Ancora sulla funzione dell’assegno divorzile

Cass. sez. I, ord. 29/04/2024 n. 11.479, rel. Valentino:

<<6.1 – La censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi ed offre una peculiare interpretazione della sentenza delle S.U. citata. Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto (Cass., S.U. n. 18287/2018). Nella motivazione della sentenza si chiarisce limpidamente la funzione e i rapporti esistenti tra i vari criteri: l’arresto di Cass., n. 11504/2017 si è “(…) pur condividendo la premessa sistematica relativa alla rigida distinzione tra criterio attributivo e determinativo, ha individuato come parametro dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, la non autosufficienza economica dello stesso ed ha stabilito che solo all’esito del positivo accertamento di tale presupposto possano essere esaminati in funzione ampliativa del quantum i criteri determinativi dell’assegno indicati nella prima parte della norma”. La sentenza svolge la sua significativa statuizione esaltando il valore degli altri parametri in sintonia con i principi di autoresponsabilità e solidarietà, ma soltanto come elementi che incidono sulla quantificazione dell’assegno che creano vincoli ineludibili per il giudice di merito che non può considerare come parametro il pregresso tenore di vita. La Corte statuisce che: “Al fine di indicare un percorso interpretativo che tenga conto sia dell’esigenza riequilibratrice posta a base della dell’orientamento proposto dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 11490 del 1990 sia della necessità di attualizzare il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio anche in relazione agli standards Europei, questa Corte ritiene di dover abbandonare la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio, alla luce di una interpretazione dell’art. 5, c.6, più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito, come già evidenziato, dagli artt. 2,3 e 29 Cost.”. “Il principio di solidarietà, posto a base del riconoscimento del diritto, impone che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi ed all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive sia saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli endofamiliari”. La norma regolatrice dell’assegno “conferisce rilievo alle scelte ed ai ruoli sulla base dei quali si è impostata la relazione coniugale e familiare. Tale rilievo ha l’esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all’età del richiedente”. Elementi tutti che la Corte di merito ha elencato e valutato con chiarezza evidenziando che la scelta di dedicarsi ad un ruolo esclusivamente endofamiliare sia stata condivisa e che le attualità difficoltà del sistema economico rendevano particolarmente complesso la ricerca di un lavoro adeguato alla specificità professionale e compatibile con il ruolo di madre della controricorrente. Si può riconoscere l’assegno divorzile soltanto sulla base del criterio assistenziale; e il mero accertamento della potenziale capacità lavorativa diviene inadeguato se la parte prova, efficacemente, che allo stato le richieste di lavoro non sono state accolte>>.