Due insegnamenti sul trust (uno scontato, l’altro no)

Cass. sez. 3 del 6 ottobre 2023 n. 28.146, rel. Gorgoni:

1° la revoca dell’atto istitutivo del trust travolge pure l’atto traslativo che vi dà esecuzione ;

2° l’atto istitutivo non è oneroso e/o dovuto ma libero e dunque gratuito:

1° : <<la Corte territoriale ha rigettato il terzo motivo di appello con cui i ricorrenti, all’epoca appellanti, avevano denunciato la decisione del Tribunale per avere ritenuto revocabili gli atti istitutivi dei trust, con una doppia ratio decidendi: a) in applicazione del principio espresso da questa Corte nelle pronunce nn. 10498/2019 e 19376/2017, a mente del quale “l’atto avente natura dispositiva è quello mediante il quale il quale il bene conferito viene intestato al “trustee”, ma tanto non comporta che la domanda revocatoria debba essere necessariamente rivolta avverso questo negozio e non possa, invece, essere utilmente proposta nei confronti dell’atto istitutivo del “trust”, in quanto l’inefficacia dell’atto istitutivo, conseguente al vittorioso esperimento di un’azione revocatoria, comporta pure l’inefficacia dell’atto istitutivo”; b) posto che, dal tenore degli atti costitutivi dei (Omissis) e (Omissis) era dato evincere che a un parte introduttiva, nella quale si faceva riferimento all’istituzione dei trust, seguiva una parte dispositiva con cui erano stati individuati i beni conferiti, le conclusioni dell’atto di citazione di primo grado, indicando la richiesta di revoca “degli atti istitutivi del trust”, non erano volte a delimitare l’oggetto della domanda, ma solo “ad individuare l’atto impugnato secondo la sua iniziale intitolazione, richiamandolo integralmente soprattutto quanto al contenuto della parte dispositiva, alla quale ha esteso certamente la domanda (…)”;
i ricorrenti hanno censurato solo la prima ratio decidendi, peraltro, con argomentazioni immeritevoli di accoglimento, considerando che:
– “quand’anche il giudice del merito avesse dichiarato inefficace l’atto di costituzione del trust nella sola parte in cui ha disposto il trasferimento dei beni immobili”, i ricorrenti “non ne avrebbero tratto alcun vantaggio giuridico, dal momento che i rispettivi creditori avrebbero comunque potuto aggredire in executivis gli immobili” nei confronti del trustee avente causa” (Cass. 27/06/2018, n. 16897);
– “la constatazione che nel caso in cui all’istituzione del trust abbia fatto poi seguito l’effettiva intestazione del bene conferito al trustee – secondo quanto accaduto nella fattispecie concretamente in esame – la domanda di revocatoria, che a oggetto assume l’atto istitutivo, appare comunque idonea a produrre l’esito di inefficacia (dell’atto dispositivo) a cui propriamente tende la predetta azione (ove la dichiarazione di inefficacia potesse essere emessa anche in assenza dell’effettiva esistenza di un atto dispositivo, per contro, si fuoriuscirebbe senz’altro dalla funzione di conservazione patrimoniale che risulta specificamente connotare, nel sistema del c.c., come ripreso anche nella sede della normativa fallimentare, lo strumento dell’azione revocatoria)”, in quanto “l’atto di trasferimento e intestazione del bene conferito al trustee non risulta essere atto isolato e autoreferente. Nella complessa dinamica di un’operazione di trust, lo stesso si pone, per contro, non solo come atto conseguente, ma prima ancora come atto dipendente dall’atto istitutivo.
E’ in quest’ultimo atto, cioè, che l’atto dispositivo recupera la sua ragion d’essere e causa (in ipotesi) giustificatrice. E’, del resto, corrente osservazione in letteratura che il trustee risulta titolare di un
“ufficio”, o di una “funzione”; e che, quindi, è proprietario non già nell’interesse proprio, bensì nell’interesse altrui: secondo i termini e i modi volta a volta appunto consegnatigli dell’atto istitutivo.
La peculiare proprietà del trustee non potrebbe perciò “sopravvivere” all’inesistenza, o al caducarsi, dell’atto che viene nel concreto a conformare tale diritto (…). L’inefficacia dell’atto istitutivo, come prodotta dall’esito vittorioso di un’azione revocatoria, reca con sè, dunque, pure l’inefficacia dell’atto dispositivo.
La domanda di revoca dell’atto istitutivo viene, in altri termini, a colpire il fenomeno del trust sin dalla sua radice” (Cass. 15/04/2019, n. 10498);
non è stata attinta da censure la ratio decidendi riassunta supra sub lett. b); perciò deve applicarsi la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sè solo, idoneo a supportare il relativo dictum, per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbero che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla bade del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbero il gravame dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (Cass. 19/05/2021, n. 13595);>> [affermazione interessante]

