Quando la fotografia costituisce opera dell’ingegno

Cass. sez. I, ord. 20/12/2024 n. 33.599, rel. Valentino, sul noto caso della fotografia riproducente Falcone e Borsellino:

<<In generale, una fotografia può essere considerata un’opera fotografica prescindendo dal suo valore artistico se rappresenta una scelta creativa del fotografo.

Il discrimine tra opera protetta e semplice fotografia è incentrato nella capacità creativa dell’autore, vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare, così come nel momento esecutivo di realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata. Le fotografie semplici, invece, si distinguono dalle precedenti in quanto non richiedono alcun apporto creativo da parte del fotografo, poiché trattasi di mere fotografie, seppur di altissimo livello qualitativo, che si limitano a riprodurre fedelmente la realtà esterna, senza alcuna personale e sostanziale rielaborazione della fotografia da parte dell’autore.

L’apporto creativo deve potersi desumere da una precisa attività del fotografo, volta o a un miglioramento degli effetti ottenibili con l’apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o dalla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull’atteggiamento e sull’espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto prettamente tecnico. La creatività dell’artista può manifestarsi in diverse fasi della produzione fotografica. La scelta delle lenti, la disposizione delle luci, la sistemazione del soggetto o del fotografo, la composizione dell’immagine, il momento dello scatto, la post produzione, la scelta dei toni, la stampa etc.

Rispetto a tale contesto, la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata e non tiene conto che i principi evocati corrispondono a quanto affermato dalla Corte territoriale.

La Corte d’Appello ha correttamente evidenziato che nella fotografia oggetto del giudizio non è “percepibile l’impronta creativa personale del suo autore ovvero la singolarità della forma richiesta ai fini del riconoscimento della creatività, di talché l’immagine che la fotografia documenta non può dirsi connotata da elementi che la distinguano da altre possibili riproduzioni fotografiche che avrebbero potuto realizzarsi nel medesimo convegno dei due magistrati ripresi, tra l’altro nel momento documentato nella foto in questione”.

La motivazione è cioè fondata sull’assenza dell’apporto creativo e non sul suo valore artistico come la doglianza lamenta.

Di talché la censura si risolve in una deduzione mirata ad una rivalutazione delle valutazioni di merito, non sindacabile in sede di legittimità, nonostante che il ricorrente assuma diversamente.

In linea generale, la protezione del diritto d’autore postula il requisito dell’originalità e della creatività, consistente non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative.

La consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità (Cass., n. 10300/2020; Cass. 13524/2014)>>.

E’ utile leggere pure l’analitico ragionameno della corte di appello, come riportato dalla SC:

<<Per quanto qui di interesse, la Corte di merito ha precisato che: a) l’impugnazione ha essenzialmente riguardo all’operato disconoscimento del carattere creativo della fotografia e la conseguente esclusione della stessa dal novero delle “opere fotografiche” che ai sensi dell’art. 2, n.7, L.D.A., ricevono protezione quale oggetto del diritto d’autore, ed all’apprezzamento di essa invece quale “semplice fotografia”, definita dall’art. 57 della stessa legge come ritraente “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o processo analogo”, talché dirimente nella specie è la valutazione della creatività o meno della riproduzione fotografica in questione; b) il requisito della creatività – sufficiente all’apprestamento della tutela invocata – non consiste nel valore artistico della fotografia, ma ricorre quando l’immagine fotografica ha un proprio contenuto espressivo e presenta tratti individuali marcati, riflettendo la personale visione della realtà del suo autore; c) la creatività ha una dimensione soggettiva che si identifica in una “forma particolare” che la fotografia assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto; d) la foto, oggetto del giudizio, è, invece, peculiare non per il suo carattere creativo, ma per “l’eccezionalità del soggetto”, ovvero i due magistrati simbolo della lotta contro la mafia; e) non è percepibile l’impronta creativa personale del suo autore ovvero la singolarità della forma richiesta ai fini del riconoscimento della creatività; f) l’immagine che la foto documenta non ha caratteristiche specifiche che possano distinguerla da altre possibili riproduzioni fotografiche che avrebbero potuto realizzarsi nel medesimo convegno dei due magistrati ripresi, tra l’altro, nel preciso momento documentato nella foto in questione; g) la fotografia non presenta una valenza estetica che possa essere apprezzata a prescindere dalle persone dei due magistrati rappresentati e dall’espressione dagli stessi assunta; h) non sussistono neppure i presupposti e le condizioni di cui all’invocato art. 91, comma 3, L. n. 633/1941 per il riconoscimento, in via subordinata, del diritto ad un equo compenso, non versandosi nelle ipotesi di legge, di riproduzione della fotografia in antologie ad uso scolastico o in opere scientifiche o didattiche>>.