Cass. sez. III, ord. 25/03/2024 n. 8.036, Vincenti (testo preso da DeJure Giuffrè).
Il fatto processuale e la conferma della valutazione di appello:
<<la Corte territoriale ha, infatti, adottato un impianto giustificativo della propria decisione ben lungi dal presentare quella anomalia motivazionale (tra cui, per l’appunto, la contraddittorietà intrinseca che si coglie nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili) suscettibile di tramutarsi in violazione di legge (art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.) costituzionalmente rilevante (art. 111 Cost.), in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tra le tante: Cass., S.U., n. 8053/2014; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 6758/2022; Cass. n. 7090/2022).
8.1. – Il giudice di appello – proprio in riferimento alle doglianze dell’Im. incentrate sull’omessa effettuazione di RMN nel corso dell’accesso al P.S. del 29 settembre 2012, ritenuto “unico esame diagnostico veramente necessario, ma sufficiente, per comprendere l’avvenuta insorgenza” della mielopatia – ha, anzitutto, escluso (sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica medico-legale ex art. 696-bis c.p.c.) che la condotta tenuta nell’occasione dalla El.Ve. potesse integrare inadempimento della prestazione sanitaria di “emergenza od urgenza” in ragione del fatto che in siffatto perimetro non erano riconducibili le condizioni cliniche dell’Im., il quale presentava una “sintomatologia … non univoca ed in un certo qual senso aspecifica”, inducente alla verifica della sussistenza di una “manifestazione cardiaca acuta” oppure di “problematiche ortopediche” (e verso quest’ultime essendosi risolte le effettuate indagini strumentali), senza che vi fosse “”alcun sintomo suggestivo” che deponesse “per una patologia neurologica””, tale da rendere necessario che il paziente fosse trattenuto in Pronto Soccorso ovvero fosse ricoverato, risultando, invece, corretta la decisione di “rinviarlo all’attenzione del medico curante suggerendo una visita ortopedica e una terapia antinfiammatoria”.
La Corte territoriale ha, poi, preso in ulteriore considerazione la circostanza che la El.Ve., nonostante che non vi fosse traccia nel referto del P.S., avesse effettivamente consigliato all’Im. di effettuare una RMN; tuttavia, il giudice di appello ha evidenziato che, “(i)n ogni caso” – ossia, pur prescindendo dal fatto se un tale consiglio vi sia o meno stato -, la RMN non rappresentava un esame di “primo livello”, da eseguirsi, pertanto, in pronto soccorso e ciò, segnatamente, tenuto conto delle “condizioni cliniche presentate dal sig. Im.Ci. al momento dell’accesso” in data 29 settembre 2012, essendo la prescrizione della risonanza magnetica nucleare da rimettersi alla decisione dello specialistica ortopedico all’esito della relativa visita.
Infine, la Corte d’appello – pur reputando sufficienti le argomentazioni anzidette per il rigetto dell’appello – ha esaminato la censura dell’Im. basata “sulla supposizione … affacciata dal collegio peritale, secondo cui la patologia degenerativa neurologica e la sofferenza midollare potevano essere già attuali a fine settembre 2012”, così da potersi dire integrata la colpa medica nell’esecuzione di indagini diagnostiche solo parziali. Sul punto, il giudice di secondo grado ha evidenziato che un tale quadro clinico non era dimostrabile come sussistente alla data del 29 settembre, sebbene “non escludibile a priori”, ma che, “(i)n ogni caso” (seppure la patologia neurologica fosse stata già in atto a quella data), rimanevano valide le considerazioni già svolte sull’assenza di colpa della El.Ve.; ossia, quelle relative ad una condotta coerente, in sede di medicina d’urgenza e di emergenza, con la presenza di una sintomatologia non univoca e aspecifica tale da non evidenziare sintomi di una patologia neurologica e da consigliere, quindi, ulteriori indagini in pronto soccorso o anche un ricovero>>.
Cioè il secondo giudice ha esattamente tenuto conto delle peculiarità dell’inTervento in una sede urgente come il PS.
Motivaizone quindi congrua: <<8.2. – La motivazione della sentenza impugnata (cfr. sintesi al Par. 2 del “Ritenuto che”; segnatamente pp. 10/12 della sentenza di appello) si sviluppa, quindi, in base ad un iter argomentativo pienamente intelligibile e privo di radicali aporie, dando contezza in modo coerente delle ragioni a fondamento della decisione di rigetto delle doglianze dell’appellante.
