Il Trib. del Delaweare offre un interessante esame di un tema attujale., relativo all’uso di uan banca dati giuridica di un concorrente tramite l’offerta di in sercizio di ausilio con AI (sentenza 221 febbraio 2025 No. 1:20-cv-613-SB Thomson reuters c. Ross intelligence; qui la pagina del caso e ove il link al testo)
Mese: Marzo 2025
Ancora sulla determinazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale
Cass. sez. III, sent. 06/02/2025 n. 2.957 rel. Graziosi:
<<6.1 È ben noto che il sistema tabellare, in relazione al danno da perdita parentale, è stato di recente oggetto di una impostazione modificativa, “spostandolo” dalle tabelle romane nella quantificazione a punti, mentre per un certo periodo le tabelle milanesi, ancora riconosciute come frutto concreto di equità da questa Suprema Corte, hanno continuato ad avvalersi del sistema della cosiddetta forbice tra un minimo e un massimo. Tuttavia, quando il giudice d’appello nella presente causa ha esaminato il gravame relativo proprio alla quantificazione del risarcimento di tale danno, la giurisprudenza di legittimità aveva già chiuso questo spazio di contraddizione, attribuendo la funzionalità migliore al sistema a punti.
Oltre alla giurisprudenza richiamata dallo stesso giudice d’appello (Cass. Sez. 3, 21 aprile 2021 n. 10579 – “In tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul ‘sistema a punti’, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella” (caso, questo, in cui è stata cassata una pronuncia che aveva applicato il sistema a forbice delle tabelle milanesi) -), si deve rammentare che, sempre prima della sentenza qui in esame, tale linea era stata confermata, tra gli arresti massimati, pure da Cass. Sez. 3, ord. 29 settembre 2021 n. 26300 (cfr. peraltro la posteriore Cass. Sez. 3, ord. 22 marzo 2023 n. 8265, per cui nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale i criteri delle tabelle milanesi anteriori al 2022 devono intendersi nel senso che non indicano una forbice tra il minimo e il massimo, bensì tra “un valore monetario base”, espressione di una valutazione media uniforme del danno, e una personalizzazione massima, applicabile soltanto per circostanze peculiari specificamente allegate).
Linea, questa, che viene tuttora seguita, senza reali oscillazioni ma comunque emergendovi pure gli ineludibili approfondimenti suscitati dal caso specifico (tra gli arresti massimati si vedano ancora, in particolare, Cass. Sez. 3, ord. 28 febbraio 2023 n. 5948 – “Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul ‘sistema a punti’, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, ferma restando la possibilità che la valutazione equitativa si traduca nell’utilizzo di un sistema di liquidazione diverso (il quale attinga, ove reputato utile, anche alla fonte rappresentata dall’intervallo di valori numerici offerto dalla versione della tabella milanese anteriore a quella del giugno 2022), purché sorretto da un’adeguata motivazione che dia conto delle circostanze prese in considerazione dal giudice per la quantificazione del danno risarcibile nel caso concreto” – e Cass. Sez. 3, ord. 27 dicembre 2023 n. 35998 – per cui la morte anteriore rispetto a quando sarebbe avvenuta per causa non imputabile al responsabile non integra danno risarcibile per chi la subisce ma può costituire danno da perdita del rapporto parentale, risarcibile ai congiunti iure proprio, e rispetto al quale la presumibile durata della residua sopravvivenza del de cuius costituisce parametro per la liquidazione equitativa, così confermando la sentenza di merito che aveva liquidato il danno da perdita del rapporto parentale ai congiunti avvalendosi delle tabelle milanesi ma decurtandole del 30% per la minore durata dell’aspettativa della vita del de cuius rispetto a un coetaneo -.
Frattanto, va rilevato per completezza, si è adeguato a questo input il sistema ambrosiano, come espressamente rimarca Cass. Sez. 3, ord. 16 dicembre 2022 n. 37009, per cui le tabelle milanesi del giugno 2022 “costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema ‘a punto variabile’ (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione ‘a forbice’) che prevede l’attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa ‘pura’, purché sorretta da adeguata motivazione” >>.