2°  : <<- le nozioni di atto di disposizione patrimoniale e di terzo, contenute nell’art. 2901 c.c., “vanno parametrate alle peculiarità di un istituto che attribuisce alla disposizione del patrimonio un contenuto differente dalla tradizionale visione della circolazione dei beni” (Cass. n. 13388 del 29/5/2018, n. 13388);
“l’istituzione di trust familiare non integra, di per sè, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura – ai fini della revocatoria ordinaria – un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti” (così Cass.
03/08/2017, n. 19376; nella specie, il trust era finalizzato a fare fronte alle esigenze di vita e di studio della prole);
– “il negozio istitutivo di un trust, per considerarsi a titolo oneroso, deve essere posto in adempimento di un obbligo e dietro pagamento di un corrispettivo. Tanto si verifica, ad es., nei c.d. trust di garanzia, che sono istituiti da un debitore in seguito ad un accordo con i propri creditori. Al contrario, se il trust viene posto in essere in virtù di una spontanea determinazione volitiva del disponente e in mancanza di un vantaggio patrimoniale, l’atto costitutivo del trust deve essere considerato a titolo gratuito” (Cass. 04/04/2019, n. 9320)>>; [esatto, ma scontato]

Copyright e standards

La corte di appello del distretto di Columbia , 12.09.2023, No. 22-7063, AMERICAN SOCIETY FOR TESTING AND MATERIALS, ET AL v. PUBLIC.RESOURCE.ORG, INC., dà qualche interessante insegnamento sul tema (qui la pagina della corte mentre  qui il link diretto al pdf).

Tre organizzazioni, che predispongno standard per certi settori di impresa, fanno causa a public.resource.org, per aver pubblicato centinaia di standards: il che violerebbe il copyright su di essi gravante.

Di questi la maggior parte era anche stata inserita (incorporate) nella legislazione usa.

La corte di appello dice che tale pubblicaizone da parte di https://public.resource.org/ costituisce fair use (per la parte incorporated).

I primi tre fattori del 17 us code § 107 sono a favore del convenuto.

L’ultimo (effetti economici sul mercato dell’opera protetta) è invece incerto: ma non basta a controbilanciare gli altri tre.

<<n ASTM II, we noted that Public Resource’s copying may harm the market for the plaintiffs’ standards, but we found the extent of any such harm to be unclear. 896 F.3d at 453. We noted three considerations that might reduce the amount of harm: First, the plaintiffs themselves make the incorporated standards available for free in their reading rooms. Second, Public Resource may not copy unincorporated standards—or unincorporated portions of standards only partially incorporated. Third, the plaintiffs have developed and copyrighted updated versions of the relevant standards, and these updated versions have not yet been incorporated into law. We asked the parties to address these issues, among others, on remand. See id.
The updated record remains equivocal. The plaintiffs press heavily on what seems to be a common-sense inference: If users can download an identical copy of an incorporated standard for free, few will pay to buy the standard. Despite its intuitive appeal, this argument overlooks the fact that the plaintiffs regularly update their standards—including all 185 standards at issue in this appeal. And regulators apparently are much less nimble in updating the incorporations. So, many of the builders, engineers, and other regular consumers of the plaintiffs’ standards may simply purchase up-to-date versions as a matter of course. Moreover, some evidence casts doubt on the plaintiffs’ claims of significant market injury. Public Resource has been posting incorporated standards for fifteen years. Yet the plaintiffs have been unable to produce any economic analysis showing that Public Resource’s activity has harmed any relevant market for their standards. To the contrary, ASTM’s sales have increased over that time; NFPA’s sales have decreased in recent years but are cyclical with publications; and ASHRAE has not pointed to any evidence of its harm. See ASTM III, 597 F. Supp. 3d at 240.
The plaintiffs’ primary evidence of harm is an expert report opining that Public Resource’s activities could put the plaintiffs’ revenues at risk. Yet although the report qualitatively describes harms the plaintiffs could suffer, it makes no serious attempt to quantify past or future harms. Like the district court, we find it “telling” that the plaintiffs “do not provide any quantifiable evidence, and instead rely on conclusory assertions and speculation long after [Public Resource] first began posting the standards.” ASTM III, 597 F. Supp. 3d at 240.
Finally, our analysis of market effects must balance any monetary losses to the copyright holders against any “public benefits” of the copying. Oracle, 141 S. Ct. at 1206. Thus, even if Public Resource’s postings were likely to lower demand for the plaintiffs’ standards, we would also have to consider the substantial public benefits of free and easy access to the law. As the Supreme Court recently confirmed: “Every citizen is presumed to know the law, and it needs no argument to show that all should have free access” to it. Georgia v. Public.Resource.Org., Inc., 140 S. Ct. 1498, 1507 (2020) (cleaned up)>>.

