Cass. sez. I, ord. 12/03/2024 n. 6.453, rel. Meloni:
<<Occorre premettere che il giudizio riguarda la revisione delle condizioni di divorzio, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970. Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la revisione dell’assegno divorzile di cui all’art. 9 della l. n. 898 del 1970 postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata (Cass. 10133/2007; Cass. 787/2017; Cass. 11177/2019). Appare altresì opportuno rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, nr. 18287 del 11/07/2018) hanno affermato “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (sul punto anche Cass. 5603/2020 e 17098/2019).
Ciò premesso nel caso concreto, la censura risulta infondata in quanto la Corte d’appello ha ritenuto correttamente valida ed efficace la pattuizione intervenuta tra i coniugi successivamente alla sentenza di divorzio, trovando essa fondamento nell’art. 1322 c.c. e nel principio di autonomia negoziale ivi stabilito e non costituendo detto accordo una lesione di diritti indisponibili e poi ha osservato che già all’epoca del decreto del 19.03.2021 erano state prese in considerazione tutte le circostanze sopravvenute rispetto al momento della pronuncia della sentenza divorzile e nuovamente riproposte dallo Sc.En. nel procedimento in esame (…), va osservato che l’unica novità e rappresentata dal trasferimento del figlio Fe. presso il padre. Trattasi di circostanza che il Tribunale ha senz’altro considerato, dal momento che ha revocato l’assegno posto a carico del padre per il mantenimento del figlio (pari ad euro 700,00) e ha confermato la contribuzione della madre nella misura del 50% alle spese straordinarie scolastiche e sanitarie del minore. “La revisione dell’assegno divorzile richiede la presenza di “giustificati motivi” e impone la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali. Ove, pertanto, le ragioni invocate per la revisione siano tali da giustificare la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile, è indispensabile accertare con rigore l’effettività dei mutamenti e verificare l’esistenza del nesso di causalità tra gli stessi e la nuova situazione economica instauratasi. (Cass. 354/2023)”.
Tale valutazione è stata effettuata – con ampia ed adeguata motivazione – dalla Corte territoriale, che ha tenuto conto anche delle circostanze dedotte dal ricorrente che, per converso, tende a sollecitare un inammissibile riesame di merito>>.
E poi:
<<Nel giudizio di divorzio, al fine di quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore per il mantenimento dei figli economicamente non autosufficienti, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (Cass. 19299/2020; Cass. 4145/2023). Nella specie, la Corte ha preso in adeguata considerazione la situazione economica di entrambe le parti, pervenendo ad una soluzione che tiene conto del fatto che entrambi i figli vivono con il padre, esonerato dal corrispondere per essi un assegno di mantenimento, ponendosi a carico della madre – in considerazione ella sua capacità reddituale inferiore – un contributo per le spese straordinario.
Nel caso in esame la Corte di merito ha adeguatamente ed esaurientemente valutato i singoli elementi e la situazione complessiva ed il motivo si traduce in una inammissibile richiesta di riesame delle circostanze di merito. Il ricorso deve quindi essere respinto>>.