Uso pubblicitario dell’immagine del figlio minore: serve il consenso di entrambi i genitori

<<In tema di tutela contro l’abuso dell’immagine di un minore, l’accertamento della illiceità della diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale, effettuata senza il consenso di uno dei genitori, comporta il diritto al risarcimento del danno a condizione che sia accertata l’effettività e la serietà della lesione al diritto alla riservatezza dell’immagine, la cui tutela costituisce un interesse primario del fanciullo, senza che la mancanza di indicazioni relative al nome o alle generalità del minore o dei suoi genitori valgano ad escluderne il pregiudizio, poiché l’immagine della persona è tutelata in sé, quale elemento altamente caratterizzante l’individuo, che lo rende unico e originale, come tale riconoscibile>>.

Così Cass. Sez. I, Ord., 21 agosto 2024, n. 23018; Pres. Genovese, Rel. Cons. Reggiani

Niente di nuovo.

(massima di Francesca Ferrandi in OndiF)

Google ha illecitamente monopolizzato il settore dei motori di ricerca

Circola ormai dappertutto la notizia in oggetto. che ritiene Google autore di violazione.

Si tratta di US D. of Columbia 5 agosto 2024 Case No. 20-cv-3010 (APM) e Case No. 20-cv-3715 (APM), giudice Amit P. Mehta.

Ne parla ad es sul NyT del 27 agosto Julia Angwin che dà pure il link al full text fornito dal NYT medesimodisponibile pure qui in caso di paywall del NYT.

La decisione è assai lunga ma molto interessante per chi si interessa di antitrust nei mercati digitali. Anzi pure per chi semplicemetne voglia capire il business dei motori di ricerca /o vuole fare pubblicità loro tramite: la descrizione dei termini economici e commercial è dettagliata assai.

La posizione dominante, in sostanza monopolistica, è datga dalla percentuale del  89.2 del mercato (94.9 sui cell.): v. §§ 23/24.

Ricordo solo due punti: quello (all’inizio) che anticipa le conclusioni e poi quello sull’importanza della dimensioni di scala.

Sul primo:

<<After having carefully considered and weighed the witness testimony and evidence, the court reaches the following conclusion: Google is a monopolist, and it has acted as one to maintain its monopoly.

It has violated Section 2 of the Sherman Act. Specifically, the court holds that (1 ) there are relevant product markets for general searchservices and general search text ads; (2) Google has monopoly power in those markets;(3) Google’s distribution agreements are exclusive and have anticompetitive effects; and(4) Google has not offered valid procompetitive justifications for those agreements. Importantly, the court also finds that Google has exercised its monopoly power by charging supracompetitiveprices for general search text ads. That conduct has allowed Google to earn monopoly profits.Other determinations favor Google. The court holds that ( 1 ) there is a product market for search advertising but that Google lacks monopoly power in that market; (2) there is no product market for general search advertising; and (3) Google is not liable for its actions involving its advertising platform, SA360. The court also declines to sanction Google under Federal Rule ofCivil Procedure 37(e) for its failure to preserve its employees’ chat messages>>.
Poi sulla struttura dell’atto decisionale: <<This decision is organized as follows. The court begins with a brief procedural history.It then sets forth findings of fact. They are followed by the court’s conclusions of law regardingthe challenged distribution agreements. The court first addresses market definition and monopolypower, then the exclusionary nature of the conduct (including the contracts’ exclusivity), and finally the agreements ‘ anticompetitive effects and Google’s procompetitive justifications forthem. A discussion of the SA360-related conduct follows. The opinion ends with brief sections on anticompetitive intent, as well as Plaintiffs ‘ request for sanctions. The court has included as an Appendix a list of the names and titles of all witnesses whose testimony is cited in the decision” (pag. 4).

Sul secondo, v.si sub G ai §§ 86 ss e poi sub V.A.2. “b. The Impact ofScale” alle pp. 230 ss (234 ss del pdf).

Assai interessante è la parte sulla distrubizione dei motori di ricerca generalisti (GSE), §§ 58 ss sub F.

La norma azionata dello Sherman Act (v.lo nello US Code offerto da Cornell): Every person who shall monopolize, or attempt to monopolize, or combine or conspire with any other person or persons, to monopolize any part of the trade or commerce among the several States, or with foreign nations, shall be deemed guilty of a felony, and, on conviction thereof, shall be punished by fine not exceeding $100,000,000 if a corporation, or, if any other person, $1,000,000, or by imprisonment not exceeding 10 years, or by both said punishments, in the discretion of the court.

