Onere della prova nell’appalto (soprattutto nella garanzia per vizi e difetti a carico dell’appaltatore)

Importanti insegnamenti in Cass. sez. II, ord. 23/01/2025 n. 1.701, rel. Trapuzzano, sullo scivoloso tema in oggetto. Il notevole grado di dettaglio del ragionamento svolto rende la sentenza decisamente saliente per l’operatore.

Vale la pena di riportare tutto il lungo passo pertinente, nel frequentissimno caso di azione dell’impresa per il recupero del corrispettivo, osteggiata dall’eccezione (o domanda) riconvenzionale che fa valere la garanzia per vizi o difformitlò (/art. 1667-1668 cc):

<<Senonché non può prescindersi, nello scrutinare la doglianza, dalla verifica dei termini in cui è stato trattato il tema della ripartizione dell’onere della prova in ordine alla ricorrenza dei difetti denunciati (ovvero alla prova della loro inesistenza).

Si rammenta che l’assunto da cui muove la Corte territoriale si incentra sul seguente rilievo: a fronte della “domanda” di riduzione del prezzo spiegata dall’opponente subappaltante, in ragione dei vizi debitamente allegati (infiltrazioni provenienti dal coperto oggetto degli interventi della subappaltatrice e da un velux non correttamente posto in opera), la sostanziale equiparazione di tale domanda ad una “eccezione” riconvenzionale di inadempimento ex art. 1460 c.c. implicava che fosse l’opposta subappaltatrice a dovere fornire la dimostrazione dell’esecuzione dell’opera in conformità alle prescrizioni negoziali e alle regole dell’arte, prova nella specie difettata, con la conseguente inibizione (nell’intero) del diritto a pretendere il pagamento del corrispettivo (con la revoca del provvedimento monitorio opposto).

In dottrina costituisce affermazione granitica l’assunto secondo cui la prova dell’imperfezione dell’opera grava sul committente, anche qualora le difformità e i vizi siano dedotti con l’exceptio non rite adimpleti contractus. In questa prospettiva, la presunzione di colpa non influisce sulla distribuzione dell’onere probatorio in ordine alla ricorrenza delle imperfezioni, ma più limitatamente consente di ritenere che esse siano addebitabili all’appaltatore, una volta che l’appaltante le abbia dimostrate, ricadendo sul primo la prova contraria: ossia dell’avere agito con diligenza o, secondo altri, dell’interferenza di circostanze esimenti tipiche.

Più articolata è la posizione, anch’essa al quanto consolidata, assunta sul punto dalla giurisprudenza di legittimità.

In sintonia con i principi generali sanciti con riferimento alla prova dell’adempimento contrattuale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001), questa Corte ha sostenuto che, in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 c.c., ma non derogano al principio generale che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta che – allorché il committente eccepisca l’inadempimento dell’esecutore – l’appaltatore abbia l’onere di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25410 del 23/09/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 16312 del 12/06/2024; Sez. 2, Sentenza n. 1634 del 24/01/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 98 del 04/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 936 del 20/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 3472 del 13/02/2008).

Sicché siffatta distribuzione dell’onere probatorio non riguarda specificamente la garanzia speciale per i vizi dell’opera appaltata, ma risponde all’esigenza di assicurare, in tema di condanna all’adempimento nei contratti a prestazioni corrispettive, che la parte la quale chieda in giudizio l’esecuzione della prestazione dovuta (come il pagamento del compenso asseritamente maturato) non sia, a sua volta, inadempiente, avendo, piuttosto, l’onere di offrire l’esecuzione della propria prestazione, se le prestazioni debbano essere eseguite contestualmente, ovvero l’onere di dimostrare di aver adempiuto la propria obbligazione, se essa – come avviene per l’appaltatore – preceda l’adempimento in ordine al pagamento del corrispettivo cui la controparte è tenuta (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 15287 del 31/05/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 7763 del 22/03/2024).

Ebbene, l’applicazione di tale regola al contratto di appalto, cui pacificamente si estende la disciplina generale dell’inadempimento del contratto, implica che l’appaltatore che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto abbia l’onere di provare di avere adempiuto la propria obbligazione, ossia di aver eseguito l’opera, integrando tale adempimento il fatto costitutivo del diritto di credito, oggetto della sua pretesa.

Nondimeno, diverso è l’assetto relativo al riparto degli oneri probatori allorché sia fatta valere la garanzia speciale per le difformità e vizi dell’opera.

In questa prospettiva, da ultimo, con specifico riguardo al contratto di compravendita – ma il principio è stato espressamente esteso dalla stessa pronuncia, per identità di ratio, anche all’appalto -, si è affermato che, in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi. E ciò perché la garanzia per i vizi pone il venditore in una condizione non di “obbligazione” (dovere di prestazione) ma di “soggezione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 11748 del 03/05/2019; così anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 19702 del 13/11/2012), cosicché lo schema concettuale a cui ricondurre l’ipotesi che la cosa venduta risulti viziata non può essere quello dell’inadempimento di una obbligazione.