Sintesi sul quarto:

<<We conclude that the fourth fair-use factor does not significantly tip the balance one way or the other. Common sense suggests that free online access to many of the plaintiffs’ standards would tamp down the demand for their works. But there are reasons to doubt this claim, the record evidence does not strongly support it, and the countervailing public benefits are substantial.>>

Sintesi comlpèessiva: <<In sum, the first three factors under section 107 strongly favor fair use, and the fourth is equivocal. We thus conclude that Public Resource’s non-commercial posting of incorporated standards is fair use>>

Altro rigetto di registrazione come marchio per la suola Birkenstock

Marcel Pemsel su IPKat comunica la decisione del Bundespatentgericht 21 agopsto 2023 che il pattern trademark (marchi costiotuiti da motivi ripetuti o seriali) de quo manca di distintività, confondendosi copn ll’aspetto tipico delle suole di calzari (purtroppo decisione in tedesco)

Chi è responsabile per i danni (da infiltraizoni) derivanti da terrazza condominiale ma ad uso esclusivo? Sia il Condominio che l’usuario esclusivo (come custode ex art. 2051 cc)

Cass. sez. 2 ord. del 9 ottobre 2023 n. 28.253, rel. Scarpa:

<<5.3. Uniformandosi al principio di diritto enunciato da Cass. Sez. Unite 10 maggio 2016, n. 9449, deve ribadirsi che in tema di condominio negli edifici, qualora l’uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ex art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull’assemblea dei condomini ex art. 1135, comma 1, n.4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria, regolandosi il concorso di tali responsabilità, secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c., a meno che non risulti la prova della riconducibilità del danno a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare>>.

Poi :

<<5.5. Ora, con riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva, compresa in un edificio condominiale, subisca, come accertato nella specie, per effetto dell’inadempimento dell’obbligo gravante sul condominio di deliberare e di eseguire le necessarie opere di riparazione e di manutenzione, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il medesimo condominio, in base all’art. 2051 c.c., e cioè in relazione alla ricollegabilità di tali danni all’inosservanza da parte del condominio medesimo di provvedere, quale custode, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa. Peraltro, ove, come ancora nella specie, i danni subiti dal singolo condomino derivino dalle condizioni di degrado delle parti comuni imputabili già all’originario venditore, unico proprietario pro indiviso dell’edificio, che ha poi proceduto al frazionamento e dato luogo alla costituzione del condominio, non è di ostacolo a ravvisare la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c., per il protrarsi della omessa riparazione, la transazione intercorsa tra i condomini e il medesimo venditore, avente ad oggetto i lavori da eseguire sulle medesime parti comuni dell’edificio per eliminarne i difetti in esse riscontrati, con esclusione della garanzia contrattuale ai sensi dell’art. 1490, comma 2, c.c., in quanto il condominio non subentra quale successore a titolo particolare nella responsabilità posta a carico del venditore (o costruttore), ma assume dal momento della sua costituzione il distinto obbligo, quale custode dei beni e dei servizi comuni, di adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno (arg. da Cass. n. 3209 del 1991; n. 6856 del 1993; n. 3753 del 1999; n. 1994 del 1980)>>.

