App Venezia n 624/2023 del 21 marzo 2023, RG 1737/2019, GMI srl+1 v. Sei Elettronica +1, va ricordata soprattutto per due insegnamenti inerenti: i) al dies a quo degli effetti della limitazione brevettuale ; ii) alla inefficacia della limitazione brevettuale in corso di causa (art. 79 cpi) a seguito di un abuso del diritto .
Il secondo è importante perchè applica uno strumento generale (l’abuso del diritto) dai contorni sfuggenti ma dagli effetti dirompenti (diniego di efficacia).
In breve, l’istanza di limitazione , essendo stata strategicamente avanzata più volte nel corso del processo per ridurre gradualmente l’oggetto del brevetto, non può conseguire alcun effetto.
<<Pertanto, va verificato il confine della facoltà di una limitazione a “cascata”, vale a dire della possibilità per il titolare di limitare progressivamente la rivendicazione al fine di giungere, per approssimazioni successive, a conservare la validità della versione brevettuale più ridotta possibile rispetto a quel che in concreto consente lo stato della tecnica anteriore al giudizio; certamente incide negativamente sulla durata (e sui costi) del processo e richiede una fase di accertamento tecnico peritale per ciascuna riduzione. E un tale confine è segnato dal divieto di abuso del diritto e dalla buona fede, ossia da principi espressi in forma di clausola generale che non consentono l’individuazione di criteri generali precisi ma che richiedono una analisi del caso concreto in funzione di quel bilanciamento dei contrapposti interessi prescritto dall’art. 52, comma 3, cpi, in modo da garantire “un’equa protezione al titolare ed una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi”.
Pertanto, nel tracciare i limiti della facoltà concessa dall’attuale art. 79, comma 3, cpi, tenendo conto che tale facoltà non può e non deve essere utilizzata per ritardare sine die la fine del procedimento sino a quando il titolare del brevetto non si riterrà soddisfatto della (nuova) formulazione delle rivendicazioni, occorre individuare un ragionevole punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze, ossia tra l’interesse del titolare volto ad una declaratoria di validità, anche parziale, del brevetto, l’interesse dei terzi a conoscere con certezza l’ambito di validità della privativa per non incorrere nella contraffazione e il principio del giusto processo.
Ebbene, nel caso di specie, la limitazione della privativa è avvenuta attraverso plurime riformulazioni della rivendicazione 1, che hanno consentito l’individuazione diretta e non ambigua dell’oggetto della rivendicazione per successiva approssimazione. Tale risultato emerge dall’esame della ricognizione effettuata dal Ctu in questo grado, da cui si ricava che le varie riformulazioni erano destinate a focalizzare il contenuto della privativa:
– Prima riformulazione, riguardante l’oggetto della rivendicazione (v. pag. 28 Ctu);
– Seconda riformulazione, finalizzata ad introdurre alcune caratteristiche essenziali atte a spiegare l’interazione tra i vari apparati (v. pag. 31 Ctu);
– terza riformulazione, volta a fornire tutte le informazioni tecniche relative ai mezzi di movimentazione della testa di taglio laser lungo i mezzi di guida, prima oggettivamente mancanti (v. pag.31-33 Ctu);
– quarta riformulazione, resa necessaria dalla riscontrata incompatibilità tra due forme di realizzazione della macchina (seconda barra o albero cui era associata la testa di taglio laser: v. Ctu pag. 33);
– quinta riformulazione, presentata in data 29/01/2018 per superare obiezione di generalizzazione intermedia, contraria ai requisiti di cui all’art. 79 comma 3 cpi (v. Ctu pag. 35-36).
Da quanto riportato dal Ctu, pertanto, emerge come siano state necessarie le progressive e molteplici riformulazioni fino all’esatta individuazione dell’ambito della privativa, a discapito di una certezza delle situazioni giuridiche verso i terzi e della ragionevole durata del processo. È pur vero che le riformulazioni erano formalmente consentite, tuttavia, sono state elaborate per effetto dell’esito dell’istruttoria, con conseguente ricostruzione del brevetto attraverso il ripetuto inserimento di elementi che, pur derivanti dal testo brevettuale, hanno richiesto reiterati accertamenti peritali nel corso del giudizio con inevitabile uso distorto dello strumento processuale. Infatti, nel giudizio di accertamento, va vagliata la validità di un brevetto già rilasciato e già utilizzato, consentendo al titolare di ‘limitare’ la privativa, ma non di costruire nel processo o salvare la privativa, attraverso le infinite combinazioni possibili, con conseguente pregiudizio dell’affidamento dei terzi e della certezza dei rapporti giuridici.
In sostanza, lo jus poenitendi sostanziale di cui all’art. 79, comma 3, cpi, non può essere esercitato in modo abusivo e reiterato, dovendo rientrare nei canoni del giusto processo senza richiedere continui accertamenti peritali iterativi sulle riformulazioni via via avanzate, pena l’inammissibilità della domanda di accertamento della validità del brevetto.
Nel caso di specie, le riformulazioni sono, sì, derivate dall’esito delle indagini peritali, esito che, anche a prescindere dal rilievo per eccesso di mandato da parte del consulente nominato, ha consentito di fondare l’insindacabile ed irreversibile scelta del titolare della privativa di ridurre l’ambito di protezione di quest’ultima, tuttavia, tale scelta è comunque vincolata al rispetto di quel punto di equilibrio tra le esigenze del titolare e quelle dei terzi, oltre il quale appare contrario a buona fede quel comportamento che si avvale del processo per delineare il contenuto della privativa rivendicata.
Pertanto, essendo il diritto alla riformulazione del brevetto soggetto ad un doppio limite, uno attinente al contenuto della privativa dato che non può essere introdotta materia nuova e, l’altro, riguardante il processo che non può essere abusato, va ritenuta corretta la decisione impugnata laddove dà atto che GMI ha legittimamente esercitato lo jus poenitendi sostanziale ma che lo ha fatto avvalendosi del processo in modo abusivo e contrario a buona fede.
Ne consegue l’inammissibilità dell’accertamento di validità del brevetto per invenzione fatto oggetto della riformulazione del 29/1/2018, con conseguente impossibilità di esaminare il merito di essa>>.
Il tema è complesso, ma la soluzione lascia perplessi.
Perchè unaa motivazione, basata sul ritardo nel rendere giustizia, porta ad una sanzione non processuale (sulle spese di lite: art. 96 c. 3 cpc) ma sostanziale? Se si adducono ragioni di ordine non sostanziale ma solo processuale , è solo in ques’ultimo ambito che la sanzione deve operare.