Il che applicato al caso de quo porta alla seguente censura:
<<6.2 È dunque evidente la fondatezza della censura veicolata dai ricorrenti: il giudice d’appello, qualora semmai avesse ritenuto nel caso specifico di doversi discostare da quella che ben conosceva essere la modalità di quantificazione già indicata dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte per confermare la quantificazione del Tribunale assunta con diverso criterio, avrebbe dovuto fornire un’approfondita e specifica motivazione per spiegare tanto l’eccezionalità nella quale ormai la quantificazione operata dal primo giudice era incorsa, quanto l’adeguatezza peculiare di tale quantificazione che ne consentisse la permanenza in un contesto nomofilattico ormai chiaramente divergente.
La specificità, invero, può sempre verificarsi nelle fattispecie del danno non patrimoniale, la quantificazione del cui risarcimento venendo infatti affidata all’equità del giudice di merito. E l’equità, istituto giuridico diretto a integrare e dunque adeguare la struttura normativa in cui si inserisce (da ultimo, nel presente settore cfr. Cass. Sez. 3, ord. 26 luglio 2024 n. 20894, Cass. Sez. L., ord. 16 maggio 2024 n. 13701 e Cass. Sez. 3, ord. 29 aprile 2022 n. 13515), da sistemi tabellari adottati da determinati tribunali – e, quindi, non normativi – non viene certo soppressa, ma soltanto agevolata nel suo esercizio, trattandosi di meri strumenti pratici (in tema, cfr. Cass. Sez. 6 – 3, ord. 13 dicembre 2022 n. 36297: “In tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, è ammissibile la liquidazione equitativa ‘pura’ (che si discosti, cioè, dai valori astrattamente predisposti dalle tabelle in uso), sempreché ricorrano circostanze peculiari, delle quali sia fornita logica e congrua motivazione”), in sostanza attenuando l’onere accertatorio e quindi motivazionale del giudicante tramite una valutazione predeterminata in base a dati ordinariamente sussistenti>>.
<<7. Ne consegue che la sentenza impugnata non si è adeguata alla giurisprudenza di legittimità da essa stessa richiamata, e lo ha fatto senza evidenziare la sussistenza di peculiari ragioni che avrebbero semmai consentito di divergerne nella modalità di quantificazione risarcitoria del riconosciuto danno da perdita del rapporto parentale. La sentenza deve pertanto venire cassata per l’accoglimento dei primi due motivi, assorbito l’ultimo, rinviando la causa, perché sia compiuta la quantificazione del danno nella qui evidenziata modalità corretta, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa sezione e diversa composizione, cui si rimette anche la decisione sulle spese processuali del giudizio di legittimità>>
La Corte di Giustizia illumina (fiocamente, per vero) l’interpretazione dell’art. 15.1.h) GDPR sul dovere esplicativo in caso di sistemi di processi decisionali automatizzati
Corte di Giustizia 27.02.2025, C-203/22, CK c. Magistrat der Stadt Wien con l’intervento di Dun& Bradstreet Austria GmbH, esamina un rinvio di giudice austriaco in un caso di piano tariffario telefonico negato per rischio di insolvenza rilevato da scoring algoritmico.
Il tema è sempre piuù importante ed attuale, costituendo forse quello più difficile da sciogliere: il dovere di motivare (derivante da buona fede contrattuale, quando non da disposizione di legge) è problematico assai nel caso di decisioni algoritmiche, anche perchè di solito l’impresa profilante il privato scaltramente eccepisce il segreto commerciale (che però in genrrale cede al diritto alla protezione dei dati del civis).
Si notino i ponderosi quesiti del giudice a quo.
La risposta della CG resta sul generico e purtroppo non è dato conoscere con precisione la risposta data dall’impresa profilante alla richiesta del cittadino
1) L’articolo 15, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) 2016/679 … dev’essere interpretato nel senso che:
in caso di processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento, l’interessato può pretendere dal titolare del trattamento, a titolo di «informazioni significative sulla logica utilizzata», che quest’ultimo gli spieghi, mediante informazioni pertinenti e in forma concisa, trasparente, comprensibile e facilmente accessibile, la procedura e i principi concretamente applicati per utilizzare, con mezzi automatizzati, i dati personali relativi a tale interessato al fine di ottenerne un risultato determinato, come un profilo di solvibilità.
