Cass. 04.03.2022 n. 7.185, rel. Fiecconi, decide una domanda di danno verso il notario che ha fattio rinunciare il venditore all’ipoteca ex lege, pur sapendo l’acquirente li avrebbe immediatamente rivenduti (come in effetti fece tramite il medesimo notaio).
La SC conferma la decisione di appello che aveva condannato il notaio ai danni.
Alcuni passaggi interssanti:
<<6.2.2. … Sotto questo profilo, dunque, deve premettersi che – sebbene il notaio non sia, come si legge in ricorso, “un agente immobiliare”, né “un tecnico del catasto o della Agenzia delle Entrate”, risultando pertanto privo di “alcuna competenza” in ordine “al valore che le parti di un contratto assegnano ai diritti che ne sono oggetto” e non rientrando tra i suoi compiti “quello di assistere e garantire le parti in ordine alla economicità delle loro transazioni” – e’, comunque, da tempo “pacifico”, nella giurisprudenza di questa Corte, che “il notaio non è un passivo registratore delle dichiarazioni delle parti, essendo contenuto essenziale della sua prestazione professionale anche il c.d. dovere di consiglio”, il quale “ha per oggetto questioni tecniche, cioè problematiche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio che una vendita formalmente perfetta possa poi risultare inefficace” (così, in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. 29 marzo 2007, n. 7707, Rv. 596051-01). Ancora di recente, peraltro, sulla portata di tale dovere – non a caso recepito, dopo il teste’ menzionato arresto di questa Corte, dall’art. 42 del “codice deontologico” degli esercenti la professione notarile, approvato con Delib. Consiglio Nazionale del Notariato 5 aprile 2008, n. 2/56 – è stato ribadito che “il notaio incaricato dalla redazione e autenticazione di un contratto per la compravendita di un immobile non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovraintendere alla compilazione dell’atto, occorrendo che egli si interessi dell’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto medesimo e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse, rientrando tra i suoi doveri anche quello di consiglio ovvero di dissuasione” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 16 marzo 2021, n. 7283, Rv. 660913-01).
Anche la “dissuasione” di una parte contrattuale, al fine di “assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto”, e ciò persino quando la sua necessità derivi da attività “successiva” alla predisposizione dell’atto, non e’, dunque, affatto estranea ai doveri del notaio (sul punto si veda, oltre all’arresto da ultimo citato, già Cass. Sez. 3, sent. 15 giugno 1999, n. 5946, Rv. 527535-01), senza che ciò possa ritenersi in contrasto – come assume, viceversa, l’odierno ricorrente – coi doveri di imparzialità ed equidistanza rispetto ai diversi interessi delle parti, sancito dall’art. 41 del già citato codice deontologico.>>
e poi : <<6.2.6 Invero, si è già detto come il notaio, richiesto di una prestazione professionale, “assuma gli obblighi derivanti dall’incarico conferitogli dal cliente”, sicché “fanno parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale, anche quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell’atto”, con la conseguenza ulteriore che “l’inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d’opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d’opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico” (Cass. Sez. 3, sent. n. 149:34 del 2002, cit.).
Da quanto precede deriva, dunque, che – anche a prescindere dalla possibilità di invocare il disposto dell’art. 28 della Legge Professionale, che dà rilievo, in termini di illecito deontologico, alla fattispecie ivi contemplata, e che non tollererebbe, merce’ il collegamento con l’art. 147 della stessa Legge, “la creazione di un nuovo illecito, caratterizzato dall’essere gli atti, indipendentemente dalla loro nullità, coordinati e finalizzati a scopi illeciti” (Cass. Sez. 3, sent. 12 novembre 2013, n. 25408, Rv. 629531-01) – il dovere, o meglio l’obbligo, di astensione del notaio V. trovava, nella specie, titolo nel “ruolo di protezione e garanzia assunto in conseguenza del conferimento del mandato professionale”, secondo quanto, del resto, testualmente riconosciuto (pag. 7, in part. p. 7.2.4) dalla sentenza impugnata. Espungendo, dunque, dalla stessa il richiamo – come detto, errato – all’art. 28 della L. n. 89 del 1913, il solo riferimento all’art. 1375 c.c., anche in relazione, come si dirà, ma in modo del tutto aggiuntivo ai fini della sussistenza della responsabilità, all’art. 2043 c.c. (quest’ultimo, peraltro, invocato specificamente nell’atto di appello della A.; cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) era sufficiente a fondare la responsabilità del notaio V..