RF Kennedy jr e la sua causa contro Google per la rimozione di video covid-negazionisti: confermato iin appelo il rigetto della sua domanda visto che Google non è “State actor”

Reuters dà notizia delll’oggetto e offre pure un link al breve provvedimento (3 pagg).

In breve, il diritto di free speech non si applica agli enti privati nè c’è modo di far ritebnere Google intimamente connesso con un ente gorvernativo (non è State actor).

Il ns art. 2 Cost., invece, si applica pacificamente anche agli enti privati.

Altra decisione nell’annosissima lite sul marchio Budweiser

La massima di Cass. sez. I, sent. 09/07/2024 n. 18.683, rel. Ioffrida:

<<È invalida la registrazione di un segno come marchio, se può indurre nel pubblico l’erronea convinzione che il prodotto provenga da un’area territoriale nota per le eccellenti qualità di quel prodotto, giacché in tale ipotesi si verifica un effetto distorsivo del mercato, ingenerato dall’inganno subito dai consumatori – portati a credere che il prodotto che viene loro proposto provenga da una certa area geografica e goda dei pregi per cui essa è nota – e ciò a prescindere dall’appartenenza di un diritto di proprietà intellettuale sulla denominazione dell’area geografica in capo a chicchessia e in particolare al soggetto che denuncia la decettività del segno. (Nella specie, la S.C. ha cassato il provvedimento impugnato che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno per contraffazione conseguente alla dedotta invalidità della registrazione di un segno come marchio, proposta da un noto birrificio nei confronti di imprese concorrenti che avevano utilizzato il segno su prodotti provenienti da area geografica diversa da quella boema, in cui l’attore produceva il proprio prodotto)>>.

Sentenza importante in tema di decettività e preuso del marchio, che andrà studiata attentamente.

(massima di Giustizia Civile Massimario 2024 , letta in DeJure Giuffrè)

“Aceto Balsamico” in una lite nazionale

Tribunale di Venezia deciso 13.12.2023, RG 2889/2019, rel. Guzzo, emette ssntenza analiita ed interssante sull’uso del termine Aceto Balsamico.

Nè dà notizia Anna Maria Stein in IPKat, dandone pure il link al testo.

La domanda avanzata dal Consorzio è accolta solo in parte e cioè relativamente alla concorrenza sleale ex art. 2598 cc

Ecco il dispositivo:

Il Tribunale definitivamente pronunciando:

1) Rigetta le domande attoree formulate al punto I delle conclusioni attoree e le domande di inibitoria, penale e risarcimento danni fondate sugli illeciti invocati in detto punto 1)

2) Rigetta le domande attoree formulate al punto II con riferimento alla concorrenza sleale ex art 2598 n .1 e 2 cc nonché le domande di inibitoria, penale e risarcimento danni fondate sulle fattispecie di concorrenza sleale ex art 2598 n.1 e 2 cc.

3) Accertato che i condimenti oggetto di causa non possiedono le caratteristiche necessarie per essere denominati con la denominazione legale “aceto”, accerta che l’uso del termine “aceto” pagina 17 di 18 nell’etichettatura, presentazione o pubblicità dei condimenti oggetto di causa integra concorrenza sleale ex art 2598 n. 3 cc

4) in ragione di quanto accertato al punto 3 del presente dispositivo inibisce l’utilizzo della parola aceto per i condimenti in oggetto e ciò nella nell’etichettatura, presentazione o pubblicità dei condimenti stessi

5) Accertato che l’uso delle parole “Balsamico di..” , “Ristretto di Balsamico.. “ nella etichettatura non è conforme alle prescrizioni del Regolamento (UE) 1169/11, accerta che l’uso di dette parole per le etichettature dei prodotti integra concorrenza sleale ex art 2598 n. 3 cc.

