Sulla determinazione dell’assegno divorzile

Cesare Fossati su Ondif così massima e,  sotto, commenta Cass. Sez. I  Ord. 27 febbraio 2024, n. 5.148, rel. Parise:

<<All’assegno divorzile deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche quella perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. È inoltre richiesto l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, dovendo trovare applicazione i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte dell’art. 5 della Legge 898/1970 e ss.mm.ii>>.

Commento:  “La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in oggetto, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite sul tema (Cass. S.U. 18287/2019 e, ex multis, da ultimo Cass. n. 9144/2023), attribuisce alla funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, assegnata all’assegno divorzile, la finalità di riconoscere il ruolo e il contributo fornito dalla parte economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale di ciascuno degli ex coniugi in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente.

La sentenza impugnata, per non avere accertato lo squilibrio effettivo e di non modesta entità tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, né se la sperequazione, ove esistente, fosse, o meno, la conseguenza del contributo fornito dall’ex moglie alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, né precisato in relazione a quale finalità fosse stato riconosciuto l’assegno divorzile, né se vi fosse già stata “remunerazione” dell’apporto dell’ex moglie, mediante l’attribuzione in suo favore della proprietà di due beni immobili da parte del coniuge obbligato, e per avere, viceversa, attribuito rilevanza al parametro del mantenimento del tenore di vita matrimoniale, viene cassata nei limiti dei motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, a cui viene demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità”.

Offerte pubblicitarie c.d. “Real Time Bidding” in internet e data protection: il relativo consenso costituisce “dato personale”?

Dice di si la Corte di Giustizia EU qualora l’interessato sia individuabile : il che avviene se il suo consenso sia abbinato al relativo indirizzo IP.

Questa in sintesi la risposta resa da Corte di Giustizia 7 marzo 2024, C-604/22, IAB Europe c. Gegevensbeschermingsautoriteit., con l’intervento di altri.

La CG esamina la fattispecie delle aste  automatiche di presenza pubblicitaria negli spazi creati dai colossi del web (Google e social vari) , che viene cocnessa a chi offre di più.  Meccanismo che però avviene “dietro le quinte”, cioè in modo non tarsparente all’utente, e che per questo è di fatto sconosciuto al grande pubblico.

La CG ne offre una spiegazione, imprescindibile per comprendere la decisione (spt. §§ 20-26), se non si è già nel settore.

Qui mi limito a ricordare il concetto di TC String (Transparency and Consent String), elemento digitale che comprende i consensi espressi.

Ed ora il passo più pertinente:

<< 43  Orbene, anche se una TC String, di per sé, non contenesse elementi che consentano l’identificazione diretta dell’interessato, rimarrebbe comunque il fatto, in primo luogo, che essa contiene le preferenze individuali di un utente specifico per quanto riguarda il suo consenso al trattamento dei dati personali che lo riguardano, nella misura in cui tale informazione «[riguarda] una persona fisica», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del RGPD.

44 In secondo luogo, è altresì pacifico che, quando le informazioni contenute in una TC String sono associate a un identificativo, come in particolare l’indirizzo IP del dispositivo di tale utente, esse possono consentire di creare un profilo di detto utente e di identificare effettivamente la persona specificamente interessata da tali informazioni.

45 Poiché il fatto di associare una stringa composta da una combinazione di lettere e di caratteri, come la TC String, a dati supplementari, in particolare all’indirizzo IP del dispositivo di un utente o ad altri identificatori, consente di individuare tale utente, si deve ritenere che la TC String contenga informazioni riguardanti un utente identificabile e costituisca quindi un dato personale, ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del RGPD, il che viene corroborato dal considerando 30 del RGPD, che fa espresso riferimento ad una fattispecie del genere>>.

Nella questione pregudiziale successiva la CG esamina il quesito della titolarità del trattamento e cioè se il primo creatore della stringa cit. rimanga titolare  anche dopo averla ceduta a terzi per gli impieghi successivi. E la risposta è negativa.

