Cass. sez. I, ord. 14/05/2024 n. 13.192, rel. Meloni:
fatto e diritto mescolati assieme:
<<Occorre premettere che con ricorso 12 ottobre 2017 il sig. De.Ma. chiedeva lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio e la revoca dell’assegno di mantenimento a favore della moglie per diversi motivi: una ulteriore contrazione dei suoi redditi a fronte del suo obbligo di mantenere in via esclusiva i figli, l’autonomia economica raggiunta dalla moglie, la possibilità per la stessa di trarre reddito dai suoi immobili e, ultimo, la insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per la concessione dell’assegno di divorzio. Nel prosieguo le parti raggiungevano un accordo su tutte le condizioni di divorzio e con successiva sentenza emessa in data 14.01.2019, pubblicata in data 25.01.2019, il Tribunale di Sondrio disponeva le condizioni di divorzio, in conformità agli accordi raggiunti dalle parti (doc. 6), tra cui, in particolare, i seguenti:
– l’affidamento condiviso del figlio Davide, all’epoca minorenne, con suo collocamento presso il padre, con possibilità per la madre di vederlo e tenerlo con sé in base alle esigenze e alle richieste del medesimo;
– l’obbligo per il padre di mantenere in via esclusiva i figli (anche El., nel frattempo diventata maggiorenne) con obbligo a suo carico di provvedere al 100% delle loro spese straordinarie, stabilendo però che ciascuno dei genitori provvederà al mantenimento ordinario dei figli quando si trovino presso di sé;
– l’obbligo per il sig. De.Ma. di versare alla signora Fr.Vi. un contributo di mantenimento pari a Euro 300,00 mensili.
Queste le condizioni che con il procedimento di revisione che è stato introdotto dal De.Ma.
Ciò premesso nel caso concreto, la censura risulta fondata. Infatti, posto che “La revisione dell’assegno divorzile richiede la presenza di “giustificati motivi” e impone la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali. Ove, pertanto, le ragioni invocate per la revisione siano tali da giustificare la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile, è indispensabile accertare con rigore l’effettività dei mutamenti e verificare l’esistenza del nesso di causalità tra gli stessi e la nuova situazione economica instauratasi (Cass. 354/2023)”. Risulta non contestato il miglioramento patrimoniale della signora Fr.Vi. (che nel luglio 2019 aveva ereditato un appartamento in centro S appartenente alla categoria A/2 di mq 134 locato per Euro 450,00 e altri beni, tra cui un una ulteriore quota di proprietà degli antichi locali in cui è ubicato un noto ristorante della V, Il Ristorante “omissis”, per un valore complessivo di oltre Euro 500.000,00. A Riprova il ricorrente depositava il doc: 22) che certificava gli immobili di proprietà Fr.Vi. nell’anno 2017 e il doc. 23) che certificava immobili di proprietà Fr.Vi. successivamente al divorzio.
Nel caso in esame la Corte d’appello ha omesso di spiegare perché i mutamenti economico-patrimoniali intervenuti, pur ritenuti sussistenti, siano stati ritenuti irrilevanti tanto più in presenza di un mutamento in pejus delle condizioni economico reddituali dell’ex marito avvocato, non escluso dal giudice del merito.
Infatti la Corte ha ritenuto che: A parere della Corte quindi deve essere condivisa la valutazione effettuata dal Tribunale sia con riguardo all’assegno divorzile che con riguardo alla ripartizione delle spese straordinarie per i figli (80% a carico del reclamante e 20% a carico della reclamata) poiché, pur comparando le documentate sopravvenienze in peius per il De.Ma. – avvocato – ed in melius per la Fr.Vi. con le preesistenti condizioni economico-reddituali di entrambi all’epoca del divorzio, si rileva che comunque le descritte sopravvenienze si inseriscono in un quadro economico-reddituale da cui emerge comunque un evidente divario sempre in melius in favore del De.Ma. – che peraltro convive con un’altra compagna dalla quale ha sicuramente un apporto economico. (Il Fr.Vi. percepiva nel 2019 Euro 132.334,00 lordi (dichiarazione anno 2020, doc. 12 ricorrente) detratti gli oneri deducibili con un reddito imponibile di Euro 109.924,00 che, al netto delle imposte, è pari ad Euro 9.000,00 circa al mese; nel 2020 Euro 88.111,00 lordi (dichiarazione anno 2021, doc. 28 ricorrente). detratti gli oneri deducibili con un reddito imponibile di Euro 67.000,00 che, al netto delle imposte, è pari ad Euro 5.499,00 circa al mese) mentre la De.Ma. ha un reddito da lavoro di 23.000,00 euro netti l’anno nel 2020.
Rilevante è inoltre la circostanza che il De.Ma., pur dovendo versare un assegno divorzile dallo stesso concordato e quantificato in Euro 300,00 mensili in favore della Fr.Vi. è anche vero che tale importo costituisce per lui un onere deducibile e che in parte lo recupera con le imposte; di contro per la reclamata è fonte di reddito e come tale soggetto a tassazione”. La Corte d’Appello nel riconoscere soltanto nel perdurante divario la fonte della conferma della precedente statuizione sull’assegno divorzile, ha omesso la valutazione comparativa in concreto della situazione ex ante e di quella successiva ai mutamenti indicati, sulla base della quale applicare i principi costantemente applicati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di criteri attributivi e determinativi dell’assegno. Pertanto risulta censurabile l’accertamento svolto dal giudice del merito per non essere stati esaminati e valutati in via effettiva i nuovi elementi di fatto sopravvenuti da porre in correlazione, come già rilevato con quanto stabilito Da S.U.18287 del 11/07/2018 e seguenti.
La Corte di Appello ha fatto mal governo di questi principi fermando la comparazione e riconoscendo il diritto e la determinazione dell’assegno sul solo permanere del divario di reddito tra i due coniugi in contrasto con quanto sopra>>.