6) In ragione di quanto accertato al punto 5) inibisce ai convenuti l’uso delle parole “Balsamico di..” , “Ristretto di Balsamico.. “ da sole o unite ad “aceto” per denominare i condimenti nella etichettatura dei recipienti e bottigliette contenenti detti prodotti ed altresì inibisce la presentazione e pubblicizzazione di foto in cui compaiano i recipienti o bottigliette di detti condimenti o cartellini identificativi etichettati con “Balsamico di..” o balsamico…” da soli o in aggiunta ad aceto. “ristretto di

7) Ordina di eliminare dal sito web www.teatrodelgusto.it la pubblicità presente in cui compaia il termine “aceto” riferito ai condimenti del tipo di cui trattasi ed altresì la pubblicità in cui compaiano foto di recipienti o bottigliette di detti condimenti o cartellini identificativi etichettati con “Balsamico di..” o “ristretto di balsamico” da soli o in aggiunta ad aceto dando termine all’uopo di giorni 30 dalla pubblicazione della presente sentenza

8) Pone una penale di € 80,00 per ogni giorno di ritardo nella rimozione di quanto indicato al punto 7) con decorrenza dal giorno successivo al termine di grazia di giorni trenta di cui al medesimo punto 7) , nonché pone una penale di € 30,00 per ogni futura violazione alle inibitorie di cui ai punti 4 e 6 del presente dispositivo

9) Condanna in via generica, in solido, le convenute al risarcimento dei danni per concorrenza sleale ex art 2598 n. 3 cc come da parte motiva

10) Rigetta ogni altra domanda 11) Compensa le spese di lite e pone le spese di CTU per il 50% a carico dell’attore e per il restante 50% a carico delle convenute in solido

L’usucapione del bene comune da parte del coerede

Cass. sez. II, ord. 01/08/2024 n. 21.695, rel. Giannaccari:

<<Il coerede che, dopo la morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, egli, che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, risultando a tal fine insufficiente l’astensione degli altri partecipanti dall’uso della cosa comune (ex multis Cass. Civ., Sez. II, 8.4.2021, n.9359).

Non è, pertanto, univocamente significativo che il coerede abbia utilizzato ed amministrato il bene ereditario e che gli altri coeredi si siano astenuti da analoghe attività, sussistendo la presunzione iuris tantum che abbia agito nella qualità e operato anche nell’interesse anche degli altri coeredi (Cassazione civile sez. II, 16/01/2019, n.966; Cass. 4.5.2018, n.10734; Cass. 25.3.2009, n.7221). Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ricavato la prova dell’acquisto per usucapione dalla coltivazione del terreno da parte di Fr.Gi. nonostante che la mera coltivazione del terreno non costituisce elemento idoneo a provare l’esclusività del possesso.

Ed infatti, secondo il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, la coltivazione del terreno costituisce attività materiale che non esprime in modo inequivocabile l’intento del coltivatore di possedere uti dominus, ove non accompagnata da univoci elementi indiziari da cui sia possibile dedurre l’esercizio di una signoria di fatto sul bene (Cass. 4931/ 2022; Cass. 1796/2022; Cass. 6123/2020; Cass. 17376/2018).

La sentenza impugnata non è conforme all’orientamento consolidato di questa Corte perché ha ritenuto che un mero atto di gestione, come la coltivazione dei terreni, costituisse manifestazione del possesso esclusivo del possesso da parte dell’attrice. Inoltre, la Corte d’Appello ha omesso di accertare se i terreni oggetto di causa fossero stati posseduti anche dalla madre dell’attrice fino alla sua morte, in quanto, in tale ipotesi, vi sarebbe stata una successione nel possesso da parte della sorella convenuta (Cass. Civ., Sez. II, 29.11.2022, n. 35067).>>

La componente compensativo-perequativa nella determinazione dell’assegno divorzile

Cass. sez. I, ord. 19/08/2024  n.22.942, rel. Caiazzo:

<<Il ricorrente lamenta l’omesso esame del nesso causale, da una parte, tra il contributo alla vita familiare della ex moglie e la formazione del patrimonio comune e personale degli ex coniugi e, dall’altra parte, la rinuncia da parte della stessa di opportunità lavorative o professionali, nonché l’omesso esame della questione dell’impossibilità della controricorrente di procurarsi migliori occasioni di lavoro.

Al riguardo, va rilevato che l’assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole; ne consegue che detto assegno deve essere riconosciuto, in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare – che, salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi – a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, anche sotto forma di risparmio (Cass., n. 4328/24). Nel caso concreto, la Corte territoriale ha esaminato i fatti sottesi alle predette questioni e, attraverso un ragionamento presuntivo, come detto, è pervenuta al convincimento che la madre si era prevalentemente dedicata alla crescita del figlio, di 17 anni- fatto ritenuto non contestato dalla controparte- anche se coadiuvata da colf e baby-sitter, e che il ricorrente abbia potuto dedicare gran parte delle sue energie all’attività lavorativa, anche grazie a tale maggior contributo dell’ex moglie nella gestione familiare e nell’accudimento del figlio, considerando altresì la durata del matrimonio>>.