Arrivata la sentenza (ma sfavorevole) nella causa contro lo Stato italiano per fargli adottare provvedimenti contro il surriscaldamento climatico

i media danno notizia di Trib. Roma sottoscritta il 234.02.2024, RG 39415/2021, g. des. Canonaco, testo leggib ile in giudiziouniversale.eu , precisamente al seguente link.

La domanda chiedeva che, accertata la responsabilità, fosse ordinata allo Stato l’adozione dei provvedimenti opportuni ex art. 2058 cc (risacimento in forma specifica):

“- In via principale, accertare e dichiarare, per le ragioni di cui ai punti da VI.1 a VI.12 della narrativa, la responsabilità ex art. 2043 c.c. dello Stato italiano e per esso della Presidenza del Consiglio in persona del Presidente del Consiglio p.t;
– per l’effetto, condannare il convenuto ex art. 2058, co. 1, c.c. all’adozione di ogni necessaria iniziativa per l’abbattimento, entro il 2030, delle emissioni nazionali artificiali di CO2-eq nella misura del 92% rispetto ai livelli del 1990, ovvero in quell’altra, maggiore o minore, in corso di causa accertanda”.

Il Trib. ha rigettato per carenza di giurisdizione, spettanto solo al potere politico/legislativo ogni decisione in merito.

<<La domanda, così prospettata, non è diretta a richiedere l’accertamento del diritto degli attori al risarcimento del danno per l’illegittimo esercizio da parte dello Stato della potestà legislativa afferente al cambiamento climatico in violazione degli obblighi vincolanti e a tutela dei diritti umani fondamentali.

La domanda risarcitoria ricollegata alla titolarità di un diritto soggettivo (e come tale considerata scrutinabile dal giudice ordinario), per come formulata, è diretta in concreto a chiedere, quale petitum sostanziale, al giudice un sindacato sulle modalità di esercizio delle potestà statali previste dalla Costituzione. (.,…) . climatico. Si chiede al giudice di accertare i presupposti dell’illecito, ma tale accertamento non può prescindere da un sindacato sul “quando” e sul
quomodo dell’esercizio di potestà pubbliche (che pure tiene conto delle indicazioni provenienti dalla scienza) e la pretesa risarcitoria è solo la conseguenza eventuale di tale accertamento”>>.

E poi:

<< mentre non può ritenersi sussistere una obbligazione dello Stato (di natura civile coercibile da parte del singolo) di ridurre le emissioni nel senso voluto dagli attori.
In questi termini, l’interesse di cui si invoca la tutela risarcitoria ex art.2043 e 2051 c.c. non rientra nel novero degli interessi soggettivi giuridicamente tutelati, in quanto le decisioni relative alle modalità e ai tempi di gestione del fenomeno del cambiamento climatico antropogenico – che comportano valutazioni discrezionali di ordine socio-economico e in termini di costi-benefici nei più vari settori della vita della collettività umana – rientrano nella sfera di attribuzione degli organi politici e non sono sanzionabili nell’odierno giudizio. Con
l’azione civile proposta gli attori chiedono nella sostanza al Tribunale di annullare i provvedimenti anche normativi di carattere primario e secondario (come illustrati dalla Difesa erariale nelle pp. 11 e ss. della comparsa di costituzione ed evincibili dalla documentazione depositata in data 15.03.2022), che costituiscono attuazione delle scelte politiche del legislatore e del governo per il raggiungimento degli obiettivi assunti a livello internazionale ed europeo (nel breve e lungo periodo) in violazione di un principio cardine dell’ordinamento rappresentato dal principio di separazione dei poteri.
Gli attori nel contestare l’inadeguatezza e l’insufficienza della condotta dello Stato nel contrastare i cambiamenti, lamentano una responsabilità del c.d. Stato-legislatore, non predicabile fuori dai casi di violazione del diritto dell’Unione europea. Come si evince dalla stessa prospettazione attorea, la responsabilità dello Stato sarebbe originata dalle condotte omissive, commissive e provvedimentali del Governo e del Parlamento che non consentirebbero il raggiungimento di obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli cui lo Stato si è vincolato.
Quelli posti in essere dal Governo e dal Parlamento, e qui oggetto di censura, sono tuttavia atti, provvedimenti e comportamenti manifestamente espressivi della funzione di indirizzo politico, consistente nella determinazione delle linee fondamentali di sviluppo dell’ordinamento e della politica dello Stato nella delicata e complessa questione, indubbiamente emergenziale, del cambiamento climatico antropogenico. Le censure mosse si appuntano sull’azione di indirizzo politico posta in essere dai titolari della sovranità statuale in ordine alle concrete modalità con cui stanno contrastando il cambiamento climatico per il raggiungimento degli obiettivi individuati nell’ambito dell’ordinamento eurounitario e internazionale>>.