Enuncia il seg. principio di diritto:

il titolare di una unità immobiliare compresa in un edificio condominiale può esperire azione risarcitoria contro il condominio, in base all’art. 2051 c.c., per i danni derivanti dalle condizioni di degrado di un lastrico solare di uso esclusivo, ancorché tali difetti siano imputabili già all’originario venditore, unico proprietario pro indiviso dell’edificio, e siano stati oggetto di transazione con i condomini acquirenti al momento della costituzione del condominio, con esclusione della garanzia contrattuale ai sensi dell’art. 1490, comma 2, c.c., in quanto il condominio non subentra quale successore a titolo particolare nella responsabilità posta a carico del venditore, ma assume dal momento della sua costituzione l’obbligo, quale custode dei beni e dei servizi comuni, di adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno.

Altra azione contro società di A. I., basata su diritto di autore: Concord Music, Universal Music e altri c. Anthropic PBC

Tramite il modello AI chiamato Claude2, Anthropic violerebbe il copyright di molte canzoni (della loro parte letterariA) . Così la citazione in giudizio da parte di molti produttori (tra i maggiori al mondo, parrebbe).

Ne dà notizia The Verge oggi 19 ottobre (articolo di Emilia David), ove trovi pure il link all’atto introduttivo di citazione in giudizio.

Riposto solo i passi sul come fuinziona il traininig e l’output di Claude2 e poi dove stia la vioalzione.

<<6 . Anthropic is in the business of developing, operating, selling, and licensing AI technologies. Its primary product is a series of AI models referred to as “Claude.” Anthropic builds its AI models by scraping and ingesting massive amounts of text from the internet and potentially other sources, and then using that vast corpus to train its AI models and generate output based on this copied text. Included in the text that Anthropic copies to fuel its AI models are the lyrics to innumerable musical compositions for which Publishers own or control the copyrights, among countless other copyrighted works harvested from the internet. This copyrighted material is not free for the taking simply because it
can be found on the internet. Anthropic has neither sought nor secured Publishers’ permission to use their valuable copyrighted works in this way. Just as Anthropic does not want its code taken without its authorization, neither do music publishers or any other copyright owners want their works to be exploited without permission.
7.
Anthropic claims to be different from other AI businesses. It calls itself an AI “safety and research” company, and it claims that, by training its AI models using a so-called “constitution,” it ensures that those programs are more “helpful, honest, and harmless.” Yet, despite its purportedly principled approach, Anthropic infringes on copyrights without regard for the law or respect for the creative community whose contributions are the backbone of Anthropic’s infringing service.
8.
As a result of Anthropic’s mass copying and ingestion of Publishers’ song lyrics, Anthropic’s AI models generate identical or nearly identical copies of those lyrics, in clear violation of Publishers’ copyrights. When a user prompts Anthropic’s Claude AI chatbot to provide the lyrics to songs such as “A Change Is Gonna Come,” “God Only Knows,” “What a Wonderful World,” “Gimme Shelter,” “American Pie,” “Sweet Home Alabama,” “Every Breath You Take,” “Life Is a Highway,” “Somewhere Only We Know,” “Halo,” “Moves Like Jagger,” “Uptown Funk,” or any other number of Publishers’ musical compositions, the chatbot will provide responses that contain all or significant portions of those lyrics>>.

<<11. By copying and exploiting Publishers’ lyrics in this manner—both as the input it uses to train its AI models and as the output those AI models generate—Anthropic directly infringes Publishers’ exclusive rights as copyright holders, including the rights of reproduction, preparation of derivative works, distribution, and public display. In addition, because Anthropic unlawfully enables, encourages, and profits from massive copyright infringement by its users, it is secondarily liable for the infringing acts of its users under well-established theories of contributory infringement and vicarious infringement. Moreover, Anthropic’s AI output often omits critical copyright management information regarding these works, in further violation of Publishers’ rights; in this respect, the composers of the song lyrics frequently do not get recognition for being the creators of the works that are being distributed. It is unfathomable for Anthropic to treat itself as exempt from the ethical and legal rules it purports to embrace>>