L’accettazione tacita può dedursi da atti, che abbiano rilevanza non solo fiscale (come la denuncia di successione) ma anche civile (come la voltura catastale), purchè compiuti dal successibile o su suo incarico

Cass. sez. III, ord. 13/08/2024 n. 22.769, rel. Rossi Raff.:

<<4.2. Così definito il riparto dell’onere probatorio tra i contraddittori, deve ribadirsi che l’accettazione tacita dell’eredità può inferirsi anche dal compimento di atti che non abbiano solo natura meramente fiscale (quale la denuncia di successione, ex se inidonea a denotare in modo univoco l’intento di assumere la qualità di erede, siccome diretta ad evitare l’applicazione di sanzioni sulla imposta: Cass. 19/02/2019, n. 4843; Cass. 28/02/2007, n. 4783; Cass. 13/05/1999, n. 4756), ma siano al contempo di valenza fiscale e civile, come la voltura catastale.

In tal caso, infatti, l’atto voltura catastale rileva non soltanto dal punto di vista tributario (cioè ai fini del pagamento dell’imposta), ma anche dal punto di vista civile quale elemento per l’accertamento, legale o puramente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi: soltanto chi intende accettare l’eredità ragionevolmente assume l’onere di effettuare la voltura catastale e di censire nei registri catastali il mutamento della titolarità del diritto dominicale dal de cuius a sé stesso (Cass. 30/04/2021, n. 11478; Cass. 21/10/2014, n. 22317; Cass. 11/05/2009, n. 10796; Cass. 12/04/2002, n. 5226).

Del pari, il contegno del chiamato integrante accettazione tacita (il contegno, cioè, che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede) non postula un’attività negoziale diretta o personale del successibile, potendo invece realizzarsi anche quando l’atto voltura catastale sia compiuto da altri chiamati su conferimento di delega o nello svolgimento di mansioni procuratorie, oppure ancora in fattispecie di negotiorum gestio cui segua la successiva ratifica del chiamato (orientamento consolidato: cfr. Cass. 11/07/2014, n. 15888; ma così anche, in epoca più risalente, Cass. 01/12/1977, n. 5227; Cass. 03/12/1974, n. 3958).

L’accettazione tacita può, tuttavia, desumersi – e la notazione è dirimente – soltanto ed esclusivamente da un comportamento del successibile (o a questi riferibile in via mediata, con le modalità innanzi descritte): sicché, come ha puntualizzato questa Corte, non ricorre quando solo un altro chiamato all’eredità, in assenza di elementi dai quali inferire l’attribuzione di un mandato o la successiva ratifica del suo operato da parte di altri, abbia fatto richiesta di voltura catastale di un immobile del de cuius (Cass. 06/04/2017, n. 8980), sia pure indicando, a necessari fini di completezza della propria dichiarazione, anche l’identità e le generalità degli altri chiamati>>.

Sulla efficacia retroattiva della rinuncia all’eredità

Cass. Sez. V, Ord. 14 agosto 2024, n. 22.839, rel. Billi:

<<In tema di imposta di successione, il chiamato all’eredità che, dopo aver presentato la denuncia di successione, ricevuto l’avviso di accertamento dell’imposta ometta di impugnarlo, determinandone la definitività, non è tenuto al pagamento dell’imposta ove successivamente rinunci all’eredità, in quanto l’efficacia retroattiva della rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno con effetto retroattivo anche del presupposto impositivo>>.

(massima di Ferrabndi Francesca in ONDIF)

No assegno divorzile quando il matrimonio è stata di brevissima durata

Cass. sez. I, ord. 05/08/2024 n. 21.955, est. Tricomi:

<<Non spetta l’assegno divorzile in funzione assistenziale qualora la breve durata del matrimonio non abbia consentito l’effettiva realizzazione di una comunione di vita tra i coniugi, che costituisce, secondo quanto previsto dall’art. 1 L. 898/1970, l’essenza stessa del matrimonio in difetto, altresì, di una convivenza continuativa ed effettiva>> (massima di Cesare Fossati in ONDIF)

Sulla durata del matrimonio:  “erano rimasti uniti in matrimonio dal 15 maggio 2004 al 17 gennaio 2005 e poi, dopo una richiesta di separazione avanzata dalla moglie, dal 4 dicembre 2007, quando era intervenuta la riconciliazione, al 15 giugno 2009, anno in cui era stato introdotto un altro giudizio di separazione, senza la nascita di prole”