Finzione di avveramento della condizione in un preliminare di vendita, sottoposto alla condizione (mista) sospensiva di mutamento della condizione urbanistica dell’immobile

Cass. sez.2, ord. 6 marzo 2024, n. 5.976, rel. Mocci:

“Nel caso in cui le parti subordinino gli effetti di un
contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione
che il promissario acquirente ottenga da un ente pubblico la
necessaria autorizzazione amministrativa, la relativa condizione è
qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione dei titoli
abilitativi urbanistici non solo dalla volontà della P.A., ma anche dal
comportamento del promissario acquirente nell’approntare la
relativa pratica, sicché la mancata concessione del titolo comporta
le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi, ai sensi
dell’art. 1359 c.c., un eventuale comportamento omissivo del
promissario acquirente, sia perché tale disposizione è inapplicabile
nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una data
prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento della
condizione, sia perché l’omissione di un’attività in tanto può
ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilità,
in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista, con conseguente esclusione dell’obbligo di considerare avverata la condizione”.

Sorte dei crediti verso società cancellata dal registro imprese e onere della prova

Cass. sez. III ord. 14/02/2024 n. 4.141, rel. Tassone:

“Questa Corte ha già avuto modo di affermare che in tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495 cod. civ., comma 2, implica che l’obbligazione sociale non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, sicché grava sul creditore l’onere della prova circa la distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi di elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio (Cass., 13/12/2022, n. 36407 ; Cass., 22 giugno 2017, n.n. 15474; Cass., 6 dicembre 2019, n.n. 31933). [esatto ma … scontato]

Come emerge dalla lettura della sentenza impugnata (v. p. 9), la corte territoriale ha correttamente attribuito al Gi.Ma. l’onere della prova e lo ha ritenuto assolto, motivando in riferimento alle produzioni documentali offerte, tra cui la Relazione del liquidatore al bilancio finale di liquidazione con l’allegato prospetto di riparto, svolgendo dunque una motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici; inconferenti sono dunque le ulteriori considerazioni delle ricorrenti, che finiscono per sollecitare un riesame del fatto e della prova precluso in sede di legittimità (v. tra le tantissime, Cass., 02/02/2022, n. 3119; Cass., 11/10/2018, n. 25348; Cass., 28/06/2018, n. 17036; Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054)”.

La SC poi ribadisce regole consolidate sulla transazione della obbligaizone solidale (dell’intero, sottoposto a regime diverso da quello proprio della transazione sulla quota)

Il progetto Superlega calcistica scrutinato con successo dalla Corte di Giustizia

Usciota ora in traduzione italiana (chissà perchè c’e voluto così tanto, anche se sin dall’inizio c’era almeno quella inglese) la sentenza di dicembre u.s. sul progetto Superlega promosso da società spagnole, inglesi e italiane (Iuventus e le due milanesi).-

si tratta di Corte di giustizia 21.12.2023, C-333/21, European Superleague Company SL, c. FIFA-UEFA.

La risposta al giudice a quo spagnolo è favorevole al progetto Superlega: la reazione (azionando clausole statutarie) di FIFA-UEFa, consistente nell’escludere club e giocatori aderenti  dalla partecipazione ai loro tornei, costuisce abuso di posizione domnante.

