Differenze tra credito alimentare e assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente economicamente

Cass. sez. I, ord.  10/02/2025, n. 3.329 rel. Reggiani:

<<3.3. In effetti, l’obbligo di mantenimento dei figli, posto a carico dei genitori, si differenzia dall’obbligo alimentare vero e proprio, per le diverse finalità ed anche per il suo contenuto, pur potendo le due provvidenze in parte coincidere (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 2710 del 29/01/2024).
In particolare, l’obbligo di mantenimento si configura all’interno della famiglia nucleare, mentre l’obbligo alimentare riguarda anche rapporti parentali più estesi e, in determinati casi, si pone anche al di fuori di essi (v. l’obbligo del donatario ai sensi dell’art. 437 c.c.).
Inoltre, l’assegno di mantenimento può comprendere anche la quota alimentare, ma ha un contenuto diverso, normalmente più ampio, e, diversamente dagli alimenti, non presuppone lo stato di bisogno.
In altre parole, l’assegno alimentare costituisce un minus rispetto all’assegno di mantenimento, richiedendo una condizione di bisogno del beneficiario, e il suo contenuto è determinato in base a quanto è necessario per la vita dell’alimentando (avuto riguardo alla sua posizione sociale).
L’assegno di mantenimento del figlio, invece, che deriva direttamente dal rapporto di filiazione, come previsto dall’art. 30 Cost., deve far fronte a una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, essendo estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, secondo uno standard di soddisfacimento corrispondente al tenore di vita economico e sociale goduto dalla famiglia quando era unita (v. da ultimo Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19625 dell’11/07/2023).
Il diritto del figlio al mantenimento, al pari degli altri diritti che compongono lo status di figlio, ha un fondamento solidaristico ed è finalizzato a soddisfare interessi anche di carattere non patrimoniale, pur determinando il sorgere di prestazioni dal contenuto economico.
Il contenuto del mantenimento, allora, deve essere definito in ragione della sua funzione, che non si esaurisce nell’apporto economico necessario per il soddisfacimento dei bisogni necessari a vivere, ma include ogni apporto finalizzato ad una crescita e formazione adatta alla sua personalità e alle sue inclinazioni.
L’elasticità e la flessibilità che caratterizza il rapporto intersoggettivo tra genitori e figlio determina una variazione nel tempo del contenuto del dovere di mantenimento, correlata alle mutevoli esigenze e all’età del figlio, la cui crescita comporta, di regola, un incremento delle necessità di spesa per i suoi bisogni e una progressiva riduzione degli impegni legati all’accudimento materiale dello stesso, fino a quando, con la maggiore età, il compito dei genitori diventa essenzialmente un supporto al percorso del figlio verso l’indipendenza anche economica.
D’altronde, una volta raggiunta tale indipendenza, cessa l’obbligo di mantenimento ed esso non è nuovamente esigibile se il figlio perde le sue fonti di reddito, poiché i genitori hanno adempiuto al loro dovere di condurlo verso l’autosufficienza, fermo restando che il figlio, se si trova in stato di bisogno, può sempre chiedere che vengano corrisposti gli alimenti (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12477 del 07/07/2004; v. anche la particolare fattispecie esaminata da Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 12123 del 06/05/2024).    (….)

3.6. Per quanto riguarda il contributo al mantenimento dei figli, invece, sia esso destinato ai figli minori di età o ai figli maggiorenni (ma non ancora autosufficienti economicamente), occorre guardare al disposto dell’art. 337 ter, comma 4, c.c. (così da ultimo Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 2536 del 26/01/2024; v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4145 del 10/02/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 2020 del 28/01/2021; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 19299 del 16/09/2020).
La menzionata disposizione normativa, per la parte di interesse, prevede che “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando 1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore…”
In tale quadro, si inserisce la disciplina specifica del mantenimento dei figli maggiorenni, contenuta nell’art. 337 septies c.c., ove è previsto che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico.”
La stessa norma stabilisce, poi, che “Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto” (nel rispetto del principio della domanda, come più volte precisato da questa Corte v. da ultimo Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 34100 del 12/11/2021).
La giurisprudenza di legittimità, a seguito di un elaborato percorso interpretativo, è arrivata a specificare le “circostanze” da valutare ai fini della decisione sulla spettanza dell’assegno in questione, date, in sintesi, dalla incolpevole non indipendenza economica del figlio maggiorenne, da provarsi a cura di colui che richiede l’assegno con prova sempre più rigorosa con l’aumentare dell’età del figlio stesso (v. in particolare Cass., Sez. 1, Sentenza n. 26875 del 20/09/2023; v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 12123 del 06/05/2024)..
Come sopra evidenziato, la determinazione nel quantum del contributo al mantenimento, per il figlio maggiorenne, così come avviene per il figlio minore di età, è regolata dall’art. 337 ter, comma 4, c.c., con la sola differenza che, in base al disposto dell’art. 337 septies c.c., il figlio può chiedere che l’assegno venga corrisposto direttamente a lui stesso.
Non è, dunque, previsto che il genitore obbligato al mantenimento possa scegliere unilateralmente di adempiere all’obbligo mediante accoglimento in casa del figlio da parte di uno gei genitori.
Il legislatore, per il mantenimento di figli, investe il giudice della verifica della sussistenza o meno dei presupposti per l’attribuzione di un assegno e, in presenza degli stessi, stabilisce che lo stesso giudice preveda l’erogazione di un assegno periodico, in base ai criteri sopra ricordati, ove l’accoglimento o meno del figlio in casa, con contribuzione diretta al suo mantenimento, non è una modalità alternativa di adempimento dell’obbligo di mantenimento, costituendo, semmai, un elemento da valutare ai fini della quantificazione dell’assegno ai sensi dell’art. 337 ter, comma 4, c.c.
3.7. Non vi è, pertanto, ragione per estendere all’adempimento dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non indipendente economicamente, la disciplina prevista per la somministrazione degli alimenti, tenuto conto che l’obbligo di mantenimento dei figli, che ha diverse finalità e un diverso contenuto, reca una specifica disciplina, ove il giudice è chiamato a determinare la spettanza e l’entità del contributo economico spettante al figlio anche maggiorenne ma non economicamente autosufficiente>>.