Come funziona il training di AI:

<<54. Specifically, Anthropic “trains” its Claude AI models how to generate text by taking the following steps:
a.  First, Anthropic copies massive amounts of text from the internet and potentially other sources. Anthropic collects this material by “scraping” (or copying or downloading) the text directly from websites and other digital sources and onto Anthropic’s servers, using automated tools, such as bots and web crawlers, and/or by working from collections prepared by third parties, which in turn may have been harvested through web scraping. This vast collection of text forms the input, or “corpus,” upon which the Claude AI model is then trained.
b.   Second, as it deems fit, Anthropic “cleans” the copied text to remove material it perceives as inconsistent with its business model, whether technical or subjective in nature (such as deduplication or removal of offensive language), or for other  reasons.
In most instances, this “cleaning” process appears to entirely ignore copyright infringements embodied in the copied text.
c.   Third, Anthropic copies this massive corpus of previously copied text into computer memory and processes this data in multiple ways to train the Claude AI models, or establish the values of billions of parameters that form the model. That includes copying, dividing, and converting the collected text into units known as “tokens,” which are words or parts of words and punctuation, for storage. This process is referred to as “encoding” the text into tokens. For Claude, the average token is about 3.5 characters long.4
d.   Fourth, Anthropic processes the data further as it “finetunes” the Claude AI model and engages in additional “reinforcement learning,” based both on human feedback and AI feedback, all of which may require additional copying of the collected text.
55.   Once this input and training process is complete, Anthropic’s Claude AI models generate output consistent in structure and style with both the text in their training corpora and the reinforcement feedback. When given a prompt, Claude will formulate a response based on its model, which is a product of its pretraining on a large corpus of text and finetuning, including based on reinforcement learning from human feedback. According to Anthropic, “Claude is not a bare language model; it has already been fine-tuned to be a helpful assistant.”5 Claude works with text in the form of tokens during this processing, but the output is ordinary readable text>>.

Violazioni:

<<56.
First, Anthropic engages in the wholesale copying of Publishers’ copyrighted lyrics as part of the initial data ingestion process to formulate the training data used to program its AI models.
57.
Anthropic fuels its AI models with enormous collections of text harvested from the internet. But just because something may be available on the internet does not mean it is free for Anthropic to exploit to its own ends.
58.
For instance, the text corpus upon which Anthropic trained its Claude AI models and upon which these models rely to generate text includes vast amounts of Publishers’ copyrighted lyrics, for which they own or control the exclusive rights.
59.
Anthropic largely conceals the specific sources of the text it uses to train its AI models. Anthropic has stated only that “Claude models are trained on a proprietary mix of publicly available information from the Internet, datasets that we license from third party businesses, and data that our users affirmatively share or that crowd workers provide,” and that the text on which Claude 2 was trained continues through early 2023 and is 90 percent English-language.6 The reason that Anthropic refuses to disclose the materials it has used for training Claude is because it is aware that it is copying copyrighted materials without authorization from the copyright owners.
60.
Anthropic’s limited disclosures make clear that it has relied heavily on datasets (e.g., the “Common Crawl” dataset) that include massive amounts of content from popular lyrics websites such as genius.com, lyrics.com, and azlyrics.com, among other standard large text
collections, to train its AI models.7
61.
Moreover, the fact that Anthropic’s AI models respond to user prompts by generating identical or near-identical copies of Publishers’ copyrighted lyrics makes clear that Anthropic fed the models copies of those lyrics when developing the programs. Anthropic had to first copy these lyrics and process them through its AI models during training, in order for the models to subsequently disseminate copies of the lyrics as output.
62.
Second, Anthropic creates additional unauthorized reproductions of Publishers’ copyrighted lyrics when it cleans, processes, trains with, and/or finetunes the data ingested into its AI models, including when it tokenizes the data. Notably, although Anthropic “cleans” the text it ingests to remove offensive language and filter out other materials that it wishes to exclude from its training corpus, Anthropic has not indicated that it takes any steps to remove copyrighted content.
63.
By copying Publishers’ lyrics without authorization during this ingestion and training process, Anthropic violates Publishers’ copyrights in those works.
64.
Third, Anthropic’s AI models disseminate identical or near-identical copies of a wide range of Publishers’ copyrighted lyrics, in further violation of Publishers’ rights.
65.
Upon accessing Anthropic’s Claude AI models through Anthropic’s commercially available API or via its public website, users can request and obtain through Claude verbatim or near-verbatim copies of lyrics for a wide variety of songs, including copyrighted lyrics owned and controlled by
Publishers. These copies of lyrics are not only substantially but strikingly similar to the original copyrighted works>>