2) nell’ipotesi in cui il titolare del trattamento ritenga che le informazioni da fornire all’interessato conformemente a tale disposizione contengano dati di terzi protetti da tale regolamento o segreti commerciali, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2016/943 (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know‑how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti, detto titolare è tenuto a comunicare tali informazioni asseritamente protette all’autorità di controllo o al giudice competenti, cui spetta ponderare i diritti e gli interessi in gioco al fine di determinare la portata del diritto di accesso dell’interessato previsto all’articolo 15 di tale regolamento
Decisione istruttiva sul profilo probatorio della rinomanza dei marchi (il caso della vodka “Chopin”)
La 5 comm. ricorso EUIPO 13.02.2025, R 304/2024-5, Giossina v. Podlaska, (qui la pag. web dell’ufficio) utile ai pratici per la preprazione dell’istruttoria sulla rinomanza del marchio.
59 L’esistenza di una notorietà dev’essere valutata tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, vale a dire, in particolare, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata del suo uso, nonché l’importo speso dall’impresa per promuoverlo (05/10/2022, T 711/20-, CMS Italy (fig.)/PUMA (fig.) et al., EU:T:2022:604, § 82; 02/10/2015, T-624/13, Darjeeling/DARJEELING et al., EU:T:2015:743, § 75; 27/09/2012, T-373/09, Emidio Tucci, EU:T:2012:500, § 58; 10/05/2007, T-47/06, Nasdaq, EU:T:2007:131, § 46; 06/02/2007, T-477/04, TDK, EU:T:2007:35, § 48; 14/09/1999, 375/97-, Chevy, EU:C:1999:408, § 26, 27).
60 Per quanto riguarda la qualità delle prove della notorietà, occorre che esso sia chiaro, preciso e convincente, nel senso che il titolare del marchio anteriore deve dimostrare tutti i fatti necessari per concludere con certezza che il suo marchio è conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato. La notorietà del marchio anteriore deve essere sufficientemente dimostrata e non semplicemente presunta. Risulta altresì dalla giurisprudenza che la prova della notorietà deve includere elementi oggettivi adeguatamente documentati o verificabili per consentire di valutare i fattori pertinenti
(05/10/2022, T 711/20-, CMS Italy (fig.)/PUMA (fig.) et al., EU:T:2022:604, § 84).
61 Nel caso di specie, la Divisione di Opposizione ha concluso che le prove presentate dall’opponente, considerate nel loro complesso, dimostrano che la registrazione del marchio dell’Unione europea anteriore godeva di notorietà, almeno sul mercato polacco, per vodka nella Classe 33.
62 L’opponente ha presentato due studi di mercato (Allegati 5 e 6) relativi alla conoscenza del marchio dei marchi Chopin dell’opponente in relazione alla vodka. Il primo studio di mercato è stato realizzato da Millward Brown (attualmente Kantar Millward Brown, una principale agenzia di ricerca globale) e il secondo da KPMG Sp. z o.o.
63 A seguito di questi studi, la conoscenza del marchio Chopin è riconosciuta dal 69 % del numero complessivo di intervistati, compreso il 80 % del pubblico principale (ossia i normali consumatori di vodka). Il 29 % degli intervistati ha sentito parlare di questo marchio di vodka per la prima volta più di 10 anni fa e il 45 % conosce il marchio da 3 a
10 anni. Il marchio Chopin è stato il marchio al premio polacco più indicato (conoscenza spontanea) della categoria delle bevande spiritose (32 % degli intervistati, prima di Belvedere, Wyborowa, Żubrówka e Sobieski vodkas).
64 Tali studi dimostrano che il marchio anteriore ha raggiunto un livello significativo di consapevolezza e conoscenza presso i consumatori in Polonia, in particolare quelli che consumano regolarmente bevande alcoliche come la vodka.
