regola pacifica riaffermata da Cass. Sez. III, Ord. 16/02/2025, n. 3.904, rel. Graziosi, a seguito di rigetto della domanda risarcitoria in appello:
<<1. l’unico motivo presentato nel ricorso denuncia violazione ed erronea interpretazione degli articoli 1223 e 2059 c.c., nonché violazione “dei precetti costituzionali dedicati alla famiglia”, ex articoli 29, 30 e 31 Cost.;
si osserva che Cass. sez. 3, ord. 14 ottobre 2019 n. 25774 insegna che per i membri della c.d. famiglia nucleare la perdita può essere sempre presunta, salva la prova contraria di controparte, “solo in base alla loro appartenenza al medesimo nucleo familiare minimo”; si richiama pure Cass. sez. 6-3, ord. 15 febbraio 2018 n. 3767 – per cui “l’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur”)”, essendo in tali casi “onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo” -, oltre alla non massimata, più recente Cass. sez. 6-3, 28 febbraio 2020 n. 5452;
si sostiene, quindi, che la cessazione della convivenza non significa “porre fine al forte, peculiare e duraturo legame affettivo” dei figli verso i genitori, per cui non sussisterebbe nel caso in esame l’asserita carenza probatoria affermata dalla Corte territoriale, che ha dato una sentenza “del tutto priva di motivazione”>>.
La SC aggiunge:
<< l’unico motivo del ricorso è manifestamente fondato;
le sue argomentazioni hanno correttamente smontato le singolari ragioni che il giudice d’appello ha posto alla base del diniego risarcitorio, del tutto difformi dalla giurisprudenza ormai consolidata; oltre a quella invocata dalle ricorrenti, da intendersi come qui richiamata, non si può omettere di ricordare l’ancor più prossima Cass. sez.3, 15 luglio 2022 n. 22397: “L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur”): in tal caso, grava sul convenuto l’onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo” (cfr. pure Cass. sez. 3, 30 agosto 2022 n. 25541 e Cass. sez. 3, ord. 4 marzo 2024 n. 5769);>>