Esatto insegnamento in Cass. sez. II, 20/03/2025 n. 7.425, rel. Criscuolo, in un caso di immobile in comproprietà tra gli ex coniugi:
<<La tesi della ricorrente si fonda sul principio affermato da questa Corte secondo cui il diritto di abitazione assegnato al coniuge in sede di separazione può venire meno solo allorché ne vengano meno i presupposti, ma tale accertamento compete unicamente al giudice che lo ha inizialmente disposto, non potendo reputarsi che lo stesso perdi di efficacia in assenza di una statuizione giudiziale (così Cass. n. 15367/2015; Cass. n. 1744/2018, che ammettono un riconoscimento del venir meno del diritto solo laddove tale richiesta provenga da un terzo, e non anche nel caso in cui sia uno dei coniugi a sollecitare la verifica della perdurante sussistenza del diritto de quo).
Tuttavia, la tesi invocata non appare suscettibile di avere seguito nella fattispecie, alla luce del fatto che, come pacificamente riferito dalla stessa ricorrente, l’assegnazione della casa familiare è stata disposta in occasione della separazione dei coniugi pronunciata dal Tribunale di Siracusa con la sentenza del 21 gennaio 1978. Ha però fatto seguito la sentenza del 31 maggio 1985 con la quale il medesimo Tribunale ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, senza avere nulla disposto in ordine al diritto di abitazione, come confermato dal fatto che con il successivo provvedimento del 21 gennaio 2001 il Tribunale aveva rideterminato solamente l’assegno divorzile dovuto alla ricorrente, ordinando anche la corresponsione della quota di indennità di fine rapporto nel frattempo maturata dal Ca.El.
In mancanza, quindi, di una formale decisione assunta dal giudice in occasione della pronuncia della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve perciò ritenersi che il provvedimento di assegnazione della casa familiare sia già allora venuto meno.
Questa Corte ha, infatti, affermato che con la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio viene meno lo stato di separazione dei coniugi e, con esso, la regolamentazione dei rapporti tra i medesimi, anche per quanto riguarda l’eventuale assegnazione della casa familiare ad uno di loro; pertanto, il coniuge assegnatario della casa coniugale in sede di separazione, che sia anche comproprietario dell’immobile, qualora la sentenza di divorzio non ne preveda l’assegnazione, non ha più diritto all’utilizzo esclusivo del bene. (Cass. n. 9689/2000; conf. Cass. n. 12666/2004; Cass. n. 2210/2009).
In assenza quindi di una specifica previsione circa la casa familiare nella sentenza che ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, deve perciò ritenersi che il diritto de quo sia automaticamente venuto meno, risultato quindi non conferente rispetto al caso di specie il diverso principio invocato dalla ricorrente, che ha invece riguardo alla diversa ipotesi in cui il regime dei coniugi si fondi ancora sulla pronuncia emessa in occasione della separazione, senza che sia intervenuta la successiva sentenza di divorzio>>.