L’ecczione alla privativa brevettuale posta c.d di sperimetnazione o occezione Bolar da un noto caso giudiziario è cos’ discipolinata dalll’arty. 68.1.b:
<<1. La facolta’ esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende, quale che sia l’oggetto dell’invenzione:
a) ..
b) agli studi e sperimentazioni diretti all’ottenimento, anche in paesi esteri, di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco ed ai conseguenti adempimenti pratici ivi compresi la preparazione e l’utilizzazione delle materie prime farmacologicamente attive a cio’ strettamente necessarie; >>
L’interessante questione sub iudice è quella del se l’eccezione copra solo il futuro produttore che chiederà l’AIc oppure anche eventuali terzisti incaricati dal produttore stesso, che non ha il tempo o le risorse per provvedere in proprio alla sperimentazione.
La corte di appello di Milano 08.06.2021, n. 1785/2021-Rg 858/2019, Sicor-Teva c. Boheringer, confermando la decisione di primo greado, ha così statuito:
– L’art. 68.1.b cpi << è volta a conferire una maggiore rapidità nell’ingresso dei farmaci generici sul mercato, poiché il genericista non è obbligato a portare a termine tutti gli studi clinici atti a dimostrare l’efficacia e la sicurezza del prodotto, basandosi sugli studi già effettuati in relazione al farmaco di riferimento, il cd. originator. Tuttavia, non sono esclusi, per il genericista, gli studi di bioequivalenza, idonei a dimostrare che il medicinale generico ha la stessa efficacia terapeutica ed analoghi effetti collaterali dell’originator. Per questa ragione, l’art. 10, comma IX del D. lgs. n. 219/06 stabilisce che gli studi necessari per consentire al genericista la procedura abbreviata non comportano pregiudizio alla proprietà industriale>>;
<< il giudice di primo grado, pur dando conto del carattere eccezionale che contraddistingue la disposizione citata, a tutela della privativa industriale brevettuale, ha valorizzato la finalità delle sperimentazioni necessarie ad introdurre farmaci generici sul mercato in tempi relativamente rapidi. Nel tentativo, dunque, di contemperare le opposte esigenze, del titolare della privativa e del genericista, il giudice di prime cure ha ritenuto che la clausola Bolar non possa applicarsi ai meri produttori/rivenditori di principio attivo: “a coloro, cioè, che svolgano un’attività di sperimentazione e produzione non finalizzata ex ante all’ottenimento di un’AIC, bensì finalizzata ad ottenere il prodotto/principio attivo oggetto della privativa e ad offrirlo in vendita ad altri; in questi casi, invero, la produzione/offerta del prodotto è obiettivamente slegata dalla finalità di ottenere un’AIC ed il profitto che il produttore ricava dalla vendita dello stesso è la remunerazione di un’attività di studio e produzione, offerta e pubblicizzazione, ovvero di un’attività di sfruttamento commerciale del principio brevettato avvenuta senza alcuna copertura della scriminante”. Sempre in un’ottica teleologica, il giudice di prime cure ha ritenuto che i genericisti privi delle necessarie attrezzature tecnologiche e competenze possano rivolgersi a terzi produttori del principio attivo per richiedere un’attività di produzione e di consegna, da ritenere legittima in quanto funzionale all’ottenimento di un’AIC. 25.
La Corte reputa corretta tale interpretazione, che costituisce a tutti gli effetti un valido compromesso tra la libertà di iniziativa economica in un settore particolarmente significativo per la collettività mondiale e la necessaria tutela del titolare della privativa. Ed è dunque nel solco dell’attività di produzione e di consegna dietro specifica richiesta del genericista che il terzo produttore può muoversi senza trasmigrare nell’ambito della commercializzazione e della pubblicizzazione del prodotto. In altri termini, ciò significa che l’attività del terzo produttore, non potendo essere svincolata da una specifica richiesta del genericista, non può comprendere una vera e propria attività di marketing, perché il concetto di marketing si pone in evidente contrasto con le finalità sperimentative e registrative tipiche dell’eccezione consentita dalla disposizione legislativa; come, del resto, anche la produzione del principio attivo in quantità svincolate da una specifica richiesta e, perciò stesso, neppure ex ante controllabili (come anche infra spiegato). Ebbene, Sicor e Teva – che non hanno impugnato in maniera specifica l’interpretazione della disposizione nei termini sopra esposti – si sono limitate ad affermare che sarebbe “irrealistico” pensare che un produttore di principi attivi inizi a sviluppare il processo di produzione di un principio soltanto dopo aver ricevuto richiesta da un genericista, proprio perché, in tal caso, egli non sarebbe mai in grado di soddisfare tempestivamente tale richiesta (cfr. atto di citazione in appello, I cpv, pag. 22). Coerentemente, Sicor e Teva hanno ammesso nei propri atti di aver avviato le attività di produzione e pubblicizzazione del tiotropio prima ed indipendentemente da una specifica richiesta ed incarico da parte di una società genericista (cfr. pagg. 20 – 21 della comparsa conclusionale delle appellanti), in contrasto proprio con l’interpretazione pure estensiva ammessa dal giudice di prime cure. 26. Poste queste premesse di ordine generale, occorre passare in rassegna le obiezioni sollevate dalle parti appellanti e ritenute non adeguatamente valorizzate dal Tribunale, alla luce delle quali la produzione del principio attivo dovrebbe ritenersi coperta e avallata dalla clausola Bolar. Le impugnanti, infatti, hanno evidenziato di aver sempre avvertito i genericisti di poter vendere soltanto per finalità Bolar, come, del resto, risultava dal sito internet. Non avendo adeguatamente valorizzato tale circostanza, il giudice di prime cure aveva dunque errato. Parimenti non era stato considerato il fatto che la stessa Sicor, pur avendo chiesto ed ottenuto da AIFA un’autorizzazione alla produzione del tiotropio bromuro a fini di sola sperimentazione anche clinica e per mero errore avendo invece ottenuto l’autorizzazione a fini commerciali, si era poi attivata per far riscontrare detto errore, come risultava dai documenti nn. 34 – 3d. 27. La Corte premette che concorda con l’interpretazione proposta dal giudice di prime cure, sulla base della quale il mero inserimento del prodotto nel sito internet costituisce espressione della nota attività di marketing, funzionale a catturare l’attenzione dei possibili clienti genericisti>>.
Il passaggio chiave è <dietro specifica richiesta del genericista>
E’ infine interessante la discussione infatto sul se nel caso specifico ricorresse tale requisito o se invece il c.d. terzista avesse messo in vendita i propri risultati sperimentali.