<<70.
Claude’s output is likewise identical or substantially and strikingly similar to Publishers’ copyrighted lyrics for each of the compositions listed in Exhibit A. These works that have been infringed by Anthropic include timeless classics as well as today’s chart-topping hits, spanning a range of musical genres. And this represents just a small fraction of Anthropic’s infringement of Publishers’ works and the works of others, through both the input and output of its AI models.
71.
Anthropic’s Claude is also capable of generating lyrics for new songs that incorporate the lyrics from existing copyrighted songs. In these cases, Claude’s output may include portions of one copyrighted work, alongside portions of other copyrighted works, in a manner that is entirely inconsistent and even inimical to how the songwriter intended them.
72.
Moreover, Anthropic’s Claude also copies and distributes Publishers’ copyrighted lyrics even in instances when it is not asked to do so. Indeed, when Claude is prompted to write a song about a given topic—without any reference to a specific song title, artist, or songwriter—Claude will often respond by generating lyrics that it claims it wrote that, in fact, copy directly from portions of Publishers’ copyrighted lyrics>>.

<<80.
In other words, Anthropic infringes Publishers’ copyrighted lyrics not only in response to specific requests for those lyrics. Rather, once Anthropic copies Publishers’ lyrics as input to train its AI models, those AI models then copy and distribute Publishers’ lyrics as output in response to a wide range of more generic queries related to songs and various other subject matter>>.

Per ogni negozio giuridico una distinta nota di trascrizione (non potendosi usare il solo quadro D)

Cass. sez. 2 del 16.10.2023 n. 28.694, rel. Scarpa, relativo alla menzione nel solo quadro D della costituzione di servitù a carico di altro  fondo del venditore e a favore del compratore:

<<qualora un contratto di compravendita di un fondo contenga una ulteriore convenzione, costitutiva di un diritto di servitù in favore dell’immobile alienato ed a carico di altro fondo di proprietà del venditore, agli effetti della L. n. 52 del 1985, art. 17, comma 3, è necessario presentare distinte note di trascrizione per il negozio di trasferimento della proprietà e per la convenzione di costituzione della servitù, né rileva, ai fini della opponibilità della servitù ai terzi, la menzione del relativo titolo contrattuale nel “quadro D” della nota di trascrizione della vendita, trattandosi di inesattezza che induce incertezza sul rapporto giuridico a cui si riferisce l’atto>>.

Precisazione assai utile nella pratica, anche se scontata (ma la prassi è in effetti incerta. Il quadro D contiene precisazioni o specificaizoni ma giammai ciò che, costituendo negozio autonomo, va distrituito nei quadri A, B e C.

Marchio “Emoji” usato solo a fini descrittivi della propria attività

Eric Goldman dà notizia di NORTHERN DISTRICT Court OF ILLINOIS
EASTERN DIVISION 29 settembre 2023, No. 22-cv-2378, Emoji company v. vari soggetti .

La convenuta aveva usato il marchio denominativo (la parola) “Emoji” nel descrivere i propri prdotti, dato che vendeva stickers che ricordavano la forma di emojis.

Si tratta di fair use secondo il diritto dei marchi usa  (da noi art. 21 c.1 c.p.i., xa vedere se lettere b) o c)), dice la corte.

Là è l’argt. 15 US Core § 1115.b. (4): << That the use of the name, term, or device charged to be an infringement is a use, otherwise than as a mark, of the party’s individual name in his own business, or of the individual name of anyone in privity with such party, or of a term or device which is descriptive of and used fairly and in good faith only to describe the goods or services of such party, or their geographic origin;>> (la Corte non menziona la fattispecie sub (4), ma altre paiono non adatte)

Interessante è anche la questione della volgarizzazione del segno.

