Cass. sez. III, 03/03/2025 n. 5.647 rel. Iannello, sul sempre scivoloso tema in oggetto:
<<Va osservato che, al riguardo, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione, del principio che il Collegio condivide, secondo cui il contratto stipulato dall’amministratore di una società eccedendo dai poteri di rappresentanza fissati dall’atto costitutivo e dallo statuto non è affetto da nullità, atteso che la norma di cui all’art. 2384 cod. civ. secondo comma, nel testo applicabile alla fattispecie “ratione temporis”, prevede soltanto l’inopponibilità ai terzi delle limitazioni suddette, salvo che costoro abbiano agito intenzionalmente a danno della società, così escludendo implicitamente che la violazione della disposizione possa essere invocata dal terzo contraente (Cass. n. 22669 del 02/12/2004 Rv. 578317-01; v. anche Cass. n. 24547 dell’1/12/2016 Rv. 642662-02).
Giova, inoltre, ribadire che questa Corte ha, con riferimento alla distinzione tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione, affermato che (Cass. n. 18536 del 10/07/2019 Rv. 654659-01) le limitazioni dei poteri di rappresentanza degli amministratori di società di capitali, risultanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, ai sensi dell’art. 2384, comma 2, cod. civ., non sono opponibili ai terzi di buona fede, non solo quando si tratti di limitazioni alla rappresentanza processuale, ma anche per le limitazioni alla rappresentanza sostanziale, poiché la norma, che si riferisce ai poteri degli amministratori in via generale, prendendo in esame gli effetti della buona fede della controparte, si attaglia più appropriatamente all’ambito della rappresentanza negoziale.
È, altresì opportuno, per completezza espositiva, richiamare la giurisprudenza, risalente oramai di oltre un ventennio, resa a seguito della modifica dell’art. 2384 c.c. operata dall’art. 5 del D.P.R. n. 1127 del 29/12/1969, che pure, con l’art. 6, introdusse nel codice civile l’art. 2384-bis, secondo la quale (Cass. n. 14509 dell’8/11/2000 Rv. 541480-01) ai fini dell’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, l’art. 2384, comma secondo, c.c., nel testo novellato dall’art. 5 del D.P.R. n. 1127 del 1969, richiede non già la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresì la sussistenza di un accordo fraudolento, o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la società>>.