Risposte della CG per il giudice a quo:

<<1) L’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce un abuso di posizione dominante il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.

2) L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di associazione di imprese che ha per oggetto di impedire la concorrenza il fatto che associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, abbiano adottato e applichino, direttamente o per il tramite di federazioni calcistiche nazionali che ne sono membri, norme che subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di una nuova competizione calcistica tra club e che controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a una siffatta competizione, senza che tali diversi poteri siano disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.

3) L’articolo 101, paragrafo 3, e l’articolo 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che le norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a siffatte competizioni, possono beneficiare di un’esenzione dall’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE o essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE solo ove sia dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che sono soddisfatti tutti i requisiti richiesti a tal fine.

4) Gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi:

– non ostano a norme emanate da associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, laddove esse designino tali associazioni quali proprietarie originali di tutti i diritti che possano sorgere dalle competizioni sotto la loro «giurisdizione», qualora dette norme si applichino unicamente alle competizioni organizzate dalle suddette associazioni, escludendo quelle che potrebbero essere organizzate da entità o imprese terze;[ovvietà assoluta!]

– ostano a siffatte norme laddove queste attribuiscano a dette medesime associazioni un potere esclusivo in materia di commercializzazione dei diritti di cui trattasi, salvo sia dimostrato, mediante argomenti ed elementi di prova convincenti, che sono soddisfatti tutti i requisiti richiesti affinché tali norme possano beneficiare, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, di un’esenzione dall’applicazione del paragrafo 1 di detto articolo ed essere considerate giustificate alla luce dell’articolo 102 TFUE.[ovvietà assoluta!]

5) L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a norme con cui associazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, che esercitano in parallelo diverse attività economiche legate all’organizzazione di competizioni, subordinano alla loro previa autorizzazione l’istituzione, da parte di un’impresa terza, sul territorio dell’Unione, di competizioni calcistiche tra club e controllano, a pena di sanzioni, la partecipazione dei club di calcio professionistico e dei giocatori a tali competizioni, quando tali norme non sono disciplinate da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.>>

Risposte esatte, anche se, a dispetto del clamore mediatico, per nulla difficili: costituiscono infatti piana applicaizone della disciplina antitrust, piaccia o meno a chi vi ha controinteressi emotivi o -soprattutto- finanziari.

Divulgazione al pubblico del modello, distruttiva del carattere individuale, costituita da fotografie apparse su Instagram

Il Tribunale UE 6 marzo 2024, T-647/22 Puma c. EUIPO+Handelsmaatschappij J. Van Hilst BV rigetta l’impugnaizone e conferma che la condotta de qua costituisce divulgazione ex art. 7 reg. 6/2004.

Condotta relativa ad un modello di scarpe da tempo libero, registrato ma anticipato da uso del titolare oltre i 12 mesi anteriori al deposito (art. 7.2.b) del reg.

La condotta divulgativa consistette nell’uso delle scarpe Puma da parte di Rihanna, documentato da fotografie apparse su Instagram.

Ebbene, si tratta di divulgazione, dice il Trib.

IL quale respinge pure il giudizio in senso opposto proposto da Puma sulla base di una asserita non nitidezza e e di insufficiente visionabilità delle fotegrafie.

Altra questione è se serva la divulgazione dell’intero modello oppure basti anche solo quella di una sua parte (significativa). Risposta nel primo senso, direi. Ed allora si deve vedere se sia ricorsa o meno nel caso. Discute bene la cosa Marcel Pemsel in IPKat.

Trib. Roma sulla responsabilità del provider per materuiali caricati dagli utenti

Eleonora Rosati su IPKat ci notizia di (e ci linka a) due sentenza 2023 di Trib. Roma sez. spec. impr. sull’oggetto, entrambe tra RTI (attore) e una piattaforma di hosting files (Vimeo e V Kontacte).

Le domande sono respinte, alla luce del precedente della Corte di Giustizia Cyando del 2021.