Queste, infatti, si snodano in base ad una ratio decidendi portante – quella per cui la El.Ve., nell’occasione dell’accesso dell’Im.Ci. al P.S. in data 29 settembre 2012, ha tenuto, “nell’approccio diagnostico e terapeutico”, una condotta “corrispondente alle regole dell’arte”, in quanto affatto coerente con la sintomalogia aspecifica che presentava il paziente -, intorno alla quale gravitano ulteriori rationes decidendi (consiglio di effettuare una RMN e presenza di patologia neurologica già alla data anzidetta) che, però, non smentiscono, né contraddicono quella, autonoma e da sola idonea a sorreggere la pronuncia di rigetto del gravame, che attiene all’esclusione – di volta in volta ribadita dal giudice di appello – di profili di colpa medica nell’operato della El.Ve.>>.
Segue la generalizzazione della disciplina in simili contesti:
<< 10. – Il sesto motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
10.1. – E’ infondato là dove censura la sentenza impugnata per non essersi conformata al principio secondo cui la medicina di urgenza/emergenza richiede un approccio volto anzitutto “al rapido inquadramento diagnostico e alla determinazione degli accertamenti indispensabili al pronto intervento, per confermare la diagnosi, in modo da predisporre con speditezza e le azioni per la risoluzione della patologia che ha determinato l’accesso al pronto soccorso”, giacché la Corte territoriale ha valutato la condotta della El.Ve. proprio sotto lo specifico profilo di esser stata resa come prestazione sanitaria in ambito di pronto soccorso, in armonia con le relative linee guida, avendo il medico operato la diagnosi – e di conseguenza disposto le opportune indagini diagnostiche e provveduto alla successive indicazioni terapeutiche – in ragione della sintomatologia aspecifica del paziente, inducente alla verifica soltanto dell’alternativa tra una patologia cardiaca e una di rilevanza ortopedica.
Né, peraltro, è concludente il richiamo al precedente di questa Corte (Cass. n. 19372/2021) in forza del quale si è affermato, rispetto alla prestazione di guardia medica, che sussiste la responsabilità del sanitario per la morte del paziente visitato e dimesso, con apposita prescrizione farmacologica, se sia configurabile il suo inadempimento nella forma di una condotta omissiva o di una diagnosi errata o di una misura di cautela non presa, ove l’evento di danno si ricolleghi deterministicamente, o in termini di probabilità, alla condotta del sanitario.
Il principio enunciato in quel caso era, infatti, giustificato in ragione (cfr. pp. 4, 5, 9, 10 e 13 della sentenza n. 19372/2021, da cui sono tratte le citazioni che seguono) della “mancata prosecuzione dell’iter diagnostico di fronte ad una sintomatologia dolorosa toracica persistente che necessitava di un approfondimento clinico-strumentale al fine di pervenire all’accertamento della natura del dolore”; ossia – a differenza di quanto accertato nel caso qui in esame – per la presenza di un sintomo specifico della patologia di cui era affetto il paziente (poi deceduto a seguito di dissecazione aortica) corroborato dal suo “quadro clinico”, dovendo un sanitario “sempre prendere in considerazione l’ipotesi che un dolore toracico sottenda un problema cardio-vascolare e quindi procedere ad un approfondimento diagnostico” (là dove in quell’occasione il medico aveva dimesso il paziente con la diagnosi di “dolore da stress”)>>.
Massima di DeJure Giuffrè: <<In caso di prestazione sanitaria resa in ambito di pronto soccorso, in presenza di una sintomatologia aspecifica del paziente, la valutazione della diligenza del medico deve essere operata avuto riguardo alla rapidità dell’inquadramento diagnostico e alla determinazione degli accertamenti indispensabili al pronto intervento per confermare la diagnosi e predisporre con speditezza le azioni per la risoluzione della patologia che ha determinato l’accesso al pronto soccorso. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al ritardo della diagnosi di una mielopatia cervicale in ernie discali, proposta da un paziente che, al momento dell’accesso al pronto soccorso, presentava sintomi non specifici di tale malattia neurologica e tali da indurre alla verifica soltanto dell’alternativa tra una patologia cardiaca e una di rilevanza ortopedica e che era stato dimesso nella stessa giornata, dopo che erano stati esclusi, all’esito di esami strumentali, disturbi cardiaci, con diagnosi di artrosi acromion-claveare sinistra, con segni di conflitto sub acromiale ed artrosi cervicale e consiglio di sottoporsi a visita ortopedica).>>
Non mi pronuncio sull’applicazione al fatto sub iudice. Ma la regola astrata enunciata è esatta pur se ovvia: la diligenza si applica sempre alle circostanze del caso.