La corte dice che, impregiudicato se lo sia per digital icons, non lo è per altri prodottio come gli stickers fisici sub iudice: <<But those facts do not strip Emoji Company of trademark protection for the term “emoji”
on classes of products other than digital icons, such as, as relevant here, stickers. That’s because
“emoji” is not a generic term for stickers or emoji-themed stickers. See McCarthy, supra at 12:1
(stating that when a name is generic, “the name of the product answers the question ‘What are
you?’”); see also H.D. Michigan, Inc., 496 F.3d at 760 (“A company’s name may be generic as to
one of its products, but not generic as to its other products, even those related to the first
product. Two Second Circuit decisions illustrate this principle. In one, the court . . . held that the
word ‘safari’ is generic as applied to a type of khaki hat and jacket, but not generic as applied to
boots, shoes, shirts, ice chests, and tobacco. See Abercrombie & Fitch Co. v. Hunting World Inc.,
537 F.2d 4, 11-12 (2d Cir. 1976). In another, the court held that the word ‘self-realization’ is a
generic name for a yoga organization (people performing yoga attempt to attain self-realization),
but descriptive as applied to yoga books and classes. See Self–Realization Fellowship Church v.
Ananda Church of Self–Realization, 59 F.3d 902, 909-10 (9th Cir. 1995).”). Thus, Winlyn has not
shown that Emoji Company has a less-than-likely shot at success on the merits on the basis that its
mark is generic and therefore unprotectable>>.

Questa la pubblicità della covnenuta (su Amazon; immagine rpesa dal blog di Eric Goldman):

Emanate le linee guida ministeriali sull’applcazione dell’art. 65 cod. propr. ind.

Il c. 5 del c.p.i., dopo la novella 2023 (L. 102 del 2023), così recita:

<<5. I diritti derivanti dall’invenzione realizzata nell’esecuzione
di attivita’ di ricerca svolta dai soggetti di cui al comma 1,
finanziata, in tutto o in parte, da altro soggetto, sono disciplinati
dagli accordi contrattuali tra le parti redatti sulla base delle
linee guida, che individuano i principi e i criteri specifici per la
regolamentazione dei rapporti contrattuali, adottate con decreto del
Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il
Ministro dell’universita’ e della ricerca, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Sono
fatti salvi gli accordi stipulati tra le parti prima dell’emanazione
delle predette linee guida>>.

Il Ministero predetto ha pubblicato sul suo cito le Linee guida allegate al D.M. 26.09.2023.

Qui la pagina ad hoc del sito minsiteriale .

la parte più interessante è quella del regim,e delel consocemnze prefgresse e di quelle attese (§§  6.4 – 6.5)

La prova ematologica nell’azione per dichiarazione giudiziale di paternità non è sottoposta a precondizioni ma può essere dipostas in qualunque momento processuale

Cass. Sez. I, ord. 12 ottobre 2023 n. 28.444,  Rel. Pazzi, sull’art. 269 c.2 cc:

