Cass. sez. I, ord. 16/05/2024 n. 13.570, rel. Caiazzo:
<<Il contrasto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, in ordine alla scelta della scuola (se d’ispirazione “religiosa” o “laica”) presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell’esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori a una crescita sana ed equilibrata, e importa una valutazione di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, che può ben essere fondata sull’esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa (Cass., n. 21553/21).
Secondo l’orientamento della CEDU (sentenza n. 54032/22), alcune limitazioni sulle modalità di coinvolgimento del minore in una pratica religiosa scelta da uno dei genitori non costituiscono una discriminazione se funzionali a garantire e preservare il superiore interesse del minore.
E’ stato altresì affermato che, in caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione, ai sensi dell’art. 337-ter, comma 3, c.p.c., è rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l’adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore a una crescita sana ed equilibrata, con la conseguenza che il conflitto sulla scuola primaria e dell’infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando non solo la potenziale offerta formativa, l’adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l’assolvimento dell’onere di spesa da parte del genitore che propugna la scelta onerosa ma, innanzitutto, la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell’età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell’istituto scolastico rispetto all’abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l’accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione (Cass., n. 26820/23: nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, in quanto, nella scelta tra la scuola pubblica e privata, aveva considerato criterio dirimente l’assolvimento dell’esborso economico da parte di uno dei due genitori).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato nel senso che la scelta della prosecuzione del ciclo scolastico secondario (dopo la scuola elementare) rispondeva all’esigenza di preservare il miglior interesse del minore il quale aveva espresso il desiderio di continuare a frequentare l’istituto privato Gonzaga in Milano dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti; come desumibile dalla relazione psicodiagnostica preventivamente richiesta da entrambi i genitori: il minore aveva bisogno di stabilità e conservazione dei riferimenti acquisiti, anche alla luce del disturbo non specificato, di cui soffriva.
Pertanto, la Corte territoriale – con ragionamento conforme ai principi già elaborati da questa Corte – ha correttamente ritenuto che l’esigenza di garantire la piena liberà di credo religioso a favore del minore era da ritenere recessiva rispetto al superiore interesse di quest’ultimo di soddisfare i propri desideri di continuare la frequentazione della scuola privata e di garantirne la crescita equilibrata e stabile, fondata sui riferimenti sociali acquisiti.
Né può, infine, obiettarsi che la decisione impugnata possa essere intesa come una violazione del principio di laicità del nostro ordinamento costituzionale, in quanto essa esprime, di fatto, un plausibile giudizio di bilanciamento dello stesso con i principi di rango costituzionale afferenti alla cura e alla tutela dei minori, in ogni loro declinazione.
In conclusione, il detto principio di laicità non può essere invocato in termini assoluti, né esso può assurgere a valore tiranno, rispetto agli altri, pure in gioco, la cui portata è stata legittimamente limitata in ragione della tutela degli interessi del minore e dei limiti strettamente indispensabili per realizzare tale tutela sì che la complessiva ponderazione giudiziale risulta immune dai pretesi vizi logici e giuridici. Le spese seguono la soccombenza>>.