Squilibrio tra prestazioni e liceità della clausola atipica: sindacato delle volontà espresse in contratto?

Cass. sez. II, ord. 20/03/2024  n. 7.447, rel. Amato:

La clausola come riferita dalla SC:

<< “I venditori si obbligano nel caso in cui i lavori stessi non fossero, sia pure per motivi non dipendenti dalla loro volontà, completati per il 30 aprile 2003, a versare una penale di Euro100,00 al giorno per i primi 250 giorni di ritardo a partire dal 1° maggio 2003. A tal fine consegnano all’acquirente un assegno di Euro25.000,00 che l’acquirente metterà all’incasso immediatamente, autorizzandolo, in caso di ritardo nel completamento dei lavori, a trattenere la somma di Euro100,00 al giorno, con la restituzione della differenza ai venditori entro il periodo di 250 giorni di cui innanzi, salvi gli ulteriori danni in caso di ritardo superiore a 250 giorni nel completamento dei lavori medesimi“. La Corte distrettuale – correttamente riferendosi ad un orientamento consolidato di questa Corte che esclude l’applicabilità degli effetti specifici stabiliti dal legislatore per la clausola penale in assenza di inadempimento o ritardo imputabile al debitore (Cass. n. 4603 del 02/08/1984, cit. dalla Corte d’appello, confermata di recente da: Cass. n. 13956 del 2019; Cass. 10/05/2012, n. 7180; 30/01/1995, n. 1097) – ha escluso che la pattuizione in esame possa essere qualificata come clausola penale, trattandosi invece di clausola di contenuto atipico, come tale assoggettabile al vaglio di meritevolezza, ex art. 1322, comma 2, cod. civ>>.

Prosegue poi la SC:

<<2.2.1. Il Collegio non condivide, tuttavia, né l’opportunità di sottoporre al vaglio di meritevolezza una pattuizione lecita, né le ragioni in virtù delle quali la Corte distrettuale perviene ad un esito negativo di tale giudizio, laddove ritiene che il forte squilibrio dell’assetto negoziale, a tutto vantaggio dell’acquirente, implichi la mancanza di causa giustificatrice.

Deve innanzitutto rilevarsi che la questione relativa allo squilibrio originario nello scambio tra attribuzioni reciproche non è attratta nell’area della causa, poiché opera sul piano degli effetti, e quindi sul piano del rapporto negoziale e della sua esecuzione: eventuali squilibri nelle reciproche attribuzioni patrimoniali non comportano l’invalidità dell’atto di autonomia sotto il profilo della causa, ma postulano un concreto assetto di interessi eminentemente “privati” e, quindi, l’eventuale ricorso a strumenti di tutela di natura risolutoria [non necessariamente: l’abuso di dipendenza economica genera nullità e i vizi della volontà  annullabilità , e pure essi costituiscono lato sensu un abuso] . Quando, infatti, la prestazione reciproca conserva un significato trasparente e un contenuto lecito, non spetta ad un’autorità esterna alle parti – qual è quella giudiziale, priva dei poteri preventivi e generali del legislatore – il giudizio, singolare e a posteriori, sull’equilibrio dei valori scambiati. Del resto, l’interesse non meritevole di tutela si colloca tra il difetto di causa (anche per assenza di serietà di essa) e la causa illecita (per contrasto con norme imperative, con l’ordine pubblico, con il buon costume).

2.2.2. Venendo al caso di specie, i contenuti essenziali che emergono dalla pattuizione sopra riportata possono essere così riassunti: nel regolamento degli opposti interessi, l’obbligo di completamento dei lavori del giardino pertinenziale – assunto dalla parte venditrice anche con precise scadenze temporali, che giungono fino ad includere un maggior danno rispetto a quello forfettariamente pattuito – è sostenuto da un obbligo risarcitorio che assume connotazioni di garanzia nei confronti degli interessi della parte acquirente, tanto da essere onorato in parte in anticipo, e comunque dovuto anche nel caso in cui l’inadempimento, o il ritardo nell’adempimento, si verifichi a prescindere dalla sua imputabilità in capo agli obbligati.

2.2.3. Esclusa l’illiceità di tale pattuizione, un controllo in termini di meritevolezza si imporrebbe ove non risultasse con chiarezza la concreta ragione che induce le parti ad uno scambio [interessante: la illiceità ex 1322 cc è l’assenza di una -qualsiasi, aggiungerei- razionalità, che tale sia per l’opinione diffusa nella società] . Una volta emerse le ragioni lecite, il patto atipico si pone al di qua del confine con la nullità per difetto del titolo giustificativo dello scambio: solo varcato detto confine troviamo la regola dell’art. 1322 cod. civ. che meriti il costo di una coercizione giudiziale.

Quel che rende meritevole di tutela una situazione fondata su un patto atipico lecito né del tutto irrilevante è un canone di giudizio interno – che spetta al giudice del merito individuare – all’equilibrio complessivo fra i contrapposti interessi privati. Nel caso che ci occupa, la causa giustificatrice del patto atipico lecito sopra riportato non è assolutamente mancante: essa è, invece, rinvenibile nell’intento di garanzia rispetto a rischi (p.e.: la concessione in sanatoria da parte del Comune) dei quali parte acquirente si è del tutto spogliata, e dei quali si è fatta invece interamente carico parte venditrice>>.

La SC poi dà per scontato che il 1322 cc, riferito ai contratti atipici, si applichi pure alle clausole atipiche: probabilmente è esatto, ma andava un poco motiovato.