Cass. civ., Sez. II, Ord., (data ud. 30/01/2025) 04/02/2025, n. 2770, rel. Scarpa:
<<4.3. – L’azione del condominio diretta a curare l’osservanza del regolamento ed a far riconoscere in giudizio l’esistenza della servitù che limiti la facoltà del proprietario della singola unità di adibire il suo immobile a determinate destinazioni, si configura, invero, come confessoria servitutis, e perciò vede quale legittimato dal lato passivo in primo luogo colui che, oltre a contestare l’esistenza della servitù, abbia un rapporto attuale con il fondo servente (proprietario, comproprietario, titolare di un diritto reale sul fondo o possessore suo nomine), potendo solo nei confronti di tali soggetti esser fatto valere il giudicato di accertamento, contenente, anche implicitamente, l’ordine di astenersi da qualsiasi turbativa nei confronti del titolare della servitù o di rimessione in pristino, mentre gli autori materiali della lesione del diritto di servitù possono essere eventualmente chiamati in giudizio quali destinatari dell’azione ex art. 1079 c.c., ove la loro condotta si sia posta a titolo di concorso con quella di uno dei predetti soggetti o abbia comunque implicato la contestazione della servitù (Cass. n. 2403 del 2024; n. 15222 del 2023).
Le norme del regolamento di condominio che impongono divieti di destinazione ed altre limitazioni similari all’uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva concorrono ad integrare la disciplina delle cose comuni dell’edificio [ nds: delle cose comuni? direi di no!] , in quanto dirette ad impedire un uso abnorme delle stesse in conseguenza di situazioni e comportamenti che non si esauriscano nello stretto ambito delle proprietà esclusive: di tal che, in caso di violazione di tali prescrizioni, l’amministratore del condominio, indipendentemente dal conferimento di uno specifico incarico con deliberazione della assemblea, ha, a norma dell’art. 1130 c.c., il potere di farne cessare il relativo abuso e, quindi, la relativa legittimazione processuale (Cass. n. 1131 del 1985). La presenza di un diritto di servitù in favore indistintamente delle proprietà esclusive presenti in un edificio condominiale, in sostanza, assoggetta il diritto stesso, sia nelle modalità di esercizio che con riguardo alle spese di gestione del bene, alla disciplina propria del condominio, la quale si estende sia alla gestione dei beni comuni che ai diritti reali su beni di uso comune connessi alla migliore utilizzazione delle proprietà (Cass. n. 12259 del 2023). La legittimazione processuale dell’amministratore si giustifica, quindi, essendo in gioco la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato e l’interesse comune dei partecipanti alla comunione, cioè un interesse che costoro possono vantare solo in quanto tali, in antitesi con l’interesse individuale di un singolo condomino (Cass. n. 30302 del 2022).
Peraltro, il giudicato che va a formarsi sull’azione confessoria intentata dal condominio nei confronti del singolo condomino attiene solo al riconoscimento dell’esistenza della servitù a carico della proprietà esclusiva del convenuto e all’accertamento dell’opponibilità della clausola regolamentare, sicché non sussiste la necessità del litisconsorzio di tutti i partecipanti al condominio “per comunanza dei plurimi rapporti bilaterali” correlati alla reciprocità dell’onere (cfr. Cass. Sez. Unite n. 1900 del 2025; Cass. n. 23224 del 2013).
4.4. – Il condominio, quindi, sempre che sia provata l’operatività della clausola limitativa, ovvero la sua opponibilità al condomino locatore, può chiedere, comunque, anche nei diretti confronti del conduttore di una porzione del fabbricato condominiale, la cessazione della destinazione abusiva e l’osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni, giacché il conduttore non può venire a trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo locatore, il quale, a sua volta, è tenuto ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto di locazione (cfr. Cass. n. 24188 del 2021; n. 11383 del 2006; n. 4920 del 2006; n. 16240 del 2003; n. 23 del 2004; n. 15756 del 2001; n. 4963 del 2001; n. 8239 del 1997; n. 825 del 1997; n. 5241 del 1978).
4.5.- Il condominio, che faccia valere nei confronti del conduttore la violazione del divieto contenuto nel regolamento condominiale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva a determinati usi e richieda la cessazione della destinazione abusiva al conduttore, deduce, d’altro canto, l’esistenza di servitù gravanti sulla cosa locata, le quali menomano il diritto del conduttore, e ciò implica l’applicabilità dell’art. 1586 c.c. con riguardo al rapporto locativo. Il conduttore convenuto dal condominio, ove si opponga alla pretesa di quest’ultimo, dimostra comunque di avere interesse a rimanere nella lite, agli effetti del secondo comma del citato art. 1586 c.c.>>