Cass. sez. II, ord. 20/11/2024 n. 29.844. rel. Giannaccari, sull’annosa questione sempre sollevata in tema di opposizione a sanzioni Banca di Italia:
premessa genrale, poco interessante perchè scontata:
<<E’ stato affermato che l’obbligo imposto dall’art. 2381, ultimo comma del codice civile agli amministratori delle società per azioni di “agire in modo informato”, pur quando non siano titolari di deleghe, si declina, da un lato, nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza, dall’altro, in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze>>.
Più interessante il prosieguo sul settore bancario:
<<Tali obblighi si connotano in termini particolarmente incisivi per gli amministratori di società che esercitano l’attività bancaria, prospettandosi, in tali ipotesi, non solo una responsabilità di natura contrattuale nei confronti dei soci della società, ma anche quella, di natura pubblicistica, nei confronti dell’Autorità di vigilanza.
Il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie – inoltre – non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business bancario e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega.
A prescindere dalla qualità di consigliere esecutivo o meno, tutti gli amministratori, che vengono nominati in ragione della loro specifica competenza anche nell’interesse dei risparmiatori, devono svolgere i compiti loro affidati dalla legge con particolare [perchè particolare??] diligenza e, quindi, anche in presenza di eventuali organi delegati, sussiste il dovere dei singoli consiglieri di valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo e contabile, nonché il generale andamento della gestione della società, e l’obbligo, in ipotesi di conoscenza o conoscibilità [come al solito, è proprio questo il punto: quando ricorre la conoscibilità?] di irregolarità commesse nella prestazione dei servizi di investimento, di assumere ogni opportuna iniziativa per assicurare che la società si uniformi ad un comportamento diligente, corretto e trasparente (Cass. n. 2620/2021).
Ne consegue che il consigliere di amministrazione non esecutivo di società per azioni, in conformità al disposto dell’art.2932 comma 2 del codice civile, è solidalmente responsabile della violazione commessa quando non intervenga al fine di impedirne il compimento o attenuarne le conseguenze dannose (Cass. n. 19556/2020; Cass. n. 24851/2019; Cass. n. 5606/2019).
A tali principi si è uniformata la Corte d’Appello che, con motivazione non apparente (Cass. Sez. Unite n. 8054/2014), ha ritenuto che le mere richieste di informazioni e di chiarimenti da parte di Ca.Fr., prive di alcun intervento diretto a manifestare il dissenso in ordine alle criticità dell’assetto organizzativo e alle scelte strategiche dell’azienda, non fossero sufficienti ad elidere le sue responsabilità, considerazione questa che è riferibile anche alla autosospensione.[questo è il passo piùinterssante]
La Corte d’Appello, con apprezzamento di fatto [NOOO: è giudizio, non accert. di fatto], incensurabile in sede di legittimità ha ritenuto che non fossero sufficienti pochi e segmentati interventi dell’opponente in consiglio di amministrazione per escludere la responsabilità nelle scelte gestionali della banca, nel dovere di vigilanza sull’organizzazione in quanto da detti interventi non era riscontrabile alcun fattivo interessamento del ricorrente al fine di informarsi e, successivamente, di offrire concreti spunti tecnici per correggere le problematiche inerenti ai rischi ed oggetto dei rilievi. Secondo la Corte di merito, si è trattato di generiche richieste di chiarimenti o di ricognizioni o di raccomandazioni, prive di incisività e specificità in relazione ai temi trattati, prive di motivazione congrua e prive quindi di concreta attitudine a indirizzare ed orientare il Consiglio di amministrazione ad una migliore e più prudente valutazione dei rischi medesimi.[prenda adeguata nota l’oepratore]
Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, non si configura, nel caso di specie, una forma di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità per colpa, correlata ad una condotta negligente ed inerte rispetto agli obblighi di vigilanza sanciti dalle disposizioni secondarie che disciplinano l’attività bancaria. Sotto tale profilo, l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo deve essere valutato alla stregua della competenza professionale specifica richiesta ad ogni componente del Consiglio di amministrazione di una banca, tenuto conto che in tema di sanzioni amministrative, l’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689, pone una presunzione relativa di colpa a carico dell’autore del fatto vietato, riservando a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa (cfr. Cass. n. 27432/2013)>>.