Si prega di notare che questa è una traduzione generata automaticamente fornita soltanto per scopi informativi. Non è possibile garantirne l’accuratezza o l’idoneità per specifici scopi.
65 Inoltre, l’opponente ha presentato nell’allegato n. 1 circa 180 fatture che dimostrano la vendita di migliaia di bottiglie di vodka in Polonia e in altri Stati membri, come nei Paesi Bassi, in Belgio, Germania, Lettonia, Lituania, Italia, Romania e Regno Unito. Tali fatture coprono un lungo periodo dal 2015 al 2022 che mostra un uso costante e molto frequente del marchio anteriore.
66 L’opponente è stato molto attivo nella promozione e nella pubblicità del marchio anteriore (Allegati 7 e 8). Ha presentato un’ampia selezione di immagini di prodotti promozionali in stand esclusivi presso negozi senza merci in aeroporti polacchi (datati 2015-2017, 2019-2020), eventi diversi (ad esempio la presentazione di McLaren presso lo Stadium nazionale polacco nel 2019 e la presentazione di Lamborghini a Varsavia nel 2021) e fiere (ad esempio Festival Wódki I Zakcontrollori ski 2017, 2018, 2019; JEDZ IJ Warszawo 2019). Nell’UE, l’opponente ha anche prodotto diverse immagini di eventi di sponsorizzazione e festival in cui sono stati promossi i prodotti “Chopin”, quali: Bar Convent Berlin (Germania) nel 2019, il Festival internazionale del Tribunale Cuisine
2018, Duty Free TFWA Cannes (Francia) 2018 e 2019.
67 Negli allegati 9 e 10, l’opponente ha incluso anche una grande varietà di articoli pubblicitari e di articoli di stampa datati 2015-2020, in riviste pubblicate in Polonia quali gli Highneth 2015, Acqua Vitae 2016, Ereca 2017, Tendances & Emballages 2018, Born in Polonia catalogo 2018, 2019 e 2021 o online in un articolo Forbare dal titolo “How è troppo elevato per la vodka ultra luxury?” dal 24/07/2020; e l’articolo Parade titava “18 marchi Best vodka da laterare, sulle rocce o su un cocktail artigianale” del 03/01/2023.
La vodka Chopin è citata in relazione alla sua collaborazione con Vera Wang (designer).
68 Va sottolineato che la vodka Chopin è stata considerata il settimo marchio di lusso da KPMG il 23 marzo 2016 e anche il gennaio 2020 in un articolo online di “The spruce eats”, che è una pubblicazione online vincente a livello mondiale su una missione voltaad aiutare il pubblico a fare il loro meglio condividendo “i migliori” nelle ricette di cibo e bevande, la vodka Chopin è stata considerata il secondo marchio più popolare di vodka
premium.
69 L’opponente è anche molto attivo con il proprio marchio anteriore su social media e collabora anche a eventi cinematografici e musicali molto famosi, dove il marchio “Chopin” è stato ampiamente promosso (ad esempio, presso il Festival di Santa Barbara International Film Film, la fondazione Grammy, il premio Kirk Douglas Award, il premio internazionale Transatlantic Film e Music Award, con la partecipazione di storari cinematografici come Angelina Jolie, Sandra Bullock, Penéning, 12).
70 Infine, l’opponente ha presentato una sentenza del Tribunale di Varsavia del 22/10/2020, nel caso XXII GWzt 21/20, che riguardava un procedimento per contraffazione in cui, tra l’altro, era in discussione il marchio anteriore (allegato 15).
71 In tale sentenza il tribunale polacco ha stabilito che il marchio anteriore godeva di notorietà e ha tenuto conto anche degli studi di mercato (Allegati 5 e 6) presentati anch’essi in tale procedimento. Ha affermato che la presenza nel mercato della vodka Chopin nel corso degli anni e le spese elevate per il marketing e le attività promozionali dimostrano la notorietà e l’elevata qualità del marchio anteriore. La produzione della vodka viene effettuata in piccole partite e il produttore controlla l’intero processo, compreso l’acquisto di materie prime. La vodka presenta un gusto eccezionale, ottenuto grazie alla ricetta e all’eccellente qualità degli ingredienti.