<<In tesi di parte ricorrente nell’economia del giudizio volto alla dichiarazione di paternità le indagini genetiche potrebbero essere disposte soltanto se risulti dimostrata in altro modo la sussistenza di una relazione sentimentale tra il presunto padre e la madre; in assenza di questa prova il rifiuto opposto alle indagini genetiche sarebbe giustificato e impedirebbe l’applicazione del disposto dell’art. 116 c.p.c..
La fondatezza di una simile tesi è stata smentita, da tempo, dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha chiarito come nei giudizi volti alla dichiarazione giudiziale di paternità l’ammissione degli accertamenti immuno-ematologici non è subordinata all’esito della prova storica dell’esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacchè il principio della libertà di prova, sancito, in materia, dall’art. 269 c.c., comma 2, non tollera surrettizie limitazioni, nè mediante la fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare quella paternità, nè, conseguentemente, mediante l’imposizione, al giudice, di una sorta di “ordine cronologico” nella loro ammissione ed assunzione, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge, e risolvendosi una diversa interpretazione in un sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 14976/2007, Cass. 19583/2013, Cass. 3479/2016, Cass. 16128/2019).
Va dunque escluso che nei suddetti giudizi il figlio attore debba fornire alcuna prova o principio di prova in ordine all’esistenza di una relazione tra la propria madre ed il presunto padre antecedentemente all’ammissione della C.T.U. avente ad oggetto l’esame del D.N. A..
Ne discende che una simile pretesa probatoria, del tutto infondata, non poteva giustificare il rifiuto dell’odierno ricorrente di sottoporsi alle indagini ematologiche disposte dal primo giudice, come giustamente ha rilevato la Corte territoriale; i giudici distrettuali, di conseguenza, hanno fatto corretta applicazione dell’orientamento consolidato di questa Corte (Cass. 7092/2022, Cass. 3479/2016, Cass. 6025/2015, Cass. 12971/2014, Cass. 11223/2014) secondo cui il rifiuto ingiustificato di sottoporsi agli esami ematologici costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c., anche in assenza di prove di rapporti sessuali tra le parti, in quanto è proprio la mancanza di riscontri oggettivi certi e difficilmente acquisibili circa la natura dei rapporti intercorsi e circa l’effettivo concepimento a determinare l’esigenza di desumere argomenti di prova dal comportamento processuale dei soggetti coinvolti.
Per questo motivo è possibile trarre la dimostrazione della fondatezza della domanda anche soltanto dal rifiuto ingiustificato a sottoporsi all’esame ematologico del presunto padre, posto in opportuna correlazione con le dichiarazioni della madre, e tale rifiuto costituisce un comportamento valutabile da parte del giudice, ex art. 116 c.p.c., comma 2, di così elevato valore indiziario da poter anche da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda (Cass. 18626/2017, Cass. 26914/2017, Cass. 28886/2019)>>.

(segnalazione e testo offerti da Ondif)

Violazione di copyright (fornendo link a opere protette) da parte della piattaforma

Eric Goldman posta un commento (dandone pure il link, che segue, al testo) a US Appels Court del 10 circuito 16 ottobre 2023, caso No. 21-4128, Greer v. Moon e Kiwi Farms.

Si tratta di azione contro la pericolosissima piattaforma Kiwi Farms che nel caso permise l’upload da parte di terzi di materiale in violazione di copyright.

IL punto giuridico è se ricorra o meno un suo contributory infringement e in particolare l’elemento della material coontribution: cioè del terzo dei tre richiesti dalla giurisprudenza usa (“Mr. Greer had to plausibly allege: (1) his copyrighted work was directly infringed by a third party, (2) Mr. Moon and Kiwi Farms “kn[ew] of the infringement,” and (3) Mr. Moon and Kiwi Farms “cause[d] or materially contribute[d] to [third parties’] infringing activities.” Diversey, 738 F.3d at 1204.9 We address each in turn“).

Nel caso specifico la piattafroma non solo non rimosse il materiale, anzi dichiarandolo apertamente, ma pure irrise la vittima (tra l’altro affetta da facial paralysis)

Ecco il passaggio:

<<When Mr. Greer discovered the book had been copied and placed in a Google Drive on Kiwi Farms, he “sent Mr. Moon requests to have his book removed . . . .” RI.18. Mr. Moon pointedly refused these requests. RI.18. In fact, instead of honoring the requests, Mr. Moon posted his email exchange with Mr. Greer to Kiwi Farms, belittling Mr. Greer’s attempt to protect his copyrighted material without resort to litigation. RI.18–19.
After the email request, Kiwi Farms users continued to upload audio recordings of Mr. Greer’s book, followed by digital copies of his song. When Mr. Greer discovered the song on Kiwi Farms, he sent Mr. Moon a takedown notice under the DMCA. Mr. Moon not only refused to follow the DMCA’s process for removal and protection of infringing copies, he “published [the] DMCA request onto [Kiwi Farms],” along with Mr. Greer’s “private contact information.” RI.22. Mr. Moon then “emailed Greer . . . and derided him for using a template for his DMCA request” and confirmed “he would not be removing Greer’s copyrighted materials.” RI.23. Following Mr. Moon’s mocking refusal to remove Mr. Greer’s book and his song, Kiwi Farms users “have continued to exploit Greer’s copyrighted material,” including two additional songs and a screenplay. RI.23>>.