Il medesimo, infatti, non poteva ignorare, nel momento in cui svolgeva la sua prestazione d’opera professionale, che le modalità della programmata rivendita (giacché il M., dopo aver acquistato gli immobili dalla A. con pagamento rateale, aveva rivenduto gli stessi per importi di gran lunga inferiori – in due casi, addirittura, del 50%, negli altri due in misura pari o poco sopra tale soglia – rispetto a quelli costituenti oggetto della sua obbligazione ex art. 1498 c.c., comma 1; e, peraltro, in un caso a distanza di tre minuti lo stesso giorno, in un altro lo stesso giorno e negli altri due a breve distanza di tempo, come indicato sopra alle pagg. 5-6), in uno con la rinuncia alla garanzia reale ex art. 2817 c.c., da parte della venditrice, mettevano in serio pericolo, quanto al contratto intervenuto tra i predetti M. e A., la “attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell’atto”, precostituendo una situazione di potenziale inadempimento.
In questa prospettiva, dunque, deve apprezzarsi – ovvero, in relazione alla violazione dell’obbligo “ex fide bona”, di cui all’art. 1375 c.c., e alle sue ripercussioni sulla libertà negoziale della A. – la responsabilità del Notaio V., “per avere stipulato gli atti oggetto di causa con inserimento della clausola di rinuncia all’ipoteca legale da parte della venditrice, pur essendo egli a conoscenza della svendita degli immobili da parte dell’acquirente M.”. Di tali operazioni di rivendita il professionista era, infatti, perfettamente a conoscenza, dato che i relativi rogiti vennero, come s’e’ detto, dallo stesso predisposti, in due casi, lo stesso giorno della stipulazione dei contratti di compravendita intervenuti tra la A. e il M. (nella prima occasione, vale a dire quella del 15 ottobre 2012, addirittura a soli tre minuti di distanza l’uno dall’altro), nonché negli altri due casi – il giorno successivo o, comunque, a breve distanza di tempo.
Del resto, proprio con riferimento al contratto d’opera intellettuale concluso da un notaio, questa Corte ha già riconosciuto il rilievo “della clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte” (Cass. Sez. 3, sent. 20 agosto 2015, n. 16990, Rv. 636622-01).
Va sottolineato che le modalità temporali degli atti di rivendita, una volta considerato che nella prassi operativa del notaio la stipula di un atto è necessariamente preceduta dalle consuete e necessarie attività preparatorie, risultano tali da render indiscutibile e percepibile in questa sede come un dato oggettivo che esclude qualsiasi necessità di accertamenti di fatto ulteriori, che il notaio dovesse ex necesse essere consapevole della oggettiva lesività della dichiarazione di rinuncia fatta dalla qui resistente.
Invero, si è già detto come il notaio, richiesto di una prestazione professionale, “assuma gli obblighi derivanti dall’incarico conferitogli dal cliente”, sicché “fanno parte dell’oggetto della prestazione d’opera professionale, anche quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell’atto”, con la conseguenza ulteriore che “l’inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d’opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d’opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico” (Cass. Sez. 3, sent. n. 149:34 del 2002, cit.).
Da quanto precede deriva, dunque, che – anche a prescindere dalla possibilità di invocare il disposto dell’art. 28 della Legge Professionale, che dà rilievo, in termini di illecito deontologico, alla fattispecie ivi contemplata, e che non tollererebbe, merce’ il collegamento con l’art. 147 della stessa Legge, “la creazione di un nuovo illecito, caratterizzato dall’essere gli atti, indipendentemente dalla loro nullità, coordinati e finalizzati a scopi illeciti” (Cass. Sez. 3, sent. 12 novembre 2013, n. 25408, Rv. 629531-01) – il dovere, o meglio l’obbligo, di astensione del notaio V. trovava, nella specie, titolo nel “ruolo di protezione e garanzia assunto in conseguenza del conferimento del mandato professionale”, secondo quanto, del resto, testualmente riconosciuto (pag. 7, in part. p. 7.2.4) dalla sentenza impugnata. Espungendo, dunque, dalla stessa il richiamo – come detto, errato – all’art. 28 della L. n. 89 del 1913, il solo riferimento all’art. 1375 c.c., anche in relazione, come si dirà, ma in modo del tutto aggiuntivo ai fini della sussistenza della responsabilità, all’art. 2043 c.c. (quest’ultimo, peraltro, invocato specificamente nell’atto di appello della A.; cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) era sufficiente a fondare la responsabilità del notaio V..
