Sulla prova del dolo testamentario (art. 624 cc)

Cass. sez. II, sent. 11/10/2024 n. 26.519, rel. Cricenti:

<<La sentenza impugnata si é uniformata all’insegnamento della Suprema Corte, secondo il quale “al fine di poter affermare che una disposizione testamentaria sia affetta da dolo, non è sufficiente dimostrare una qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore, se del caso mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni; occorre, invece, la prova dell’avvenuto impiego di veri e propri mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore, avuto riguardo alla sua età, allo stato di salute, alle sue condizioni di spirito, così da suscitare in lui false rappresentazioni ed orientare la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata” (Cass. 31.8.2023 n. 25521; Cass. 28.2.2018 n. 4653), ed é opportuno rammentare che la prova della captazione, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l’attività di condizionamento e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore (Cass. 31.8.2023 n. 25521; Cass. 17.10.2022 n. 30424), mentre nel caso di specie tutti i capitoli di prova testimoniale riproposti dal ricorrente, e ritenuti dalla Corte d’Appello di Venezia inidonei a provare la captazione della volontà del de cuius da parte di Gi.Ri., non avrebbero consentito di identificare e ricostruire attività specifiche di condizionamento della volontà del testatore ad opera del fratello Ri., difettando quindi della necessaria decisività>>.