Si tratta di :

Trib. Roma 07.04.2023 n. 5700/2023, RG 59780/2017, Giudice rel. Picaro, RTI  c. Vimeo;

Trib. Roma 12.10.2023 n. 14531/2023, RG 4341/2027, giud. rel.: Cavaliere, RTI v. V Kontakte;

Per Rosati la lettura del pcedente europeo è errata.

Qui io solo evidenzio che i) civilisticamente non ha dignità giuridica da noi la distinzine tra responsabilità primaria e secondaria/indiretta nel caso di materiali illeciti caricati dagli utenti e ii) il safe harbour copre ogni responsabilità da esso conseguente.

Il punto più importante è che, per perdere il safe harbour, bisogna che il provider avesse contezza dell’esistenza degli specifici illeciti azionati, non di una loro generica possibilità.

Altra questione poi è quella del livello di dettaglio della denuncia al provider da parte del titolare dei diritti.   Per il Trib. deve essere elevato: ed è  esatto, stante il principio per cui onus probandi incumbit ei qui dicit , regola processuale che va applicata anche alla denuncia de qua (nè c’è ragione per caricare il provider di attività faticose e incerte, a meno che tali non siano più per ragioni ad es. di avanzamento tecnologico).

Servizi di “print on demand” violano il diritto di marchio? Probabilmente si

Eric Goldman dà notizia di e link a US DIST. COURT-WESTERN DISTRICT OF MICHIGAN SOUTHERN DIVISION 1 marzo 2024 ,Case No. 1:23-cv-611 , Canvafishj c. Pixels.com, che non stoppa la domanda per violazione di marchio di un’artista contro il servizio  di print on demand offerto da Pixels.com.

La riproduzione, fatta a richeista del cliente, costituisce uso del marchio altrui: <<Even with those gaps, viewing the allegations in a light most favorable to Canvasfish, and considering the greater degree of control Pixels exercises over its manufacturing and shipping process than Redbubble, Canvasfish has made a plausible case that Pixels is a “user” of the trademarks on the products it displays on its websites, and Canvasfish has therefore stated a plausible trademark infringement claim>>.

Però, si badi, il ruolo giocato da Pixels è in effetti significativo: <<Pixels’ services allow third-party creators to upload artwork, photographs, and any other digital images they choose to any of its websites. Pixels does not police the content that is uploaded. (Id. ¶ 23.) Once creators have uploaded images, consumers can browse the entire catalog of content and purchase a number of physical products bearing those images which Pixels will then manufacture and ship anywhere in the country. (Id.) Pixels offers “canvas, wood, and acrylic art prints, greeting cards, phone cases, duvet covers, pillows, shower curtains, and tote bags.” (Id. ¶ 24.) When a consumer has selected an image and a physical product, that image is  sent to a Pixels printing facility where the image is printed onto the product and shipped to the purchaser. (Id. ¶ 27.) Typically, the images are printed on “low-quality products, often overseas.” (Id. ¶ 50.)   In addition to the printing and shipping services Pixels provides, it also offers an augmented reality application through its mobile app that allows potential buyers to see what the selected artwork will look like when it is hung on their wall. (Id. ¶ 25.) “Pixels is actively involved in nearly every aspect of its users’ sales.” (Id. ¶ 28.) It maintains the library of art, acts as the payment processor, and manufactures, prints, warehouses, and ships each product sold through its websites and mobile applications. (Id.)>>

Viene fatta proseguire anche l’azione basata su violazione di copyright

Eric Goldman oggi 6 marzo 2024 dà notizia di altra analoga causa decisa in sostanza nello stesso modo.

