Cass. sez. III, ord. 07/01/2025 n. 190, Tassone:
<<Giova premettere che questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare che “Nel sepolcro ereditario lo “ius sepulchri” si trasmette nei modi ordinari, per atto “inter vivos” o “mortis causa”, come qualsiasi altro diritto, dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, mentre nel sepolcro gentilizio o familiare – tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio – lo “ius sepulchri” è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo “iure proprio” sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, “iure sanguinis” e non “iure successionis”, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o “mortis causa”, imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione “mortis causa”. (v. Cass., n. 12957/2000; Cass., n. 700/2012).
Orbene, la corte di merito ha del tutto trascurato i suindicati principi e, per l’effetto, ha omesso di considerare che la scrittura privata di cessione era stata dichiarata nulla in prime cure sul rilievo della intrasmissibilità inter vivos dei diritti sul sepolcro gentilizio o familiare, per cui l’azione esperita da Ge.Gi. ex art. 2041 cod. civ., lungi dal risultare sussidiaria e recessiva rispetto “alle regole sulla comunione (art. 1100 e ss. cod. civ.)”, genericamente ed erroneamente richiamate nell’impugnata sentenza, risultava invece essere l’unica azione esperibile nel caso di specie, giusto il principio secondo cui “la nullità del contratto elimina il titolo su cui la relativa azione può essere fondata, rendendola non esercitabile” (Cass., 22/3/2012 n. 4620, che richiama, fra le altre, Cass., 24/2/2010 n. 4492).