Il medesimo, infatti, non poteva ignorare, nel momento in cui svolgeva la sua prestazione d’opera professionale, che le modalità della programmata rivendita (giacché il M., dopo aver acquistato gli immobili dalla A. con pagamento rateale, aveva rivenduto gli stessi per importi di gran lunga inferiori – in due casi, addirittura, del 50%, negli altri due in misura pari o poco sopra tale soglia – rispetto a quelli costituenti oggetto della sua obbligazione ex art. 1498 c.c., comma 1; e, peraltro, in un caso a distanza di tre minuti lo stesso giorno, in un altro lo stesso giorno e negli altri due a breve distanza di tempo, come indicato sopra alle pagg. 5-6), in uno con la rinuncia alla garanzia reale ex art. 2817 c.c., da parte della venditrice, mettevano in serio pericolo, quanto al contratto intervenuto tra i predetti M. e A., la “attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell’atto”, precostituendo una situazione di potenziale inadempimento.
In questa prospettiva, dunque, deve apprezzarsi – ovvero, in relazione alla violazione dell’obbligo “ex fide bona”, di cui all’art. 1375 c.c., e alle sue ripercussioni sulla libertà negoziale della A. – la responsabilità del Notaio V., “per avere stipulato gli atti oggetto di causa con inserimento della clausola di rinuncia all’ipoteca legale da parte della venditrice, pur essendo egli a conoscenza della svendita degli immobili da parte dell’acquirente M.”. Di tali operazioni di rivendita il professionista era, infatti, perfettamente a conoscenza, dato che i relativi rogiti vennero, come s’e’ detto, dallo stesso predisposti, in due casi, lo stesso giorno della stipulazione dei contratti di compravendita intervenuti tra la A. e il M. (nella prima occasione, vale a dire quella del 15 ottobre 2012, addirittura a soli tre minuti di distanza l’uno dall’altro), nonché negli altri due casi – il giorno successivo o, comunque, a breve distanza di tempo.
Del resto, proprio con riferimento al contratto d’opera intellettuale concluso da un notaio, questa Corte ha già riconosciuto il rilievo “della clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte” (Cass. Sez. 3, sent. 20 agosto 2015, n. 16990, Rv. 636622-01).
Va sottolineato che le modalità temporali degli atti di rivendita, una volta considerato che nella prassi operativa del notaio la stipula di un atto è necessariamente preceduta dalle consuete e necessarie attività preparatorie, risultano tali da render indiscutibile e percepibile in questa sede come un dato oggettivo che esclude qualsiasi necessità di accertamenti di fatto ulteriori, che il notaio dovesse ex necesse essere consapevole della oggettiva lesività della dichiarazione di rinuncia fatta dalla qui resistente..
Orbene, questa Corte ha pure ritenuto che “identica necessità di garantire la più ampia tutela possibile alla libertà negoziale si pone non solo rispetto al comportamento di ciascuno dei paciscenti, ma anche di terzi, ivi compreso il notaio incaricato della redazione dell’atto” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 30 gennaio 2019, n. 2525, Rv. 652482-01). Sicché non possono esservi dubbi sul fatto che incomba anche su tale professionista il dovere – la cui violazione è da apprezzare, come visto, a norma degli artt. 1375 e 2043 c.c. – di conformare la propria condotta al canone della correttezza, “astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti” suscettibili di influire sulla libertà negoziale di una delle parti, nel senso appena chiarito, ovvero, di determinare la conclusione di un contratto che, sebbene valido, risulti non pienamente conforme alla sua volontà (che, peraltro, il predetto professionista, ai sensi della L. n. 89 del 1913, art. 42, è tenuto ad “indagare”). Ricorrendo tale ipotesi, dunque, sarà configurabile una pretesa risarcitoria da ragguagliare al “minor vantaggio o al maggiore aggravio economico” che risulti “determinato dal contegno sleale” (cfr., con riferimento al comportamento di uno dei paciscenti, poi divenuto parte del contratto, Cass. Sez. 1, sent. n. 19024 del 2005, cit.)..>>
La decisione va condivisa,
Principio di diritto: “incorre in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi quattro atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri quattro atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui due lo stesso giorno ed altri due pochi giorni dopo”.