Cass. sez. III ord. 11/12/2023 n. 34.516, rel. Porreca:
1) <<quanto alla mancata adozione della tecnica a quel tempo non ancora recepita dalle linee guida, questa sì opzione in tesi imperita, deve ricordarsi che questa Corte ha ripetutamente escluso sia una rilevanza normativa delle linee in parola, sebbene siano un parametro di accertamento della colpa medica (Cass., 29/04/2022, n. 13510), sia, soprattutto, una generale rilevanza “parascriminante” delle stesse che non assurgono “al rango di fonti di regole cautelari codificate, non essendo né tassative né vincolanti, e comunque non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la miglior soluzione per il paziente. Di tal che, pur rappresentando un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa medica, esse non eliminano la discrezionalità giudiziale, libero essendo il giudice di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta (Cass. pen. 16237/2013; 39165/2013). Non senza osservare, ancora, come il giudice delle leggi, con la sentenza n. 295 del 2013, abbia chiaramente specificato che la limitazione di responsabilità ex art. 3, comma 1 della cd. Legge Balduzzi (nel perimetro indicato) trovi il suo invalicabile limite nell’addebito di imperizia – giacché le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia – e non anche quando l’esercente la professione sanitaria si sia reso responsabile di una condotta negligente e/o imprudente” (Cass., 09/05/2017, n. 11208, pag. 11); [esatto ma anche ovvio]
<<non a caso la L. n. 24 del 2017, sia pure successiva ai fatti al pari della cd. legge Balduzzi come osserva il Pubblico Ministero, all’art. 5 fa anch’essa salva la specificità del caso concreto;
la Corte territoriale ha accertato, ancora in fatto, che, nello specifico caso, la nuova tecnica era di gran lunga più opportuna, per la sua capacità, già documentata, di ridurre in altissima misura il marcato rischio di complicanza poi infatti intervenuta, aggiungendo che si trattava di tecnica già conosciuta dalla comunità scientifica di settore, sebbene da pochi anni, e tale da aver “vicariato” quella tradizionale (pagg. 18-19);
parte ricorrente sostiene che si trattava di tecnica invece ancora sperimentale ed affatto conclusivamente validata, ma lo fa richiamando studi oggetto di allegazione che non dimostra come e quando processualmente svolta davanti ai giudici di merito, dunque nuova e non scrutinabile nella presente sede di legittimità a critica vincolata, oltre che perimetrata dall’inibizione di censura, anche sostanziale seppure non formalmente evocata, per omesso esame, stante la doppia conforme di merito di rigetto (art. 348-ter c.p.c., comma 5, applicabile “ratione temporis” e, peraltro, al contempo reintrodotto dal D.Lgs. n. 149 del 2022, come previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 4; né avrebbe potuto dirsi dimostrata, da parte ricorrente, la diversità delle ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito: cfr. Cass., 22/12/2016, n. 26774, Cass., 28/02/2023, n. 5947);
il Collegio di merito ha così implicitamente quanto univocamente configurato, sul punto, un’ipotesi di colpa grave rispetto allo specifico caso;>>
2° ) <<e’ stato progressivamente chiarito il principio per cui nel rapporto interno tra la struttura sanitaria e il medico di cui quella si sia avvalsa, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo dev’essere di regola ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo dell’art. 1298 c.c., comma 2, e art. 2055 c.c., comma 3, in quanto la struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un’eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione (Cass., 11/11/2019, n. 28987);
per ritenere superato l’assetto interno così ricostruito, non basta, pertanto, ritenere che l’inadempimento fosse ascrivibile alla condotta del medico, ma occorre considerare il composito e duplice titolo in ragione del quale la struttura risponde solidalmente del proprio operato, sicché sarà onere del “solvens”:
a) dimostrare – per escludere del tutto una quota di rivalsa – non soltanto la colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno, ma la derivazione causale di quell’evento dannoso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, in un’ottica di ragionevole bilanciamento del peso delle rispettive responsabilità sul piano dei rapporti interni;
b) dimostrare – per superare la presunzione di parità delle quote, ferma l’impossibilità di comprimere del tutto quella della struttura, eccettuata l’ipotesi sub a) – che alla descritta colpa del medico si affianchi l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze nell’adempimento del contratto di spedalità da parte della struttura, comprensive di controlli atti a evitare rischi dei propri incaricati, da valutare in fatto, da parte del giudice di merito, in un’ottica di duttile apprezzamento della fattispecie concreta (Cass., 20/10/2021, n. 29001);>>
[già più interessante]