In particolare, la consegna di una cosa viziata integra un inadempimento contrattuale, ossia una violazione della lex contractus; ma, come è stato osservato in dottrina, non tutte le violazioni della lex contractus realizzano ipotesi di inadempimento di obbligazioni [si noti: inadempimento del contratto, non di una obbligazione, dato che non ricorreva quest’ultima ma semmai una garanzia].

Pertanto, traslando i riferiti argomenti all’odierno modello negoziale, l’imperfetta attuazione nell’appalto del risultato auspicato – ossia del compimento dell’opera o della prestazione del servizio in conformità alle pattuizioni negoziali e alle regole tecniche, in ragione della presenza delle difformità e dei vizi – integra una responsabilità che prescinde da ogni giudizio di colpevolezza dell’assuntore e si fonda soltanto sul dato obiettivo dell’esistenza dei difetti.[certo, ma ovvio]

Siffatta garanzia non può, quindi, essere ricondotta alla fattispecie dell’inesatto adempimento. Piuttosto, il diritto alla eliminazione o alla modificazione (quanto al prezzo) del contratto di appalto ovvero alla risoluzione, che vuol far valere l’appaltante che esperisca le azioni di cui all’art. 1668 c.c., per essere garantito dall’appaltatore in ordine ai difetti della cosa commissionata – vale a dire, per l’imperfetta attuazione del risultato al quale era funzionale l’obbligazione di facere, anche in assenza di colpa dell’assuntore -, si fonda sul fatto dell’esistenza dei difetti medesimi.

La prova di tale esistenza grava, dunque, in linea di principio, sul committente. E ciò anche in applicazione del principio di vicinanza della prova e del tradizionale canone riassunto nel brocardo latino negativa non sunt probanda.[piana applicaizone dell 2697 cc; che sia azine o mera eccezione nulla cambia]

Aderisce sostanzialmente a tale impostazione l’orientamento secondo cui l’onere della prova dei vizi è a carico della parte che abbia la disponibilità della cosa, in lineare applicazione del principio di vicinanza della prova, cosicché, in tema di garanzia per difformità e vizi, l’accettazione dell’opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell’onere della prova, nel senso che, fino a quando l’opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell’esistenza delle difformità e dei vizi, gravando sull’appaltatore l’onere di provare di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte, mentre, una volta che l’opera sia stata positivamente verificata, anche per facta concludentia, spetta al committente, che l’ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l’esistenza dei difetti e delle conseguenze dannose lamentate, giacché l’art. 1667 c.c. indica nel medesimo committente la parte gravata dall’onere della prova di tempestiva denuncia delle difformità e dei vizi ed essendo questo risultato ermeneutico in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6161 del 07/03/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 21230 del 19/07/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 12723 del 10/05/2023; Sez. 2, Sentenza n. 7267 del 13/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 2223 del 25/01/2022; Sez. 2, Sentenza n. 39599 del 13/12/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 10149 del 16/04/2021; Sez. 2, Sentenza n. 19146 del 09/08/2013; Sez. 2, Sentenza n. 23923 del 27/12/2012).

Ne discende che prima dell’accettazione la prova dell’assenza delle imperfezioni denunciate compete all’artefice; dopo l’accettazione, anche tacita, la dimostrazione dell’esistenza spetta all’ordinante.[NB: punto assai importante nella pratica]

In particolare, laddove il committente denunci la presenza di difformità, basta che questi provi la mancata osservanza di determinate pattuizioni, senza che sia necessario fornire la dimostrazione che l’opera ha un valore o rendimento minore: potendo tale scostamento essere fatto valere anche nelle ipotesi in cui l’opera risulti avere un maggior valore. Qualora, per converso, la causa petendi dell’azione di eliminazione, riduzione o risoluzione sia rappresentata dalla denunciata ricorrenza di vizi, l’appaltante è onerato della prova della violazione di determinate regole di buona tecnica, la quale implica che, sebbene l’opera sia idonea alla sua destinazione, abbia subito, a causa dei difetti dedotti, una diminuzione di valore o di rendimento rispetto al valore desumibile dalle prescrizioni negoziali; a fortiori, la dimostrazione del decremento di valore o di rendimento è sintomatica (recte meramente indicativa) della violazione delle regole dell’arte.

1.4.- Da queste argomentazioni deriva che solo allorché il committente si limiti ad eccepire l’inadempimento dell’appaltatore (deducendo la sussistenza di difformità o vizi, ma senza ampliare il thema decidendum) – nel caso quest’ultimo abbia agito in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto – l’assuntore ha l’onere di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte.

E tanto in conformità al principio generale a mente del quale, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il debitore convenuto per l’adempimento, ove sollevi l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., sarà onerato di allegare l’altrui inadempimento, gravando sul creditore agente l’onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 3587 del 11/02/2021; Sez. 3, Sentenza n. 3373 del 12/02/2010; Sez. 1, Sentenza n. 13674 del 13/06/2006; Sez. 3, Sentenza n. 8615 del 12/04/2006).

