Cass. sez. I, ord. 11/02/2025 n. 3.506, rel. Caiazzo:
<<La ricorrente aveva appellato la sentenza di primo grado – che le aveva riconosciuto la misura di Euro 350,00 mensile – chiedendone l’aumento a Euro 1500,00 mensile, lamentando l’erronea applicazione delle norme disciplinati l’istituto, con riguardo al profilo assistenziale dell’assegno.
La ricorrente lamenta in particolare che la Corte d’Appello ha escluso anche il profilo assistenziale dell’assegno (accogliendo l’appello incidentale dell’ex marito), non avendo tenuto conto della rilevante sproporzione tra la situazione reddituale e patrimoniale tra le parti. Sul punto, in effetti, la sentenza impugnata si è limitata ad affermare che “se si considera che il matrimonio è avvenuto allorquando l’appellante aveva già compiuto 45 anni ed aveva certamente impostato correttamente la propria vita ed il proprio mantenimento, che il matrimonio stesso è durato solo 9 anni e che manca qualunque allegazione, che concretamente faccia ritenere che sussista tra le parti una sperequazione economica dovuta a scelte funzionali alla famiglia, che non consenta (oggi) all’appellante una vita dignitosa, di tal che il sacrificio deve essere compensato.”.
Inoltre, dalla sentenza di divorzio si evince che il Bi.Re. era socio “nella misura di 1/3 della Sassomet che presenta una notevole capacità di fatturato, ha circa 13/14 dipendenti, non sono stati prodotti documenti contabili recenti attestanti un calo dei ricavi che deve presumersi siano rimasti invariati e che quindi negli anni abbia accantonato notevoli risparmi, percepisce la pensione di Euro 1.885,22, è comproprietario di 95 porzioni di terreni e di 19 immobili”; di contro la Sl.Ir. ha prodotto solo le dichiarazioni dei redditi relative agli anni di imposta 2016-2019 da cui risulta che ha percepito annualmente soltanto la somma di Euro 4.200,00 a titolo di contributo erogato dai Servizi Sociali per l’affido della nipote”.
Invero, l’assegno di divorzio, avente funzione anche perequativa-compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, presente al momento del divorzio, sia l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari, mentre, in assenza di prova di tale nesso causale, l’assegno può giustificarsi solo per esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili laddove il coniuge più debole non abbia i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o non possa procurarseli per ragioni oggettive (Cass., n. 26520/2024).
Nel caso concreto, la ricorrente aveva allegato il notevole squilibrio tra le situazioni patrimoniale delle partii, e il fatto di essere impossidente e di non poter ricercare un lavoro, essendo disabile al 75%, considerata anche l’età avanzata (nata nel 1957).
La Corte territoriale ha ritenuto assorbente rilevare che la ricorrente lavorava continuativamente, sebbene in maniera irregolare, senza attribuire rilievo al suddetto squilibrio patrimoniale, alla disabilità dell’ex moglie e alla relativa età che costituiscono elementi oggettivi incidenti sulla capacità di ricercare un’occupazione o anche di conservare quella pregressa.
Al riguardo, non può essere sottaciuto che l’irregolarità del lavoro prestato, che comportava una certa dose di energia fisica, sia un fatto che – a prescindere dalle violazioni di legge relative ai diritti spettanti alla lavoratrice – oggettivamente rende incerta la prosecuzione dell’attività che risultava svolta dall’ex moglie alla data della sentenza impugnata – .
Ora, atteso che dagli atti emergeva chiaramente tra le parti la sperequazione tra redditi e patrimoni – resa particolarmente acuita dal fatto che l’ex marito era proprietario di ben 19 immobili e 95 porzioni di terreno-, la Corte di merito non ha compiuto una corretta ricognizione dei presupposti dell’assegno divorzile nella funzione assistenziale, avendo ritenuto che la ricorrente disponesse di un lavoro stabile, trascurando di valutare, come detto, la sua disabilità, la sua età, e la relativa influenza sulla capacità lavorativa futura, omettendo altresì di approfondire la questione dell’irregolarità del lavoro prestato>>.