Ripasso su accertamento e determinazione del danno non patrimoniale alla persona (difficile quella del danno morale in caso di lesioni lievi)

Cass.  sez. 3, ord. 01/03/2024, n. 5547, rel. Iannello:

<<4.1. La più recente ed ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Cass. 17/01/2018, n. 901; 27/03/2018, n. 7513; 28/09/2018, n. 23469; 4/02/2020, n. 2461; v. anche da ultimo Cass. 3/03/2023, n. 6444), in tema di risarcimento del danno alla persona ha fissato i seguenti principi, che è utile ribadire in questa sede in quanto direttamente rilevanti rispetto alla questione posta:

– sul piano del diritto positivo, l’ordinamento riconosce e disciplina (soltanto) le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: art. 1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.; art. 185 c.p.);

– la natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Corte cost. n. 233 del 2003; Cass. Sez. U. 11/11/2008, nn. 26972-26975) deve essere interpretata, sul piano delle categorie giuridiche (anche se non sotto quello fenomenologico) rispettivamente nel senso:

a. di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica;

b. di onnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni;

– nel procedere all’accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss.) e delle modifiche degli artt. 138 e 139 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), introdotte dall’art. 1, comma 17, della legge 4 agosto 2017, n. 124 – la cui nuova rubrica (“danno non patrimoniale”, sostitutiva della precedente “danno biologico”), ed il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale – deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale e, cioè, tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione), quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto);

– nella valutazione del danno alla salute, in particolare – ma non diversamente che in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto (Cass. nn. 8827-8828 del 2003; Cass. Sez. U. n. 6572 del 2006; Corte cost. n. 233 del 2003) – il giudice dovrà, pertanto, valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale – che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso – quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce “altro da sé”);

– nel caso di lesione della salute, costituisce, pertanto, duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno c.d. esistenziale, appartenendo tali c.d. “categorie” o “voci” di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l’art. 32 Cost.);

– non costituisce, invece, duplicazione risarcitoria la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e ss. (ove si legge che la norma di cui all’art. 139 cod. ass. “non è chiusa anche al risarcimento del danno morale”), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’art. 138 lett. e), cod. ass., introdotta – con valenza evidentemente interpretativa – dalla legge di stabilità del 2016;

4.2. Deriva da tali enunciati che, a fini liquidatori, si deve procedere a una compiuta istruttoria finalizzata all’accertamento concreto e non astratto del danno, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, valutando distintamente, in sede di quantificazione del danno non patrimoniale alla salute, le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera interiore (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione) rispetto agli effetti incidenti sul piano dinamico-relazionale (che si dipanano nell’ambito delle relazioni di vita esterne), autonomamente risarcibili (v. Cass. n. 23469 del 2018, cit.).

4.3. Con particolare riferimento all’uso delle presunzioni in materia di danno morale, occorrerà sottrarsi ad ogni prassi di automaticità nel riconoscimento di tale danno in corrispondenza al contestuale riscontro di un danno biologico, attesa l’esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie destinate a tradursi in un’ingiusta locupletazione del danneggiato, laddove quest’ultimo si sia sottratto a una rigorosa allegazione e prova di fatti secondari idonei a supportare, sul piano rappresentativo, la prospettata sofferenza di conseguenze dell’illecito rilevabili sul piano del proprio equilibrio affettivo-emotivo.

4.4. A tal fine, la possibilità di invocare il valore rappresentativo della lesione psico-fisica (in sé considerata come danno biologico) alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare, in termini inferenziali, l’eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale (v. Cass. 10/11/2020, n. 25164), dovrà ritenersi tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l’entità dell’invalidità riscontrata, attesa la ragionevole e intuibile idoneità di fatti lesivi di significativa ed elevata gravità a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale (ragionevolmente tali da legittimare il riconoscimento dalla compresenza di un danno morale accanto a un danno biologico), rispetto alla corrispettiva idoneità delle conseguenze limitate a un danno biologico di modesta entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità (e sempre salva la prova contraria), tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del c.d. danno morale (così, del tutto condivisibilmente, in motivazione, Cass. n. 6444 del 2023, cit.).

Da tanto segue la ragionevole affermazione del principio declinabile sul piano probatorio secondo cui, al riconoscimento di danni biologici di lieve entità (come avvenuto nel caso di specie), corrisponderà un maggior rigore nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale (Cass. n. 6444 del 2023, cit.)>>.