Si prega di notare che questa è una traduzione generata automaticamente fornita soltanto per scopi informativi. Non è possibile garantirne l’accuratezza o l’idoneità per specifici scopi.
72 Alla luce di quanto precede, la Commissione conferma le conclusioni della decisione impugnata in merito alla notorietà del marchio anteriore, che è presente nel mercato della vodka dall’inizio degli anni’ 1990 ed è stata utilizzata da allora in modo costante e molto frequente, come dimostrato dalle fatture che costituiscono semplicemente una selezione di tutti i volumi di vendita dei prodotti derivati dalla vodka sotto il marchio anteriore”
In caso di violazione di marchio, il recupero dei profitti del violatore è limitato a questi e non può estendersi a quelli realizzati dalle società da lui controllate
Il recupero dei profitti può concernere solo quelli della convenuta capogruppo, non quello delle controllate, pur coautrici della violazione ma non chiamate in giudizio.
Del resto l’attore non aveva azionato il diritto di “pierce the corporate veil” cioè di superaee la distinzione soggettiva tra le società del gruppo.
Così la Corte Suprema USA 26.02.2025, n. 23-900, Deweberry Group inc. v. Deweberry Ebgineers inc (qui la pag. web in Justia e qui il link diretto alla sentenza) .
Vanno distinti peraltro la chiamata in causa e l’efficacia di giudicato opponibile, da un latom, dall’accertametnmo della responsabiità e quindi dall’individuazione dell’autore (v. ns. art. 125.3 cpi) , dall’altro.
Il superamento della distinzione soggettiva, del resto, se è possibile per i creditori volontari, deve esserlo anche per quelli involcontari.
DAl Syllabus:
The federal Lanham Act provides for a prevailing plaintiff to recover the
“defendant’s profits” deriving from improper use of a mark. 15 U. S. C.
§1117(a). Dewberry Engineers successfully sued Dewberry Group—a
competitor real-estate development company—for trademark infringe-
ment under the Lanham Act. Dewberry Group provides services
needed to generate rental income from properties owned by separately
incorporated affiliates. That income goes on the affiliates’ books; Dew-
berry Group receives only agreed-upon fees. And those fees are appar-
ently set at less than market rates—the Group has operated at a loss
for decades, surviving only through cash infusions by John Dewberry,
who owns both the Group and the affiliates. To reflect that “economic
reality,” the District Court treated Dewberry Group and its affiliates
“as a single corporate entity” for purposes of calculating a profits
award. The District Court thus totaled the affiliates’ real-estate prof-
its from the years Dewberry Group infringed, producing an award of
nearly $43 million. A divided Court of Appeals panel affirmed that
award.
Held: In awarding the “defendant’s profits” to the prevailing plaintiff in
a trademark infringement suit under the Lanham Act, §1117(a), a
court can award only profits ascribable to the “defendant” itself. And
the term “defendant” bears its usual legal meaning: the party against
whom relief or recovery is sought—here, Dewberry Group. The Engi-
neers chose not to add the Group’s affiliates as defendants. Accord-
ingly, the affiliates’ profits are not the (statutorily disgorgable) “de-
fendant’s profits” as ordinarily understood.
Nor do background principles of corporate law convert the one into
the other. This Court has often read federal statutes to incorporate
such principles. So if corporate law treated all affiliated companies as
“a single corporate entity,” there could be reason to construe the term
“defendant” in the same vein. See United States v. Bestfoods, 524 U. S.
51, 62. But the usual rule is the opposite. “[I]t is long settled as a
matter of American corporate law that separately incorporated organ-
izations are separate legal units with distinct legal rights and obliga-
tions.” Agency for Int’l Development v. Alliance for Open Society Int’l
Inc., 591 U. S. 430, 435. And that is so even if the entities are affili-
ated—as they are here by virtue of having a common owner. While a
court may in select circumstances “pierc[e] the corporate veil,” espe-
cially to prevent corporate formalities from shielding fraudulent con-
duct, Bestfoods, 524 U. S., at 62, Dewberry Engineers admits that it
never tried to make the showing needed for veil-piercing. So the de-
mand to respect corporate formalities remains. And that demand ac-
cords with the Lanham Act’s text: the “defendant’s profits” are the de-
fendant’s profits, not its plus its affiliates’.
