Cass. sez. III, ord. 13 Marzo 2024 n. 6.735, rel. Saija.
<<Ritiene la Corte che il senso dell’arresto appena citato – contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, in memoria – sia che la sussidiarietà (e quindi
l’ammissibilità) dell’azione deve escludersi quando l’azione principale non sia
meramente infondata, ma quando sia rigettata per fatto sostanzialmente
imputabile all’attore (testualmente il citato arresto, in motivazione: “resta
precluso l’esercizio dell’azione di arricchimento ove l’azione suscettibile di
proposizione in via principale sia andata persa per un comportamento imputabile all’impoverito e, quindi, con riferimento ai casi di più frequente applicazione, per la prescrizione ovvero per la decadenza”) o per illiceità del titolo; se, invece, il titolo contrattuale è allegato dall’attore, è contestato dal convenuto, ma il primo non ne dà prova, ciò significa semplicemente che il titolo non c’è: dunque, nulla osta alla proponibilità della domanda subordinata ex art. 2041 c.c. e alla sua delibazione nel merito (v. in particolare par. 6 della citata Cass., Sez. Un., n. 33954/2023, pp. 27-28).
Così stando le cose, è evidente come, nella specie, non possano porsi ostacoli
alla ammissibilità dell’azione spiegata, in subordine, dal Montanari ex art. 2041
c.c., perché il potenziale concorso tra azioni s’è risolto in un concorso meramente
apparente: molto semplicemente, l’azione contrattuale proposta dal predetto è
infondata perché il titolo non esiste ab origine (id est, non è mai esistito), come
appunto accertato dal giudice del merito, sicché del tutto correttamente la Corte
fiorentina – una volta rigettata detta domanda – ha esaminato l’azione di
arricchimento senza causa>>