Cass. sez. IV, lavoro, 04 Gennaio 2024, n. 279, es. Patti.:
<<Per avere efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943 c.c., un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione della pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora; pertanto, non determina l’interruzione della prescrizione la riserva, contenuta in un atto di citazione, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento>>. (massima ufficiale)
Massima condivisibile, pur se ovvia.
<<6.1. d’altro canto, l’effetto interruttivo della prescrizione
esige, per prodursi, che il debitore abbia conoscenza (legale,
non necessariamente effettiva) dell’atto giudiziale o
stragiudiziale del creditore. E pertanto, in ipotesi di domanda
proposta nelle forme del processo del lavoro, esso non si
produce con il deposito del ricorso presso la cancelleria del
giudice adito, ma con la sua notificazione al convenuto>>.
La riserva era contenuta infatti nel ricorso lavoro. Condivisibile Pure questo giudizio, pur se anche esso
ovvio