesione dell’interesse finale perseguito dal creditore (la vittoria della causa nel contratto concluso con l’avvocato; la guarigione dalla malattia nel contratto concluso con il medico), distinto dalla lesione dell’interesse strumentale di cui all’art. 1174 c.c. (interesse all’esecuzione della prestazione professionale secondo le leges artis) [questo secondo è l’unico dedotto in obbligaizone e quindi rilevante] , e viene dunque in chiara evidenza la questione del nesso di causalità materiale, che rientra nel tema di prova di spettanza del creditore, mentre il debitore, ove il primo abbia assolto il proprio onere, resta gravato da quello “di dimostrare la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione” (Cass. 18392/2017; Cass., 11/11/2019, n. 28991; Cass., 31/8/2020, n. 18102).
5.5 Va, pertanto, data continuità al principio di diritto in base al quale “ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione; l’onere per la struttura sanitaria di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile sorge solo ove il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari” (così Cass., Sez. III, sent. 26/7/2017, n. 18392).
5.6 La Corte territoriale ha correttamente motivato nel senso che, dall’istruttoria svolta, è emerso incontrovertibilmente, come prescritto dal presidio ospedaliero (Omissis) all’atto delle dimissioni, che era compito della A.A. procurarsi il “girello” deambulatore e il rialzo per il water, che la A.A. avrebbe dovuto applicare il supporto detto “rialzo” sul water e che dette prescrizioni non erano state rispettate dalla stessa. Inoltre, l’uso improprio di una sedia per deambulare in luogo dell’apposito girello è stato posto in autonomia dalla stessa A.A.. Sulla base di tali emergenze probatorie la Corte territoriale ha ravvisato un concorso di colpa della danneggiata A.A., che ha ritenuto congruo stimare nella misura del 50% (così da p. 15, 3p., a p. 16, 2 p. della sentenza)>>.