Cass. sez. I, ord. 09/09/2024 n. 24.110, rel. Russo:
<<Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, infatti, l’assegno divorzile deve essere – oltre alla eventuale componente assistenziale – anche adeguato, sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo prettamente assistenziale. La prova presuntiva – idonea a fondare il criterio compensativo-perequativo – è fondata, in tale prospettiva, proprio sul divario economico tra i due coniugi che, se non può legittimare il criterio assistenziale, quando la moglie è autosufficiente, è un fatto idoneo a fondare la prova presuntiva del contributo dato dalla medesima alla crescita del patrimonio comune e dell’altro coniuge, il che – in un’ottica di giustizia distributiva all’interno della famiglia – giustifica l’assegno divorzile, pure in assenza di un sacrificio professionale da parte della moglie (Cass. sent. 35434/2023)>>.
La non ostatività all’assegno, qualora non ricorra necessità assistenziale, è affermata da varia giurisprudenza.
Solo che il dettato dell’art. 5.6 legge div. è in senso opposto: tale necessità è richiesta (nell’AN) e gli altri elementi servono solo a quantificare.