Dewberry Engineers does not contest these points; it instead argues
that a court may take account of an affiliate’s profits under a later sen-
tence in the Lanham Act’s remedies section: “If the court shall find that
the amount of the recovery based on profits is either inadequate or ex-
cessive[,] the court may in its discretion enter judgment for such sum
as the court shall find to be just, according to the circumstances.”
§1117(a). In the Engineers’ view, this so-called “just-sum provision”
enables a court, after first assessing the “defendant’s profits,” to deter-
mine that a different figure better reflects the “defendant’s true finan-
cial gain.” Brief for Respondent 24. And at that “second step” of the
process, the court can consider “as relevant evidence” the profits of re-
lated entities. But the District Court did not rely on the just-sum pro-
vision. It simply treated Dewberry Group and its affiliates as a single
corporate entity in calculating the “defendant’s profits.” And the
Fourth Circuit approved that approach, thinking it justifiable in the
circumstances to ignore the corporate separateness of the affiliated
companies. The just-sum provision did not come into the analysis and
therefore does not support the $43 million award given
Risoluzione per inadempimento del conduttore e danno risarcibile al locatore: tutti i canoni fino alla naturale scadenza o fino alla rilocazione a terzi? Sull’annoso tema “risoluzione e risarcimento”
Cass. sez. un., sent. 25/02/2025 n. 4.892 rel. Dell’Utri, sul danno al locatore incaso di risuluzione della locazione per inadempimento del conduttore: spetta anche il danno da canoni non percepiti dopo la risoluizione ma non dal condopttire, ciopè automaticamente, bensì percepibili da terzi cui sarebbe riuscito a concederlo con nuova locazione.
Il locatore deve cioè provare che ha rimesso subito ed efficamente sul mercato l’immobile.
Solo che la SC dimentica che ciò non basta: deve provare anche che un conduttore -alle condiizoni economiche offerte- l’avrebbe trovato, non potendosi affatto presumerlo.
<<È in questo quadro che si colloca la giustificazione dell’attribuzione di un carattere ragionevolmente dirimente alla dimostrazione, da parte del locatore, d’essersi convenientemente attivato, non appena ottenuta la riconsegna del proprio immobile, al fine di rendere conoscibile con i mezzi ordinari la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione.
Un atteggiamento di persistente ingiustificata inerzia del locatore nel riattivare le possibilità di recupero della redditività del proprio bene a seguito della sua riacquistata disponibilità (in tesi confidando sul diritto a conseguire, a titolo risarcitorio, tutti i canoni convenuti fino alla naturale scadenza del contratto), non potrà non legittimare, secondo l’id quod plerumque accidit, la prospettazione dell’eventuale riconducibilità della cessata redditività del bene alla responsabilità dello stesso locatore; una responsabilità nella specie assumibile anche ex fide bona, in coerenza a un criterio valutativo generale del comportamento delle parti contraenti riferibile, oltre che alla relazione prenegoziale (ex art. 1337 c.c.), all’interpretazione del contratto (ex art. 1366 c.c.) e alla sua esecuzione (ex art. 1375 c.c.), anche alla fase che segue la formale risoluzione degli effetti del negozio (arg. altresì ex art. 1175 c.c., nella prospettiva della determinazione del credito risarcitorio, là dove impone al creditore di “comportarsi secondo le regole della correttezza”).
19. Deve pertanto ritenersi gravante sul locatore l’onere di comprovare che, nonostante la restituzione dell’immobile prima della scadenza del contratto da parte del conduttore inadempiente, il danno costituito dalla mancata percezione del canone fino a detta scadenza, o fino alla stipulazione di una nuova locazione, si è ugualmente verificato>>.