Quindi, qualora il committente contesti fondatamente l’adempimento, per non avere l’artefice dimostrato la perfetta esecuzione dell’opera, la domanda di condanna al pagamento non può essere accolta, non rilevando che l’inadempimento dell’appaltatore abbia scarsa importanza, in quanto a tale nozione l’art. 1455 c.c. fa riferimento a proposito della domanda di risoluzione del contratto e non di quella volta ad ottenere il suo adempimento, stante l’esigenza di prevedere l’operatività del rimedio della risoluzione solo nel caso in cui il comportamento di una parte produca un effettivo pregiudizio all’interesse della parte non inadempiente, alterando il sinallagma funzionale.

In tale evenienza è richiesta dunque la dimostrazione (positiva) dell’esatto adempimento, sul piano quantitativo e qualitativo, della prestazione, nel suo insieme, in collegamento sinallagmatico rispetto al pagamento del compenso (che appunto dà causa e giustifica il diritto alla sua percezione): sia sul completamento dell’opera o del servizio, sia sulla corrispondenza dell’opera o del servizio alle prescrizioni negoziali e alla buona tecnica.

Il che ontologicamente costituisce onere diverso dalla dimostrazione (negativa) dell’inesistenza di specifiche difformità o vizi.

Qualora, per converso, il committente eserciti le azioni di cui alla garanzia speciale per le difformità e i vizi – in via principale o in via riconvenzionale -, l’onere probatorio ricade sull’appaltante che abbia la disponibilità dell’opera.

In specie, l’azione di proporzionale riduzione costituisce rimedio satisfattivo speciale, che amplia il thema decidendum ed è funzionalmente diverso dal rimedio risarcitorio, il quale può essere esperito in aggiunta all’actio quanti minoris, ovviamente per il perseguimento di beni della vita eterogenei, anche se complementari, benché anch’essa tenda a riparare le conseguenze di un inadempimento contrattuale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11604 del 02/08/2002; Sez. 2, Sentenza n. 1770 del 07/02/2001; Sez. 2, Sentenza n. 977 del 04/02/1999; Sez. 2, Sentenza n. 4839 del 04/08/1988).

L’incidenza del difetto sul prezzo postula, infatti, che sia indicata l’entità e la qualità delle difformità e dei vizi, i quali debbono essere singolarmente dedotti e valutati, ai fini dell’emarginazione della causa petendi della domanda, sebbene costituiscano altrettanti fatti semplici che concorrono a formare l’unico fatto giuridico (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1023 del 19/02/1986; Sez. 3, Sentenza n. 1617 del 17/06/1963; Sez. 1, Sentenza n. 1317 del 30/05/1962; Sez. 1, Sentenza n. 882 del 20/04/1961).

Quanto al petitum, la finalità della riduzione del prezzo è quella di porre il committente nella stessa condizione economica in cui si sarebbe trovato se avesse stipulato l’appalto per un’opera corrispondente a quella effettivamente realizzata, comprensiva dei difetti, ad un prezzo inferiore, cosicché l’esperimento dell’azione è volto a ristabilire il nesso di corrispettività tra le prestazioni. In questa prospettiva la riduzione incide sul prezzo inteso come valore contrattuale della cosa e non sul suo valore di mercato, ossia sul valore corrente obiettivo della cosa.

Ne discende che la pretesa dell’ordinante di condanna dell’artefice al pagamento della somma necessaria ad eliminare i vizi dell’opera non costituisce una mera modalità esecutiva della richiesta di eliminazione dei vizi a spese dell’assuntore (la quale postula che quest’ultimo proceda direttamente ai lavori di correzione o riparazione, in forza della condanna giudiziale disposta), bensì si inquadra nell’ambito dell’obbligo di riduzione del corrispettivo, assumendo il riferimento ai vizi funzione parametrica della somma all’uopo richiesta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4161 del 02/03/2015; Sez. 2, Sentenza n. 5250 del 15/03/2004; Sez. 2, Sentenza n. 2974 del 22/06/1989; Sez. 2, Sentenza n. 1016 del 07/02/1983).

Delineati gli elementi costitutivi dell’azione di proporzionale riduzione del prezzo, propone domanda riconvenzionale il committente che, convenuto in giudizio dall’appaltatore per il pagamento del prezzo convenuto, chieda la riduzione di quel corrispettivo ai sensi dell’art. 1668, primo comma, c.c., denunciando difformità o vizi dell’opera (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2236 del 15/06/1976; nello stesso senso, con riferimento alla vendita, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1289 del 26/04/1968; Sez. 3, Sentenza n. 1352 del 06/06/1962).

Il discrimen è, per l’effetto, segnato dalla posizione processuale assunta dall’appaltante con riferimento alla domanda dell’artefice di pagamento del compenso: ove questi si limiti ad eccepire l’inadempimento, è onere dell’assuntore dimostrare la corretta esecuzione dell’opera ai fini di ottenere il pagamento del corrispettivo; ove, invece, il committente faccia valere la garanzia speciale per le difformità e i vizi, azionando le domande di eliminazione a spese dell’appaltatore oppure di diminuzione proporzionale del prezzo o di risoluzione dell’appalto, farà carico allo stesso committente, che sia rientrato nella piena disponibilità dell’opera, come fisiologicamente accade al termine dei lavori, l’onere di dimostrare l’integrazione di tali difformità e vizi>>.