Intervento della Cassazione sul (sempre un pò ostico) tema in oggetto.
Si tratta di Cass. sez. I, sent. 18/02/2025 n. 4.131, rel. Marulli.
Lo sfruttamento autonomo e diretto (non tramite licenza, parrebbe) da parte del contitolare non è ammesso, poichè deprezza il valore della privativa e ne altera la destinazione economica.
<<16. Ora, se di ciò si fa estensione al nostro campo non è difficile credere che lo sfruttamento incondizionato del brevetto, sia pure se solo nella forma del sfruttamento produttivo, che in regime di comunione si concedesse al singolo contitolare non finirebbe per pregiudicare il valore del brevetto in sé, atteso che, potendo disporre dei diritti brevettuali apparentemente senza limiti, il singolo contitolare sarebbe libero di determinare a propria discrezione modi e forme di sfruttamento del trovato. Se si guarda, cioè, la cosa dal punto di vista dell’art. 6, comma 1, cod. prop. ind. e, sulla scorta del rinvio che esso fa alle norme sulla comunione, dal punto di vista dell’art. 1102 cod. civ. e del principio secondo cui l’uso consentito al singolo comunista del bene comune non può alterarne la destinazione, lo sfruttamento uti singulus del brevetto ne altera indubbiamente la destinazione perché la tutela che esso poteva accordare quando lo sfruttamento era conferito collegialmente e collegialmente esercitato, laddove per intenderci il mercato accordava un certo valore al trovato, viene inesorabilmente meno quando allo sfruttamento di più si sostituisca lo sfruttamento da parte di uno solo. Sicché se anche a questo titolo si volesse continuare a parlare di lesione del diritto di esclusiva, essa non sarebbe ravvisabile nel fatto che il contitolare non possa fare uso del bene comune perché ciò andrebbe in urto all’uso degli altri contitolari, ma andrebbe ravvisata nel fatto che lo sfruttamento individuale del brevetto deprime il valore intrinseco di esso, ne altera la destinazione e pregiudica il diritto degli altri contitolari di ritrarre dal brevetto i benefici che l’esclusiva loro concessa era in grado di assicurare.
17. Su questo punto la pur commendevole sentenza di merito oggetto qui di impugnazione non tiene e va, come detto, debitamente cassata affinché si attenga al seguente principio di diritto: “In materia di brevetto di cui siano contitolari due o più soggetti, il rinvio contenuto nell’art. 6, comma 1, cod. propr. ind. alle norme sulla comunione dei diritti reali deve essere inteso nel senso, che in difetto di convenzione contraria, a mente dell’art. 1102, comma 1, cod. civ. è precluso al singolo comunista lo sfruttamento produttivo del trovato a cui voglia procedere uti singulus in quanto ciò, riflettendosi sulla tutela accordata con il brevetto, altera la destinazione della cosa e lede in tal modo il diritto di esclusiva dell’altro o degli altri contitolari” >>.
L’esattezza del giudizio però è dubbia.
Che l’uso non concertato da parte del singolo deprezzi il valore economico della privativa è assai probabile, quasi certo. Che questo costituisca “alterazione della destinazione economica”, vietata dall’art. 1102 cc, è invece assai dubbio, pur adattando il concetto dalle res alle privative. Andava comnunque argomentato ben più a fondo.
Anzi la SC pare confondere i citt. due aspetti, senza poi nemmeno distinguere tra i possibili tipi di sfruttamento: – in proprio, su quali mercati e/o per quali prodotti; – oppure indirettamente tramite licenza a terzi e con quale tipo di licenza (esclusiva /non esclujsiva, su quali territori …).
Ringrazio Paolo Cuomo per la segnalazione della sentenza.