E’ valida la clausola claims made nella assicurazione della responsabilità civile

Cass. sez. III, ord, 15/11/2024, (ud. 26/06/2024, dep. 15/11/2024), n.29483, rel. Guizzi:

<<11.2.3. Non può, infatti, darsi seguito – perché rimasto del tutto isolato nella giurisprudenza di questa Corte – al principio, affermato dall’arresto di questa Corte (si tratta di Cass. Sez. 3, ord. 13 maggio 2020, n. 8894, Rv. 657843 – 01) al quale si è richiamata la sentenza impugnata, secondo cui deve ritenersi nulla, se non specificamente sottoscritta, la clausola “claims made”, ponendo a carico dell’assicurato un termine di decadenza per denunciare l’evento, la decorrenza del quale non dipende dalla sua volontà.

Si tratta, infatti, di principio in contraddizione con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha evidenziato – cfr., in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 22 aprile 2022, n. 12908, Rv. 664813 – 01 – che, “di per sé dirimente”, risulta “quanto espressamente statuito in medias res” dalle Sezioni Unite nella sentenza del 6 maggio 2016, n. 9140, al par. 6.2., secondo cui “deve escludersi che la limitazione della copertura assicurativa alle “richieste di risarcimento presentate all’Assicurato, per la prima volta, durante il periodo di efficacia dell’assicurazione”, in relazione a fatti commessi nel medesimo lasso temporale o anche in epoca antecedente, ma comunque non prima di tre anni dalla data del suo perfezionamento, integri una decadenza convenzionale, soggetta ai limiti inderogabilmente fissati nella norma codicistica di cui si assume la violazione”, e ciò perché “l’istituto richiamato, implicando la perdita di un diritto per mancato esercizio dello stesso entro il periodo di tempo stabilito, va inequivocabilmente riferito a già esistenti situazioni soggettive attive nonché a condotte imposte, in vista del conseguimento di determinati risultati, a uno dei soggetti del rapporto nell’ambito del quale la decadenza è stata prevista”, mentre “la condizione racchiusa nella clausola in contestazione consente o preclude l’operatività della garanzia in dipendenza dell’iniziativa di un terzo estraneo al contratto, iniziativa che peraltro incide non sulla sorte di un già insorto diritto all’indennizzo, quanto piuttosto sulla nascita del diritto stesso”, con la conseguenza “che non v’è spazio per una verifica di compatibilità della clausola con il disposto dell’art. 2965 cod. civ.”.

Del pari, tale rilevata “diversità di piani, non comunicanti tra loro, in cui si collocano, rispettivamente, la clausola claims made e la disciplina recata dalla norma dell’art. 2965 cod. civ. è riaffermata, sebbene in modo implicito, ma senza equivoci, dalla successiva sentenza n. 22437/2018, sempre delle Sezioni Unite, la quale ha evidenziato, in armonia con il precedente approdo nomofilattico, che l’anzidetta clausola si configura come delimitativa dell’oggetto del contratto, “correlandosi l’insorgenza dell’indennizzo, e specularmente dell’obbligo di manleva, alla combinata ricorrenza della condotta del danneggiante (la vicenda storica determinativa delle ‘conseguenze patrimoniali’ di cui “l’assicurato intende traslare il rischio”: cioè, del ‘danno’) e della richiesta del danneggiato” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 12908 del 2022, cit.). Ne consegue, pertanto, che “non può essere affetta da nullità, ex art. 2965 c.c., la clausola claims made “perché fa dipendere la decadenza dalla scelta di un terzo”, giacché l’atteggiarsi della richiesta del terzo, quale evento futuro, imprevisto ed imprevedibile, è del tutto coerente con la struttura propria del contratto di assicurazione contro i danni (nel cui ambito, come detto, è da ricondursi la polizza con clausola claims made), in cui l’operatività della copertura deve dipendere da fatto non dell’assicurato” (Cass. Sez. 3, sent. n. 12908 del 2022, cit.; in senso analogo anche Cass. Sez. 3, ord. 8 maggio 2024, n. 12462, Rv. 670901 – 01)>>.