Responsabilità da cose in custodia e prova liberatoria

Cass. sez. II, ord.  22/03/2024 n. 7.789 rel. gianniti:

<<Occorre premettere che questa Corte, con ordinanza 01/02/2018, n. 2482 (e, nello stesso senso, con ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018) ha avuto modo di precisare che:

«In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro».

Tale principio di diritto – successivamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 27724/2018; n. 20312/2019; n. 38089/2021; n. 35429/2022; nn. 14228 e 21675/2023), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022) – è stato poi ancor più di recente riaffermato, statuendosi (Cass. n. 11152/23) che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass., ord. 20/07/2023, n. 21675, Rv. 668745-01) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole. (…)

Orbene, dando corretta applicazione ai suddetti principi la corte territoriale – dopo aver ribadito che il Pi.Gi.si era visto crollare addosso il cancello di notevoli dimensioni (avente un peso di circa 300 kg ed una lunghezza di quasi 3 metri) mentre stava svolgendo nei pressi la propria attività lavorativa; e che l’immobile, ove è avvenuto l’evento, risultava essere di proprietà della società Ca., <<per cui deve ritenersi che tale società abbia acquisito, tra l’altro, la disponibilità in concreto della cosa che specificatamente ha cagionato il danno>> -ha ritenuto (p. 15) che la relativa responsabilità fosse a carico della società Ca., che, quale proprietaria, sul bene poteva esercitare attività di controllo non senza aggiungere che: <<tale doverosa attività neppure può ritenersi venuta meno per il fatto che la posa in opera del cancello sia stata affidata a terzi, facendo pur sempre carico al proprietario la relativa verifica>>.

B) Ciò posto, la società ricorrente censura la sentenza, come sopra rilevato, nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che resterebbe a carico del custode anche l’ipotesi del c.d. fatto ignoto, mentre, nel caso di specie, a dire della società ricorrente, si sarebbe verificata un’ipotesi di fatto imputabile al terzo (rimasto ignoto), che aveva costituito una causa interruttiva del nesso causale tra la res e l’evento dannoso.

Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ciò che è rimasto ignoto non è l’individuazione del terzo, cui sarebbe imputabile il fatto; ma è l’individuazione della causa remota del danno, essendo tuttavia provata la sua derivazione dalla res di cui la Ca. era custode, quale proprietaria dello stabilimento in cui essa si trovava.

Orbene, se è vero che la responsabilità del custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c., può essere esclusa solo dall’accertamento positivo che il danno è stato causato dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato, il quale deve avere avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno (Cass. n. 20359/2005; n. 10556/1998), è anche vero che, nel caso di specie, la società proprietaria del cancello non ha fornito la prova che il crollo fosse stato causato dal fatto del terzo o da un evento imprevedibile od eccezionale, considerato che, per ottenere l’esonero dalla responsabilità al custode, è richiesta la prova che il fatto del terzo o quello naturale abbiano i requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità, quindi, dell’idoneità a produrre l’evento, escludendo fattori causali concorrenti (Cass. n. 20359 e n. 1655/2005; n. 2062/2004).

D’altronde, Cass. n. 25029/2008, nell’affermare (sulla scia di Cass. n. 21244 e n. 3651/2006) il principio di diritto richiamato nella sentenza impugnata (p. 15) – dopo aver premesso che <<Per ottenere l’esonero dalla responsabilità, il custode deve provare, in particolare, che il fatto del terzo abbia i requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità e che sia, quindi, idoneo a produrre l’evento, escludendo fattori causali concorrenti>> ha significativamente aggiunto: <<L’individuazione precisa del terzo non costituisce elemento essenziale per la prova dell’interruzione del nesso eziologico, nel caso in cui sia, comunque, certo l’effettivo ruolo del terzo stesso nella produzione dell’evento. Qualora, invece, (come nel caso di specie ndr) persista l’incertezza sull’individuazione della concreta causa del danno, pur essendo certo che essa derivi dalla cosa, la responsabilità rimane a carico del custode, non essendo il fatto ignoto idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell’accadimento, difettando in concreto la prova Daèfucaso fortuito>>.

Occorre aggiungere che la corte territoriale ha ritenuto (p. 17) che, quand’anche si fosse riusciti ad accertare la causa del crollo del cancello, ciò non poteva comunque valere a liberare da responsabilità la società proprietaria, la quale avrebbe dovuto vigilare affinché la cosa non causasse danni a terzi, <<facendo pur sempre carico al proprietario la relativa verifica, che non esclude né altrimenti limita il generale obbligo civilistico della idonea custodia, acquisendo il proprietario la disponibilità del bene di modo che la responsabilità verso i terzi, secondo le previsioni del citato art. 2051 c.c., grava soltanto su di esso>> (cfr. p. 16 della sentenza di appello).

Tanto costituisce una corretta estrinsecazione descrittiva del contenuto della responsabilità oggettiva per danni da cosa in custodia, che prescinde totalmente, com’è noto e per la oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, da qualunque colpa o condotta del custode>>.

Il ragionamento pare esatto.