Cass. sez. I, 08/04/2025 n. 9.207, rel. Pazzi, su una convivenza durata quattro mesi:
<<5.1 È ben vero, in materia di separazione personale dei coniugi, che la durata del matrimonio o della convivenza matrimoniale non incidono sul riconoscimento del diritto a percepire un assegno di mantenimento.
Infatti, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti; al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento (Cass. 1162/2017).
Inoltre, tra le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, l’art. 156 cod. civ. non pone l’instaurazione di un’effettiva convivenza fra i coniugi; la mancata convivenza può, invero, trovare ragione nelle più diverse situazioni o esigenze e va comunque intesa, in difetto di elementi che dimostrino il contrario, come espressione di una scelta della coppia, di per sé non escludente la comunione spirituale e materiale, dalla quale non possono farsi derivare effetti penalizzanti per uno dei coniugi ed alla quale comunque non può attribuirsi efficacia estintiva dei diritti e doveri di natura patrimoniale che nascono dal matrimonio (Cass. 19349/2011, Cass. 17537/2003, Cass. 3490/1998).
5.2 Nel caso di specie, tuttavia, la Corte distrettuale non ha valorizzato, al fine di escludere il diritto dell’appellante a ricevere un assegno di mantenimento, solo il fatto che non vi era stata un’effettiva convivenza tra i coniugi, dato che la Sp.Ma. dopo quattro mesi era tornata a vivere a Pisa, ma anche la circostanza che fra i coniugi non si era mai instaurata una vera communio omnis vitae, né vi era stata condivisione del menage familiare.
In presenza di una simile situazione di fatto i giudici distrettuali hanno negato la possibilità di riconoscere un assegno di divorzio, in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui “[…] nell’ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come affectio coniugalis, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento” (Cass. 402/2018); dunque, “se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione” (Cass. 16737/2018; nello stesso senso, da ultimo, Cass. 20507/2024).
5.3 Questo collegio condivide questo principio, a cui intende dare continuità.
Non vi è dubbio che il matrimonio-atto costituisca un negozio che produce la costituzione di un rapporto matrimoniale comportante una serie di reciproci diritti e doveri fra i coniugi, in cui è ricompreso l’obbligo di assistenza materiale previsto dall’art. 143, comma 2, cod. civ.
Ciò nondimeno, il fine essenziale del matrimonio è la costituzione di una comunione di vita “spirituale e materiale”, come è possibile ricavare, indirettamente, dal tenore dell’art. 1 L. 898/1970, secondo cui il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio “quando accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita”.
Questa comunione di vita costituisce un fatto, consistente nell’effettiva attuazione del rapporto matrimoniale attraverso la convivenza e l’osservanza degli altri doveri di solidarietà coniugale, che si realizza non certo automaticamente per effetto della legge, ma solo grazie alla condotta e al contributo dei coniugi.
È nell’ambito di questa comunione di vita che l’obbligo di assistenza materiale si attualizza, giacché, in sua assenza, difetterebbe il contesto all’interno del quale l’assistenza (che è attività continuativa protratta nel tempo) assume una sua concretezza.
Ora, se nessuna comunione di vita vi è mai stata, l’obbligo di assistenza non ha mai avuto il naturale ambito dove avverarsi e non può conseguire, per la prima volta, a una statuizione di separazione nel cui contesto il diritto al mantenimento a favore del coniuge separato trova il suo fondamento nella permanenza del vincolo coniugale e nel dovere di assicurare continuità all’assistenza materiale già realizzatasi, in precedenza, tra i coniugi>>.